“Una mafia sottovalutata”

Le audizioni della commissione regionale antimafia a Trapani: per il presidente Fava qui Cosa nostra ha una sorta di “capitale istituzionale” che l’aiuta a vivere

Per una intera giornata i commissari dell’antimafia regionale del Parlamento regionale sono stati in prefettura a Trapani impegnati in una serie di audizioni. A guidare la commissione nella sua prima missione fuori dal palazzo dell’Assemblea Regionale Siciliana, è stato il suo presidente, l’onorevole Claudio Fava. Dinanzi alla commissione sono sfilati il prefetto Pellos, i vertici delle forze dell’ordine, il questore Agricola, i comandanti provinciali di Carabinieri e Finanza, colonnelli Russo e Pilerci, il capo della sezione di Trapani della Dia, direzione investigativa antimafia, colonnello Rocco Lopane, e poi i magistrati trapanesi, il procuratore Morvillo e il sostituto Tarondo e infine la commissione straordinaria del Comune di Castelvetrano, guidata dal vice prefetto Salvatore Caccamo, e con lui le altre due commissarie, Maria Concetta Musca ed Elisa Borbone. Il risultato delle audizioni è stato consegnato, se non nel dettaglio in via generale, dal presidente Fava ai giornalisti a conclusioni delle audizioni. E la sintesi è parecchio “pesante”. “La mafia trapanese – ha detto il presidente Fava – per troppo tempo è stata sottovalutata e questo le ha permesso di accumulare un capitale istituzionale che le ha consentito di rendere permeabile la pubblica amministrazione”. Una premessa per aprire poi diversi scenari. Cominciando dalla pubblica amministrazione che assieme alla politica “non rispetta la distanza di sicurezza dalla mafia” come già ebbe a dire tempo addietro l’attuale pm Andrea Tarondo, ascoltato dalla commissione antimafia regionale. Ma l’infiltrazione nella pubblica amministrazione non è solo mafiosa.

C’entra tanto la massoneria. Fava ha confermato che ci sono indagini in corso, “se la loggia segreta Iside 2 – quella scoperta a Trapani a metà degli anni ’80 e dove erano iscritti mafiosi, professionisti, politici, pubblici funzionari, anche di prefettura e questura, direttori e funzionari di banca – rappresenta la storia , ci sono indagini che si occupano ancora di questa realtà”. Alla domanda se possa esistere una nuova Iside 2, Fava ha risposto dicendo che ci sono indagini ed ha però consegnato dati che sono perfettamente rivelabili: “La massoneria funziona da queste parti come camera di compensazione, come lo era la Iside 2, mafiosi e politici o ancora pubblici amministratori vengono così in contatto. E’ un dato statistico giudiziario quello che la stragrande maggioranza dei pubblici amministratori finiti sotto processo per reati propri della gestione burocratica di uffici ed enti siano risultati appartenenti ad obbedienze massoniche, una coincidenza che fa riflettere”. “Spesso la politica ha chiuso gli occhi dinanzi a soggetti ambigui o indagati, dicendo che è compito della magistratura agire. Ma abbiamo anche scoperto che spesso mafia, politica e massoneria assieme in questa città di Trapani , hanno tentato di sviare le indagini, inquinarle”. Mafia, massoneria e politica che a Castelvetrano poi hanno costituito una sorta di occulto comitato d’affari. Il lavoro della commissione antimafia nazionale ha già consegnato negli atti parlamentari ciò che ha conosciuto , e cioè l’inondazione di logge massoniche a Castelvetrano. Con iscritti anche pregiudicati e familiari del latitante Matteo Messina Denaro. L’anno scorso c’è stato, a ridosso del voto amministrativo, poi cancellato, lo scioglimento per inquinamento mafioso degli organi politici e burocratici del Comune della città che ha dato i natali al latitante Matteo Messina Denaro e dove come hanno dimostrato recentissime inchieste , la latitanza venticinquennale del capo mafia risulta protetta da una rete parecchio strutturata e robusta. Al lavoro c’è una commissione straordinaria di prefetti, resteranno ancora per altri sei mesi, ma intanto in città contro i commissari è stata alzata una barricata, cosa che mai è stata fatta contro politici collusi e mafiosi arrestati, men che meno contro l’opprimemente figura del boss latitante.

“I commissari – ha sottolineato Fava – stanno conducendo un lavoro per riparare ai danni della deregulation delle precedenti amministrazioni che vivevano con un bilancio dove venivano iscritti residui attivi di bilancio non esigibili e che erano utili solo per raggiungere il pareggio, oggi il Comune ha risanato i conti e rischia il dissesto, e la colpa non è dei commissari ma di chi nel tempo ha violato le regole, elargendo (agli amici degli amici ndr) licenze, concessioni, affidando lavori pubblici a imprenditori chiacchierati come Saro Firenze. Ecco rispetto al lavoro che stanno facendo i commissari a Castelvetrano, per restituire al Comune una agibilità democratica, dovrebbe aprirsi una stagione di collaborazione con la città, e invece i commissari dopo avere incontrato scarsa disponibilità alla collaborazione dentro gli uffici hanno dovuto fare i conti con la piazza, con quel corteo trasversale di sabato scorso, dove c’era chi ha partecipato in buona fede, altri erano presenti con la loro malafede, per segnare solo un atto di isolamento della commissione”. “Penso – ha proseguito – che su questo aspetto il Parlamento regionale deve valutare un intervento legislativo perché le gestioni commissariali dei Comuni sciolti per mafia possano ricevere l’aiuto anche finanziario del quale hanno bisogno, ma non solo, penso a quel percorso di accompagnamento verso il rinnovo elettorale e post elettorale, dopo le gestioni commissariali, del quale si parlò anche in seno alla commissione nazionale antimafia, l’Ars se vuole può avere una sua voce”. Mafia e massoneria che sono risultati presenti e unite dietro le quinte della gestione della Banca di Paceco, la senatore Pietro Grammatico, “una vera e propria lavanderia di denaro sporco”, “mafia – ha continuato Fava – in grado di infiltrarsi nelle amministrazioni dei beni confiscati, la massoneria in questo scenario ha un ruolo parecchio attivo”. Una mafia capace di fare impresa, “qui – ha proseguito Fava – ci sono soggetti che si propongono come interfaccia tra la mafia e le imprese, soggetti talvolta anche giudiziariamente illibati, ma che hanno fatto da facilitatori o sviluppatori di queste intese”. Figure che sono comparse nell’ambito delle indagini sul controllo della mafia di alcuni investimenti nell’ambito delle energie alternative. Ma ancora in altre indagini, come quelle sulle interferenze che Cosa nostra ha portato fin dentro le aule dei Tribunali civili per le aste giudiziarie. La mafia borghese come viene definita anche da Fava quella trapanese però continua a vivere con i boss e gli uomini d’onore di un tempo, quelli capaci di presidiare il territorio, sparare bene quando è ora di sparare, votare bene quando è ora di votare. E su questo fronte il presidente dell’antimafia regionale ha raccolto il grido di allarme di investigatori e magistrati. Nel trapanese negli ultimi anni sono oltre 200 i boss tornati liberi dopo avere scontato le condanne per associazione mafiosa ed avere evitato gli ergastoli. Prossimamente usciranno dalle galere italiane altri 60 boss trapanesi.

“Lì – ha concluso Fava – il legislatore deve intervenire, servono trattamenti sanzionatori più severi. Nella ricerca tutta puntata al boss latitante Matteo Messina Denaro forse si è persa di vista la struttura criminale, la sua riorganizzazione. Perché , per intenderci, non stiamo parlando di una mafia qualsiasi, ma di una mafia quella trapanese che ha grande intelligenza, ha la capacità storica alla sommersione, che non è una invenzione di oggi ma appartiene proprio alla cultura mafiosa delle famiglie di Trapani”. Fin qui l’incontro con i giornalisti, non possiamo non dire che le parole di Fava rappresentino una novità, sarà semmai interessante in che modo verranno lette e diffuse tra le cittadinanze dove in questi anni c’è stato chi si è impegnato per dire che la mafia oramai è sconfitta…e magari organizza oltre a cortei ambigui, sfruttando il Partito Radicale a caccia di nuove battaglie e visibilità, anche convegni sui beni confiscati facendo parlare pregiudicati, proposti e confiscati. Per dire che a Trapani è tutto a posto e che l’antimafia è la nuova mafia.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.