Nelle mani del clan

La latitanza di Vito Marino gestita da Cosa nostra trapanese

Sono parecchi i “segreti” della latitanza dell’imprenditore pacecoto Vito Marino che gli investigatori di Squadra Mobile di Trapani e Sco avrebbero scoperto. Lo hanno fatto risalendo la catena di comando che in questi due anni si è presa cura di garantire sicuri nascondigli al ricercato. L’uomo colpevole di una terribile strage, quella della famiglia Cottarelli commessa a Brescia nell’agosto 2006, e regista di una colossale truffa all’Unione europea. Un fiume di denaro finito inghiottito dentro segrete casseforti. Vito Marino pare avere il volto della nuova mafia, quella dove i “punciuti” non esistono più e dove il mafioso ha l’aspetto di manager, spregiudicati manager. Non è dunque un caso che la ricerca di Vito Marino sia finita sui tavoli della Procura antimafia di Palermo, del pool che si occupa delle indagini antimafia in provincia di Trapani. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Guido. E’ stato il pm Carlo Marzella a dirigere il lavoro investigativo, lo stesso magistrato che in passato si è proprio occupato del mandamento mafioso belicino, il mandamento che più di quello trapanese pare si sia preso in carico la gestione della latitanza di Vito Marino. Passaggio dopo passaggio i poliziotti attraverso pedinamenti, servizi di intercettazione e tecniche nuove a disposizione della polizia scientifica, hanno individuato una serie di soggetti molti dei quali appartenenti alla cosca del Belice quelle più vicine all’altro più famoso latitante Matteo Messina Denaro. Lo stesso pastore, Gaspare Simone, arrestato per avere dato ospitalità a Vito Marino pare essere in rapporti di parentela con un soggetto appartenente all’associazione mafiosa. Tra Vita e Salemi diverse indagini hanno dimostrato l’esistenza di una sorta di camera di compensazione tra mafia e massoneria. Tra Vita e Salemi le più recenti indagini hanno fatto scoprire intrecci e contatti diretti col latitante Messina Denaro. Tra Vita e Salemi fu scoperta  la “stazione” della posta dei pizzini da e per Messina Denaro. All’interno di questa enclave Vito Marino nei suoi due anni di latitanza ha trovato protezione. L’ovile di contrada San Giorgio dove i poliziotti lo hanno snidato è l’ultimo dei covi dove Marino è stato nascosto. I nascondigli usati sono diversi ma sempre, pare, fuori dal mandamento mafioso di Trapani che comprende anche Paceco. Latitanza quindi gestita da alcuni mafiosi dell’entroterra trapanese, quelli più fedeli a Matteo Messina Denaro, capo assoluto della mafia trapanese. Il boss accusato anche di avere ucciso “Mommo u nanu”  al secolo Girolamo Marino, genitore di Vito Marino. Sarà interessante capire le ragioni per le quali Vito Marino si sia tanto avvicinato, come sembra, al latitante che per vendetta, per non aver rispettato un preciso ordine, gli uccise il padre. A parte tutto questo è presumibile perciò che ci sarà un seguito di arresti dopo la cattura di Vito Marino.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.