Il caso della Tonnara di Scopello
Inauguriamo da oggi una nuova rubrica. L’Ospite. Chiunque voglia esprimere un proprio parere, siamo pronti a pubblicarlo. Basta inviarlo alla mail alqamahquotidiano@gmail.com. Magari speriamo di riuscire ad aprire dibattiti su ciò che viene proposto al lettore, purchè tutto sia in linea e consono all’articolo della Costituzione che più c’è caro, l’articolo 21, quello che sancisce come “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Oggi vi proponiamo uno scritto della dottoressa Rosa Maria Ruggieri.
Egregio Direttore,
nei giorni scorsi in occasione della rituale commemorazione delle vittime della mafia, che scandisce l’anno solare del calendario siciliano con quelli sono i nuovi martiri cristiani, molti quotidiani hanno dato la notizia del rinvio a giudizio per depistaggio e falsa testimonianza proprio di quella parte dell’apparato dello Stato che avrebbe dovuto fare luce sugli avvenimenti.
Mi riferisco ad esempio all’omicidio del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, ucciso a Trapani trent’anni fa, o al più celebre assassinio del magistrato Paolo Borsellino, che vede i familiari invocare a gran voce una giustizia che tarda ad arrivare.
Dinanzi a queste notizie, desidero condividere con i lettori del Vostro giornale la seguente riflessione: la giustizia è un problema di consegna generazionale.
Se infatti l’età media di una coppia che dà alla luce un figlio è 30 anni, l’epoca delle stragi di mafia ha spostato sulle spalle della generazione che stava allora nascendo l’esercizio dei poteri della giustizia, allora “deviati”.
Questo aspetto genera altre considerazioni. Ad esempio, il fatto che l’attuale magistratura è impegnata nel delicato compito di risolvere questioni ormai “storiche” con sottrazione di tempo, energie e denaro per le questioni più recenti, non meno gravi per la nostra società, ed in particolare per questa bellissima terra che è la Sicilia, dove è maledettamente difficile vivere. Oggi, così come trent’anni fa.
Riporto quindi come “case report” la storia del complesso monumentale della Tonnara di Scopello, sita in una provincia, quella di Trapani, ancora retaggio di una mentalità solo apparentemente emancipata.
Il sito, di cui sono comproprietaria, è ormai più che celebre, per via dell’incessante opera di riscatto dal degrado, restauro progressivo e garbato degli edifici, istituzione del percorso museale, definizione dei confini con il demanio marittimo e con altre proprietà limitrofe, ed apertura al pubblico per soggiorni, eventi, visita guidata, seminari ed altre iniziative culturali.
Questo immane lavoro, compiuto in poco più di un decennio, senza alcun finanziamento, dall’arch. Leonardo Foderà, unitamente alla sottoscritta ed ai comproprietari che hanno costituito la maggioranza, ha determinato un netto incremento del valore patrimoniale del bene, di proprietà indivisa tra oltre 30 compartecipanti, nonché un sostanziale aumento della rendita fondiaria in favore di ciascuno.
Ma ha soprattutto rappresentato quella -direi rara- parte della Sicilia che funziona, pur senza aiuti e finanziamenti, e che può dimostrare al Mondo intero di non temere confronti, ove si tenga conto che, riscattata dal degrado e dall’abbandono, la Tonnara di Scopello nel 2014 è stata scelta come una delle 5 tappe di un ipotetico viaggio della compagnia Air Canada attorno al globo terrestre.
Questa mia storia sembra slegata dalla prima parte della lettera, ma purtroppo non lo è. Posso infatti dire che pur lievitando il conto corrente della tonnara, nel corso di poco più di 10 anni di gestione, il clima tra i comproprietari era sereno: tutti godevano degli immobili, partecipavano serenamente alle assemblee e condividevano le scelte gestionali. Eravamo alle prese con problemi colossali, che nessuno prima era riuscito a risolvere, per cui godevamo di stima e gratitudine. Ma noi non avevamo capito quello che ci attendeva.
Divenuta quindi meta di un raffinato turismo culturale nazionale ed internazionale (da direttori di musei, ambasciatori, imprenditori, giornalisti, architetti, registi, ecc.) in cerca di luoghi autentici, silenziosi ed austeri, caratteristiche insite nella nostra gestione della Tonnara, talora scelta dall’Associazione Dimore Storiche Italiane quale modello di bene storico privato aperto al pubblico, uno sparuto gruppetto di comproprietari di piccole quote di minoranza ci ha fatto sapere, tramite altri, che intendevano sostituirsi a noi nella gestione. La richiesta, apparentemente legittima, veicolava un “aut … aut”: in caso di diniego, questi avrebbero impugnato ad oltranza tutti i deliberati assembleari e ci avrebbero coinvolto in una spirale di contenziosi in tutte le sedi legali. Così avvenne e dal 2014 ad oggi, noi siamo pluriconvenuti in sede civile, penale, amministrativa e fiscale, senza tregua in non meno di 60 azioni giudiziarie tra loro contrastanti, azionate anche da gente non immediatamente riconducibile alla compagine di controparte della proprietà.
La questione ha assunto proporzioni elefantiache e frustranti per i nostri legali, puristi del diritto, che hanno evidenziato senza successo la pretestuosità in fatto ed in diritto del comportamento giudiziario di controparte.
Riti cautelari si sono succeduti incessantemente, dando in esito la nomina in sede civile (e non penale) di tre triadi di Amministratori giudiziari (dal 2015 al 2016), poi la nomina di un custode giudiziario (da giugno 2017 ad oggi) sulla base della richiesta, anche questa accolta, della stessa controparte di sequestrare la tonnara per una presunta lite sul possesso del bene; da qui la nomina di un’altra triade di amministratori giudiziari in ausilio al custode, nonché numerosi professionisti e addetti a varie mansioni che, dopo una ingiustificata chiusura del sito, in poco più di 6 mesi, hanno del tutto smantellato quello che con immenso sacrificio, costante dedizione e incommensurabile passione noi avevamo fatto per fare emergere un esempio di riscattata bellezza della nostra terra, esportando cultura ed modello gestionale in tutto il Mondo.
Siamo abituati ai sequestri per mafia. Non siamo abituati ai sequestri in sede civile per scopi che appaiono opachi.
Forse dobbiamo anche noi attendere trent’anni per avere giustizia. Non siamo stati uccisi con una pistola, cimelio del passato. Ma ci hanno ucciso lo stesso. Hanno ucciso la nostra immagine, la nostra identità, i nostri valori, la nostra speranza. Ci hanno ucciso dentro l’anima a colpi di azioni giudiziarie assurde, insensate e strumentali.
Così, dopo avere dapprima tolto l’amministrazione a mio marito, hanno tolto la gestione del sito a me, e poi anche i beni mobili personali (trattenuti ingiustificatamente nel sequestro senza inventario), poi ci hanno tolto la possibilità di avere ripartita la rendita fondiaria, ed infine anche la possibilità di entrare dentro la nostra proprietà.
Come? Lasciando che il custode bandisse una gara d’appalto (fallita) e poi una gara d’asta (al ribasso rispetto alla gara d’appalto), motivata dalla necessità di trovare il “miglior offerente e con comprovata esperienza” per gestire un bene di tal rilievo, tramite un contratto di affitto commerciale.
Una flebile speranza ancora animava la mia famiglia ed i nostri tre figli cresciuti dentro questa proprietà. Ma la scelta del tribunale di Trapani di revocare la gara d’asta prevista il giorno 8 giugno u.s., con ordinanza del 7 giugno u.s., ritenendo che l’unico aspirante conduttore dotato di tutti i requisiti necessari fosse proprio la costituenda società (ossia una società inesistente all’epoca della gara)riconducibile alla nostra controparte al ribasso d’asta, eliminando a priori la mia società che dal 4 febbraio aveva presentato l’offerta più alta ed ha un curriculum nella gestione di dimore storiche ultradecennale, ha spezzato quella linea che proietta l’essere umano nel futuro. Perché in Sicilia non c’è futuro, per questo il dialetto siciliano, come scriveva Sciascia, coniuga i verbi solo al presente ed al passato.
Ma in questo momento, mentre scrivo, altre donne sono impegnate nel delicato compito della procreazione per dare alla luce quella futura generazione di magistrati ed esponenti di polizia giudiziaria che si occuperà, tra trent’anni, della mia vicenda.
A futura memoria, oggi giovedì 11 ottobre 2018.