È Dino Petralia il nuovo capo delle carceri scelto da Bonafede

Amico di Falcone, con lui nel Movimento giustizia, Petralia ha lavorato a Trapani, Sciacca, Marsala, Palermo e Reggio Calabria. Al Csm ha contestato le leggi di Berlusconi. L’anno scorso ha ritirato la sua candidatura a procuratore di Torino perché Palamara, Lotti e Ferri avevano fatto il suo nome

En plein antimafia al vertice delle carceri. Come segnale netto contro chi addebita al governo la responsabilità di aver messo ai domiciliari dei boss. A sorpresa il Guardasigilli Alfonso Bonafede sceglie come nuovo capo Dino Petralia, una vita spesa nella lotta alle cosche e, nello stesso tempo, nell’approfondimento giuridico per garantire una giustizia giusta. La vita di Petralia va tutta in una direzione, dalla parte dello Stato contro chi ne viola le leggi. Contro la mafia, senza indulgenze di sorta, ma nel pieno rispetto della Carta e delle leggi che ne originano. Bonafede, che ormai da giorni rifletteva sul nuovo incarico, ha chiuso la partita il primo maggio.

L’annuncio di Bonafede

Il Guardasigilli sta incontrando il vicedirettore Tartaglia. E annuncerà il nome del nuovo capo del Dap.

En plein Petralia e Tartaglia 

En plein perché accanto a Petralia ci sarà come vice l’ex pm antimafia Roberto Tartaglia, già scelto da Bonafede tre giorni fa. Un team che sostituisce il dimissionario Francesco Basentini e che taglia le polemiche politiche sulle recenti scarcerazioni dei boss (Zagaria, Bonura, Iannazzo e altri) decise dai magistrati di sorveglianza, ma addebitate politicamente allo stesso Bonafede. Il quale ha comunque avviato, per il via libera a Zagaria, un’indagine ministeriale. Stamattina Tartaglia prende ufficialmente possesso dell’incarico di vice direttore, e subito dopo la stretta di mano con il Guardasigilli andrà al Dap. Tra i due, Petralia e Tartaglia, il rapporto è ottimo, perché entrambi hanno lavorato a Palermo, Tartaglia pm e Petralia procuratore aggiunto. Di più: Tartaglia lavorava nel pool sulla corruzione, di cui Petralia era il diretto coordinatore. È la prima volta che la scelta di un vertice cade su due figure già in stretto rapporto tra di loro, che quindi possono garantire una guida concordata.

Petralia, da Cosa nostra al Csm  

Ma vediamo chi è Petralia e qual è stata la sua carriera. Sempre elegantissimo e curato nei dettaglia, Bernardo Petralia, Dino per gli amici e di fatto per tutti, classe 1953, è un siciliano ma di madre ligure. Inizia il suo lavoro di magistrato a Trapani dove lavora in procura con Giacomo Ciaccio Montalto, il magistrato ucciso dalla mafia. Come racconta il sito www.nonsiamofannulloni. it, che pubblica la sua biografia e anche la foto assieme alla moglie Alessandra Camassa, anche lei magistrato e oggi presidente del tribunale di Trapani, Petralia proprio a Trapani “scopre la più grande raffineria di droga di cui si servivano le famiglie mafiose”. Nel 1985 si trasferisce a Sciacca dove, come giudice istruttore, istruisce il primo processo contro le cosche in cui utilizza i pentiti storici di Cosa nostra, da Tommaso Buscetta a Totuccio Contorno a Pietro Calderone. Nel 1990 eccolo al tribunale di Marsala come giudice, prima civile e poi penale, dove presiede il collegio dei primi processi di mafia celebrati con il nuovo codice. A soli 43 anni, nel 1996, diventa procuratore di Sciacca, dove resta per dieci anni fino alla sua nomina nel 2006 a consigliere del Csm. Di quel periodo si ricordano le misure patrimoniali, in particolare una da 400 miliardi di vecchie lire, tra le più cospicue che siano mai state fatte.

Gli anni al Csm 

Al Csm la corrente di Petralia è il Movimento per la giustizia, il gruppo che aveva tra i fondatori Giovanni Falcone e che nell’attuale Consiglio figura nel gruppo di Area assieme a Magistratura democratica. Dal 2006 al 2010, al Csm negli anni caldi delle leggi ad personam di Berlusconi e Angelino Alfano. Petralia non si tira indietro dai richiami alla Costituzione e alla necessità di rispettarla. Quando il suo quadriennio finisce non cerca un posto di vertice negli uffici giudiziari che pure gli spetterebbe visto che è stato procuratore, ma torna a fare il semplice pubblico ministero a Marsala, per poi passare a Palermo nel 2013 come procuratore aggiunto.

Il passo indietro su Torino per via di Palamara 

Tre anni fa eccolo conquistare il ruolo di procuratore generale a Reggio Calabria. Poi, a giugno dell’anno scorso, quando era il più accreditato possibile successore al posto di procuratore a Torino dopo Armando Spataro, ecco la sua immediata rinuncia e il ritiro della candidatura quando il suo nome finisce nelle carte di Perugia del caso Palamara e le intercettazioni svelano che proprio Palamara, Cosimo Maria Ferri, parlamentare Pd oggi renziano ed ex leader di Magistratura indipendente, e il renziano e oggi Pd Luca Lotti, ovviamente a sua insaputa, erano a suo favore.  In quell’occasione ad Alessandra Ziniti di Repubblica Petralia dice: “Per me è insieme un momento di grande amarezza ma anche un recupero di serenità. Al danno si è aggiunta la beffa, ma non sono disponibile a sporcare la mia dignità”.

Le dimissioni di Basentini

Basentini ha salutato i suoi collaboratori giovedì sera dicendo che “tornava a Potenza”, la città dov’è stato pm  e dove ha seguito anche l’inchiesta Tempa rossa. Questo ha fatto trapelare ieri mattina la notizia, annunciata dal segretario del Sappe Donato Capece. Una decisione assunta dopo un colloquio con Bonafede, che si è concluso con le sue dimissioni. Subito dopo le rivolte di febbraio in ben 27 penitenziari italiani, concluse con il tragico bilancio di ben 14 morti e 35 milioni di euro di danni, nonché il carcere di Modena completamente distrutto e inagibile, Bonafede aveva cominciato a pensare a una sostituzione di Basentini, non realizzata subito, nonostante le pressioni dell’opposizione di centrodestra e le richieste espresse dei renziani, perché riteneva di non mettere mano al vertice in un periodo di crisi. Poi il Covid e le scarcerazioni dei boss dopo una circolare sugli over 70 del vertice del Dap, hanno fatto precipitare la situazione. In particolare a far rumore è stato, a Sassari, il caso della concessione dei domiciliari al boss della camorra Pasquale Zagaria.

La sfida per Petralia e Tartaglia

Petralia arriverà a Roma la prossima settimana. Tartaglia è già al Dap da oggi. E oggi comincia una sfida sulle prigioni italiane dopo le rivolte di febbraio, le scarcerazioni di numerosi mafiosi, le polemiche su Basentini. Conoscendo i due magistrati si può già immaginare quale sarà la loro linea: nessuna concessione ai mafiosi e ai detenuti al 41 bis, ma un carcere comunque giusto, senza soprusi, né violenza.

Fonte: repubblica.it

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