La DIA di Palermo sta eseguendo un decreto di confisca di aziende, di beni immobili e di rapporti finanziari, già oggetto di sedici diversi sequestri, eseguiti dalla stessa Articolazione su proposta del Direttore della DIA, tra il febbraio del 2011 e l’ottobre del 2017, riconducibili all’imprenditore palermitano Giuseppe Bordonaro, 61enne, attivo nel settore delle cave e dei materiali inerti per l’edilizia.
Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione I Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, presieduta dal dr. Raffaele Malizia, al termine del procedimento sostenuto in dibattimento dal p.m. dr. Calogero Ferrara, dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Procura della Repubblica di Palermo, coordinato dal Procuratore Aggiunto dr.ssa Marzia Sabella.
Nell’ambito delle attività d’indagine, Giuseppe Bordonaro emergeva quale collettore di interessi mafiosi nell’aggiudicazione di appalti, subappalti e contratti di fornitura nella provincia di Palermo. L’imprenditore aveva, infatti, intrattenuto stretti rapporti con esponenti di rilievo di cosa nostra sin dalla fine degli anni ’80, i quali, in ragione della sua affidabilità, lo favorivano nello svolgimento della sua attività, ponendolo in una posizione di preminenza.
In sostanza, tramite l’impresa intestata al padre Salvatore, operava in una cointeressenza così stretta con cosa nostra, da poter essere qualificato come “imprenditore mafioso”.
Già nell’ottobre del 1997, Bordonaro veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo, per concorso in associazione mafiosa e turbativa d’asta aggravata dalle modalità mafiose e successivamente condannato con sentenza definitiva dalla Corte d’Appello di Palermo a 4 anni e 6 mesi di reclusione.
Nel corso del suddetto processo, le testimonianze convergenti dei collaboratori Calogero Ganci, Salvatore Cancemi, Giovanni Brusca ed Angelo Siino indicavano come, a partire dalla fine degli anni ’80, l’impresa di materiale inerte intestata a Salvatore Bordonaro, padre di Giuseppe, fosse stata sistematicamente favorita da esponenti di vertice di cosa nostra nell’affidamento della fornitura di calcestruzzo per imprese aggiudicatarie di appalti pubblici.
In cambio, come accaduto nel caso della costruzione della nuova Pretura a Palermo, Giuseppe Bordonaro faceva recapitare 50 milioni di lire a Raffaele Ganci, esponente di rilievo di una storica famiglia mafiosa del quartiere Noce di Palermo.