La scorsa settimana si è tenuto a Perugia il Festival Internazionale di Giornalismo, in cui gli argomenti toccati sono stati tra i più svariati: diritti umani, fake news, mafia ecc. Tantissimi ospiti di grande spicco sono intervenuti fra cui: Roberto Saviano, Lucia Annunziata, Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif), Enrico Mentana e molti altri. Giornalisti da tutte le parti del mondo sono accorsi per assistere agli eventi organizzati per il festival. Ebbene sì anche Alqamah era presente, nonostante i non indifferenti chilometri di distanza e le controversie, noi c’eravamo! Obiettivo primario del festival era: l’informazione, allo strenuo del periodo storico in cui ci troviamo, dove un titolo d’effetto fa più scalpore di un articolo dettagliato che spiega un argomento passo per passo.
Tra gli incontri più importanti sicuramente quello con il giornalista Corrado Formigli e l’attivista Oscar Camps, che hanno trattato il delicato argomento dei diritti umani e del ruolo delle ONG a riguardo. Il conduttore di Piazzapulita ha deciso di fare chiarezza sul tema delle ONG con una serie di domande rivolte a Camps, che oltre ad essere un famoso attivista è anche il fondatore di “Open Arms”, il cui obiettivo è quello di difendere la vita in mare, di chi scappa da brutte situazioni, e cerca un “porto sicuro” (letteralmente).
Il ruolo delle ONG è sicuramente di grande importanza, ma anche i media influiscono? Camps ha tenuto a precisare quanto il ruolo dei media sia rilevante nella diffusione di tali notizie, e dei pensieri che possono suscitare. Di grande impatto ad esempio la foto di Alan Kurdi, bambino trovato morto su una spiaggia turca dopo essere scappato da Kobane; lo scatto, infatti, diviene simbolo dell’emergenza sanitaria siriana. Dopo questa notizia la stessa Angela Merkel decide di aprire i porti ai rifugiati. Il fondatore di Open Arms cita questo evento per dare un esempio del forte impatto mediatico delle notizie, e di come queste siano capaci di smuovere le coscienze. L’attivista ha inoltre smentito una ricorrente fake news, secondo cui i barconi contenenti i profughi debbano necessariamente attraccare nel porto più vicino; viene spiegato infatti, che chi deve svolgere le operazioni di salvataggio sia indicato dall’organizzazione IMO (Organizzazione Marittima Internazionale),che ha il compito di valutare quale sia il porto più affidabile. Può capitare che queste operazioni vengano affidate alla Libia, ma il loro porto, è davvero un porto sicuro? Camps racconta come queste operazioni vengano gestite in cambio di denaro da parte degli altri Paesi, ma la Libia a detta sua, non è minimamente in grado di occuparsene, dato che lo stato libico non possiede un sistema giuridico adatto alla gestione di una situazione così delicata. È proprio per questo motivo che le ONG si premurano di raccogliere i profughi anche a poche miglia dalle loro coste, fino a 24 miglia il Paese possiede ancora la giurisdizione, poi diventano acque internazionali, che sono “acque di tutti o di nessuno? “se sono di tutti, allora perché non delle persone di colore, degli schiavi, dei libici…?” – ha affermato Camps.
Tra gli argomenti principali anche il fenomeno del Pull factor, pratica di cui sono spesso accusate le ONG, che riguarda il favoreggiamento della costruzione di corridoi sanitari, che incentivano i traffici umani. In risposta a questa accusa Oscar cita il fenomeno opposto: il Push factor, ciò che spinge i profughi a partire, rischiando la propria vita in mare, con la speranza di essere salvati. Un caso emblematico è proprio quello di Josepha, donna camerunense scappata dalle violenze del marito rimasta in mare 48 ore, aggrappata ad un legno. Questo avvenimento ci dà una lezione importante, la donna ha preferito rimanere in mare piuttosto che risalire sulla nave che l’avrebbe riportata in Libia. Esempi del genere danno un valore aggiunto alla vita stessa, su come quei diritti che per noi sembrano quasi scontati, per altri invece rappresentano una conquista continua.