“Dovevamo saperlo che l’amore”è il titolo di un bellissimo romanzo di Nelson Martinico che altri non è che Giuseppe Elio Ligotti nato a Roma ma di origine castellamarese. La storia prende spunto dall’idea di una assicurazione sulla biografia, proposta al narratore per assicurarsi l’eternità del ricordo e dall’ escamotage per raccontare la vita attraversando luoghi e ricordi, su e giù per l’Italia. Il racconto autubiografico attraversa quarant’anni di vita italiana, ancor più che personale, ed anche chi non conosce i luoghi vi si trova immerso quasi riconoscendoli. Nelle prime pagine l’autore avverte che i racconti non seguiranno un filo logico e temporale, ma saranno narrati così come affiorano alla sua memoria e questo è il segreto del libro che appassiona e tiene ancorati al racconto, quasi come il giallista che ti fa credere di conoscere il colpevole per poi identificarne un altro. La storia personale si intreccia con quella di un Italia ora percorsa dai crimini delle brigate rosse, ora devastata dal terremoto o ammutolita dal rapimento Moro. Tre grandi scenari: la Sicilia, paese d’origine e di meravigliose vacanze. Il Veneto, dove vivrà intrecci politici e amorosi ai tempi dell’esordio in cattedra come professore di lettere antiche. E Roma città natale e sfondo per ricordi prima scolastici e poi di vita tra partenze e ritorni. I ricordi delle esperienze da comparsa nei grandi western all’italiana di Sergio Leone e le donne che tra sogni e realtà che danno l’educazione sentimentale ad un uomo che sembra attratto e respinto in egual misura dal fascino femminile, tracciando il profilo di tanti uomini poco inclini ai rapporti sentimentali duraturi.Uno spaccato di vita comune con una grande famiglia che fa da cornice che tutti vorrebbero aver avuto o da riconoscere come la propria. Si raggiunge l’ultima pagina e non ci si accorge di averne lette più di cinquecento e quasi dispiace di dover lasciare l’amico che ti sta raccontando la tua vita non più la sua. Un ultima nota, il libro è già in ristampa segno di un gradimento di pubblico non indifferente e da siciliani siamo fieri del successo del nostro conterraneo.