Trattativa Stato-mafia: Condannati Mori, Dell’Utri, De Donno, Subranni e Bagarella. Assolto l’ex Ministro Nicola Mancino

La sentenza è stata emessa pochi minuti fa dalla Corte d’Assiste di Palermo. Le pene comprese tra 8 e 28 anni di carcere

PALERMO. È arrivata dopo quasi cinque anni dal suo inizio, oltre duecento udienze e altrettanti testimoni, l’attesa sentenza sulla trattativa Stato-mafia. Il dibattimento è cominciato nel 2013 e da lunedì i giudici si erano ritirati in camera di consiglio per formulare la sentenza. Al centro del dibattimento il patto che pezzi delle istituzioni, nel 1992, tramite i carabinieri, avrebbero stretto con Cosa nostra per fare cessare le stragi. Un processo che per la prima volta ha processato insiemi boss mafiosi e uomini delle Istituzioni, accusati di aver avviato una trattativa per far cessare la stagione delle bombe: il cosiddetto “papello” che secondo i PM di Palermo sarebbe stato in parte accolto. Qualcuno lo ha definito “il processo in cui lo Stato processa se stesso”.

Pochi minuti fa (intorno alle 16:10) il giudice Alfredo Montalto, nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, ha pronunciato la sentenza che, per alcuni, è arrivata come una doccia fredda: Condannati a 12 anni di carcere gli ex vertici del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, 8 anni invece per Giuseppe De Donno, 12 anni anche per il fondatore di Forza Italia ed ex senatore Marcello Dell’Utri, già in carcere per una precedente condanna in concorso esterno a cosa nostra. Condannati anche i boss mafiosi: 28 anni di carcere per Leoluca Bagarella (cognato del defunto boss Totò Riina) e 12 per Antonino Cinà. Per il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca non si procede per prescrizione. Condannato a 8 anni per calunnia, ma assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Massimo Ciancimino. Assolto l’ex ministro Nicola Mancino che era accusato di falsa testimonianza. Per gli ufficiali del Ros la condanna è arrivata limitatamente per il fatti contestati fino al 1993. Per Marcello Dell’Utri invece si riferisce limitatamente alle condotte contestate come commesse nei confronti del Governo presieduto da Silvio Berlusconi.

Per l’avvocato Basilio Milio (legale di Mori e Subranni) si tratta di “una sentenza assurda, che non sta né in cielo né in terra”. Le difese fanno sapere che si procederà in appello. Gli imputati sono stati condannati, inoltre, al pagamento delle spese processuali e un maxi risarcimento in favore delle parti civili.

La corte d’Assise ha di fatto rimodulato e in parte confermato le richieste di condanna dei Pubblici Ministeri di Palermo Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi. Fissato in 90 giorni il termine per le motivazioni.

È stata confermata la tesi principale dell’accusa. Questo processo è dedicato a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e a tutte le vittime innocenti della mafia”. – ha dichiarato Vittorio Teresi dopo la lettura della sentenza.

Tra le parti civili arriva il primo commento sulla sentenza emessa questo pomeriggio: “Finalmente si scrive una pagina di verità e giustizia su uno dei periodi più oscuri della nostra Repubblica. – scrive in una nota “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” – La sentenza conferma che la trattativa c’è stata, un risultato importante nell’accertamento di primo grado. Il nostro pensiero va ai tanti familiari delle vittime innocenti delle mafie consapevoli che la sentenza certamente non ripaga le loro ferite e il loro dolore. Questa sentenza invita tutti a continuare ad impegnarci sempre di più con corresponsabilità e maggiore consapevolezza per liberare il nostro paese dalle mafie e dalla corruzione. Libera si è costituita parte civile del processo e ha seguito tutte le udienza per stare vicino ai magistrati, non li abbiamo lasciati soli perché non si costruisce giustizia senza la ricerca della verità”.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.