La sua colpa fu di agire, nel proprio lavoro, con correttezza e nella legalità, non piegandosi mai a nessuno. Lui era Giovanni Bonsignore dirigente della Regione Sicilia, che 30 anni fa fu ucciso barbaramente.
Bonsignore si trovò a trattare la creazione di un consorzio agroalimentare, si parla di un affare costato miliardi di lire, che Bonsignore ostacolò, perché tale somme recuperate da capitoli di bilanci, egli sosteneva, fossero destinati ad altre spese. Da integerrimo lavoratore, preciso nella sua azione ispirata sempre dalla legalità, aveva preparato una relazione molto dettagliata nella quale sosteneva che secondo le leggi regionali e statali in vigore, il finanziamento, predisposto dalla Regione Siciliana di circa 38 miliardi, era illegittimo.
La Storia nello specifico la storia ci ricorda, inoltre, che Bonsignore era uno dei due ispettori che avevano condotto l’inchiesta amministrativa per un finanziamento irregolare concesso dalla Regione Sicilia alla cooperativa “Il Gattopardo” di Palma di Montechiaro (sospettata di legami con la locale famiglia mafiosa), di cui era vicepresidente il suo collega Antonino Velio Sprio, che venne condannato per truffa proprio per effetto dell’inchiesta portata avanti da Bonsignore
Fu la vendetta a portare al suo assassinio, il 9 maggio 1990 alle 8:30, a Palermo, in Via Alessio Di Giovanni. L’assassino, il pregiudicato Ignazio Giliberti, nel 1999 confesserà di essere stato incaricato da Sprio dietro pagamento di una somma di denaro. Lo stesso Gilberti inoltre confessò l’omicidio del funzionario regionale Filippo Basile, avvenuto nove anni dopo perché aveva avviato le pratiche di licenziamento nei confronti di Sprio
Qualche anno dopo la morte di Bonsignore furono confermate le sue accuse, sia i fatti di cronaca giudiziaria sia il fatto che la Regione Siciliana avrebbe cambiato nel 1993 la normativa riguardante i finanziamenti, che egli criticava con l’autorevolezza di giurista preparato e rigoroso.
Bonsignore, uno di quelli che oggi diremo burocrati, forse con fastidio, ma questa vicenda fa capire che non esistono categorie, ma persone, in questo caso si piange un gran lavoratore, difensore delle regole, che inoltre nel 1991 fu insignito della medaglia d’oro al valore civile alla memoria.