La Spagna sembra rincorrere il virus e l’Italia intanto cerca di riportare i connazionali a casa. “Io, castellammarese bloccato in Spagna, ho scelto di restare in Andalusia per la poca sicurezza dei voli di rientro e per senso di responsabilità”
CORDOBA (SPAGNA). “Invidio le misure adottate dal Governo Italiano. Le invidio perché sono trasparenti e chiare. Qui in Spagna invece tutto è confuso e disorganizzato.” Filippo Milazzo, castellammarese che da due anni vive in Spagna, prima per studio adesso per lavoro all’Università, racconta questi giorni di quarantena lontano dall’Italia, nel suo appartamento di Cordoba, in Andalusia.
Poche informazioni e tanta sottovalutazione
Quello che racconta Filippo ad Alqamah.it è un Paese apparentemente disorganizzato, senza una direzione chiara. “Mi tengo continuamente aggiornato su quello che accade in Italia e vedo realmente delle prese di posizioni forti e misure molto stringenti. Qui invece – spiega Filippo ad Alqamah.it – il Presidente Pedro Sanchez ha annunciato che la Spagna “ha adottato le misure di contenimento più severe in Europa e quasi nel mondo”, ma di fatto non è proprio così. Sono stati chiusi bar, ristoranti, discoteche, ma restano aperti negozi di abbigliamento, uffici pubblici e, cosa ancora più grave, il trasporto pubblico tra le città: infatti i collegamenti tramite treni e autobus non sono bloccati. In Andalusia si stanno preparando addirittura per la settimana santa e tutti vanno ancora a messa e proprio qui a Cordoba attendono la processione. C’è ancora chi continua a sottovalutare il virus. Gli unici che fanno informazione sono i medici e gli infermieri attraverso i social, per il resto ci sono davvero poche informazioni chiare e trasparenti. Una mia amica infermiera che lavora qui in Spagna, mi ha detto che la situazione è sempre più difficile negli ospedali. Il numero di contagi cresce davvero troppo velocemente. Tutte le conferenze, gli assembramenti, le processioni religiose, infatti, non sono vietate, ma soltanto sconsigliate. Qui siamo in quarantena soltanto da una settimana e i casi aumentano in maniera più rapida rispetto all’Italia, c’è davvero molta preoccupazione. Nei supermercati, sempre più spesso vuoti, inoltre, non si formano file e si entra senza particolari controlli”.
La Spagna che racconta Filippo, quindi, è una nazione arrivata forse in ritardo e che adesso sembra rincorrere il virus dopo un’iniziale sottovalutazione. Esattamente come l’Italia di circa un mese fa. Con una differenza: che la Spagna aveva l’esempio italiano per capire e organizzarsi di conseguenza. In Spagna vivono tantissimi italiani per motivi diversi: studio, lavoro, principalmente in erasmus. E sono proprio quest’ultimi quelli più in difficoltà. “Sto cercando di fare rete con alcuni italiani e compaesani che vivono in Spagna. – aggiunge – Ci teniamo informati e ci scambiamo le informazioni. Il paradosso per chi studia qui, è che non c’è ancora la possibilità degli esami a distanza in videoconferenza, e so di qualcuno che adesso si trova quasi senza soldi e rischia di venire anche buttato fuori di casa. Tutti mi segnalano difficoltà, soprattutto per il rientro a casa.” Infatti ancora non tutte le Università hanno deciso di chiudere. Quindi quelli che soffrono di più sono proprio gli studenti erasmus.
Quella che descrivono i media spagnoli in questi giorni è una Spagna ormai vicina al collasso sanitario, con i posti letto in terapia intensiva a Madrid già al completo. La capitale infatti è uno dei focolai spagnoli. Soltanto lì ci sono la metà dei contagiati di tutta la Spagna. A Madrid tra l’altro lo scorso 8 marzo, in piena crisi italiana, sfilarono per la festa della donna oltre 100 mila persone. Mentre l’Italia si apprestava a chiudere tutto, in Spagna il coronavirus veniva sottovalutato. Anche a Siviglia, in Andalusia, oltre 1500 studenti erasmus si sono dati appuntamento dal 6 all’8 marzo per un raduno nazionale.
Nella città di Cordoba, dove vive e lavora Filippo, si è registrato il primo caso di coronavirus dell’Andalusia, ed è stato proprio un ragazzo italiano il primo contagio accertato di Covid-19. “Neanche questo primo caso dello studente italiano che ha avuto contatti con gli erasmus ha permesso la totale chiusura dell’università. Fino alla scorsa settimana si indicavano ai cittadini le precauzioni per convivere con il Covid-19 e non come arginare la diffusione.”
Il panico scoppiato in questi giorni con l’assalto ai mezzi pubblici, ai supermercati, sembra un film già visto. “Mi sembrano le scene viste in Italia, ma con due settimane di ritardo” – aggiunge.
I voli di rientro della Farnesina “poco sicuri”
Filippo, che sta bene e non ha nessun problema di salute, ha anche pensato di rientrare in Italia per fare la quarantena da solo in una casa di sua proprietà in Italia, ma dalla Farnesina dopo le iniziali risposte vaghe sul rientro, la comunicazione di alcuni voli messi a disposizione da Alitalia. Quella degli italiani in Spagna somiglia, per alcuni aspetti, alla situazione vissuta dai connazionali bloccati in Cina tra gennaio e febbraio. “L’Ambasciata, dopo averci comunicato dei voli per il rientro, adesso non risponde più. Neanche alle mail. Continuiamo a ricevere silenzi. Mai come adesso – sottolinea – mi sono sentito lontano dalla mia famiglia e abbandonato.” Infatti la Farnesina ha messo a disposizioni dei voli di linea a spese di chi vuol rientrare, quindi non un volo di Stato e in totale sicurezza, ma tramite la compagnia Alitalia. Il primo, tutto esaurito, già partito da Madrid lo 16 marzo e un secondo da Malaga in programma per il 26 marzo, anche questo già pieno. Altri voli sono stati annunciati dal Ministero degli Esteri. In alternativa ci sarebbe un traghetto da Barcellona. Tutto a loro spese (oltre 200 euro per il volo) e senza una garanzia sulla sicurezza di spostamento dalle varie città. Tra l’altro Madrid e Malaga sono i due focolai spagnoli, quindi, raggiungere l’aeroporto con i mezzi pubblici, potrebbe rappresentare un alto rischio di contagio.
“Dispositivi di sicurezza? anche qui in Spagna, proprio come in Italia, mascherine e guanti sono ormai praticamente introvabili. Ci spingono – sottolinea Filippo – a prendere mezzi pubblici affollatissimi per ore, a nostro rischio e pericolo, per andare in altre città, senza adeguati dispositivi di protezione per viaggiare su dei voli pieni, senza poter rispettare le distanze di sicurezza. Dalla Farnesina inoltre ci dicono di prenotare direttamente dal sito di Alitalia, ma è praticamente impossibile per l’alto numero di persone che cercano di prenotarlo. Io, responsabilmente, non me la sento di rischiare, non sarebbe giusto per me e per gli altri.
Le parole del Ministro Di Maio
Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio qualche giorno fa, intervistato dal programma di La7 l’Aria che tira, ha annunciato che ha sollecitato Alitalia per istituire nuovi voli per il ritorno degli italiani dalla Spagna. “Ho chiesto e sollecitato l’Italia a istituire nuove voli, da Madrid e da Malaga. Mi dicono che nelle prossime ore saranno istituiti nuovi voli da Madrid a Roma e da Malaga a Roma, da qui alla fine della settimana. Se ne serviranno altri,- ha affermato Di Maio – ne istituiremo degli altri. Ci abbiamo lavorato perché ovviamente stiamo parlando di voli Alitalia che partono da Roma vuoti, vanno lì e prendono ovviamente, con acquisto del biglietto, i cittadini italiani e li riportano qui”. Quindi l’annuncio del Ministro di altri voli per il rientro messi a disposizione da Alitalia fino al 26 marzo.
“Resto qui per senso di responsabilità”
“Dal mio punto di vista – sottolinea Filippo ad Alqamah.it – la soluzione meno lucida mi spinge a voler tornare a casa, di avventurarmi e provare a rientrare, ma la scelta più lucida è quella di rimanere qua. Ho una grossa responsabilità sulle spalle, non posso rischiare di contagiarmi e portare il virus in Italia e mettere a rischio la salute dei miei familiari. Non me lo perdonerei”.
Filippo, che da oltre una settimana ormai vive da solo, ha deciso di non rischiare l’avventura per rientrare in Italia per senso di responsabilità. Almeno fino a quanto non avrà certezze per un rientro in totale sicurezza. “Resto qui in attesa che la situazioni torni alla normalità, ma ci sono molti studenti con cui ho parlato in questi giorni che comunque non hanno la possibilità economica di restare qui e aspettano risposte dall’Italia. Molti studenti – aggiunge – non sanno che fare, come tornare in Italia, ma soprattutto chi contattare per avere risposte”. Infatti i numeri messi a disposizione dall’Unità di Crisi sono continuamente presi d’assalto.
“C’è molta preoccupazione per come la Spagna sta affrontando l’emergenza, ma restare a casa è davvero l’unica soluzione. Ci dispiace soltanto – conclude Filippo – non aver ricevuto maggiore assistenza dall’Unità di Crisi della Farnesina.” L’Italia vista dalla Spagna, per molti studenti erasmus che non avranno la possibilità di prendere un volo per il rientro, adesso sembra ancora più lontana.