Operazione “Atemisia”, interrogatori in corso
Mentre l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla, era davanti ai pm di Trapani dopo l’avviso di garanzia ricevuto nell’ambito dell’operazione “Artemisia”, quella che ha visto finire in carcere l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto, ha rotto il silenzio il presidente della Regione Nello Musumeci, che si ritrova in Giunta quattro assessori indagati in diverse e distinte indagini. “Le indagini della magistratura condotte su ambienti e uomini politici sono sempre una garanzia per la buona politica. Garanzia di costante monitoraggio, controllo, verifica ma anche deterrenza, specie in una terra assai difficile come la Sicilia. Ma attenti a non trasformare l’indagato in colpevole. Voglio essere più chiaro: mi fanno paura i politici giacobini, i sanculotti in servizio permanente, quelli che come iene e sciacalli aspettano, dietro l’angolo, la notizia di giornale per emettere sentenze di condanna e dare lezioni di moralità. I moralisti per professione sono una brutta categoria: usano la giustizia inquirente come arma politica per colpire un avversario altrimenti invulnerabile o per coprire proprie inefficienze, colpe e persino doli, come fatti anche recenti dimostrano». Musumeci ha risposto al Movimento 5 stelle, che ha chiesto una presa di posizione di Musumeci non solo nei confronti dell’assessore Roberto Lagalla, indagato per abuso d’ufficio all’interno dell’inchiesta su affari e massoneria a Castelvetrano, ma anche agli altri assessori indagati per altre vicende, Marco Falcone, Mimmo Turano e Toto Cordato. «Lo dico con la serenità di chi, per formazione e storia personale – continua il governatore – crede di non potere ricevere lezioni di vita da nessuno: sono sempre stato garantista e non ho mai speculato su vicende giudiziarie che abbiano visto coinvolti uomini e donne di tutti gli schieramenti, grillini compresi. Chi riveste ruoli istituzionali, ad esempio nel governo regionale o all’Ars, ha il dovere di chiedere “trasparenza” nel voto d’Aula (altro che voto segreto!) e l’applicazione di un codice etico per tutti, governanti, deputati e burocrati. Ma soprattutto ha il dovere di rispettare nel silenzio il lavoro della magistratura e attendere fiducioso il giudizio finale. Pretendendo che se a sbagliare è un politico, merita di essere condannato due volte!». Intanto l’interrogatorio oggi dell’assessore Lagalla, difeso dall’avv. Lillo Fiorello, è durato circa tre ore. “Sono passati cinque anni – ha detto Lagalla ai pm – ma ho ricordo preciso di non avere mai sponsorizzato la borsa di studio (valore 6 mila euro ndr) post laurea” (circostanza che riguarda la figlia del dottore Rosario Orlando, l’uomo di Lo Sciuto all’Inps di Trapani, pure lui arrestato). “Quella borsa di studio fu assegnata da una commissione alla candidata che ne aveva diritto – spiega a sua volta l’avvocato Lillo Fiorello – si era classificata ex aequo come prima degli esclusi. Ed essendo rimasti dei posti vacanti, lo scorrimento della graduatoria era arrivato fino a lei”. E’ invece ancora in corso l’interrogatorio dell’ex capo della segreteria del ministro Angelino Alfano, quando questi sedeva al Viminale. Si tratta di Giovannantonio Macchiarola, lui avrebbe saputo dell’indagine in corso su Lo Sciuto e avrebbe veicolato al politico la notizia attraverso l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio.