Mafia: i giudici respingono la richiesta di scarcerazione dell’ex parlamentare regionale Paolo Ruggirello, ma la difesa sottolinea il grave stato psicologico del loro assistito
L’on. Paolo Ruggirello, in cella per mafia dal 5 marzo scorso, è stato dimesso dall’ospedale Cotugno di Napoli, guarito dall’infezione provocata dal Covid 19 e quindi può tornare in cella, nel carcere campano di Santa Maria Capua Vetere, nonostante la sua difesa, avvocati Vito Galluffo e Carlo Taormina hanno rappresentato un persistente quadro psicologico parecchio grave. Il ritorno in cella è stato deciso dai giudici del Tribunale di Trapani che hanno dato ragione ai pm palermitani e quindi respinto le ripetute istanze avanzate dalla difesa di applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari. Ruggirello è accusato di collegamenti intensi con la mafia trapanese, per la procura di Palermo l’accusa è quella di far parte dell’associazione mafiosa. A provare il reato la corposa indagine dei Carabinieri di Trapani, l’inchiesta denominata “Scrigno” che in questi tempi giorno dopo giorno sta offrendo parecchie novità. Ci sono già richieste di condanna che riguardano proprio alcuni dei soggetti con i quali Ruggirello si sarebbe rapportato, ossia i fratelli Franco e Pietro Virga, figli dell’ergastolano Vincenzo Virga, e il pacecoto Carmelo Salerno. A Trapani è cominciato invece il processo dove Ruggirello è imputato. Le ultime vicende giudiziarie hanno visto un continuo braccio di ferro tra difesa e pm sul caso della prosecuzione della detenzione in carcere dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, arrestato nel blitz antimafia “Scrigno” del 5 marzo scorso, risolto ancora una volta dai giudici del Tribunale di Trapani con la decisione di far permanere la misura cautelare della custodia carceraria. L’ultima ordinanza del collegio dei giudici trapanesi, presieduto dal giudice Daniela Troja, è recentissima, depositata in cancelleria il 15 maggio scorso, una ordinanza corposa dove sono state riportati tutti gli elementi anche sanitari a disposizione del Tribunale. Respinta la richiesta della difesa dell’on. Ruggirello di applicare la misura degli arresti domiciliari. I difensori avevano dapprima indicato l’abitazione del Ruggirello, successivamente la struttura di Villa Zina di Custonaci, e questo perché questa struttura è usata per ricoverare i soggetti usciti dal circuito sanitario dopo la guarigione dal cosiddetto “coronavirus”. Il virus è stato contratto in carcere dall’on Ruggirello, e per un periodo è rimasto ricoverato presso l’ospedale Cotugno di Napoli. Ruggirello per fortuna non risulta essere stato colpito in modo grave, adesso, dopo ripetuti tamponi e esami Tac, è risultato guarito, ma il braccio di ferro si è consumato sulle capacità della struttura sanitaria del carcere napoletano di seguire non solo l’excursus epidemiologico che ha colpito l’ex parlamentare ma anche di seguirlo sotto il profilo psicologico, considerato che nelle perizie è emerso uno stato psichico di Ruggirello preoccupante. La difesa ha infatti segnalato la possibilità del loro assistito di maturare intenti suicidari, e questo è emerso, è stato scritto, dopo un colloquio telefonico del 4 maggio scorso. I magistrati palermitani però hanno sempre insistito per la compatibilità della detenzione in carcere dell’on. Ruggirello rispetto ai problemi sanitari sofferti. Nell’ordinanza dei giudici del Tribunale di Trapani sono ricostruiti e riportati i diversi passaggi e bisogna dire che le risposte chieste dai giudici al Dap sono arrivate dopo un’articolata corrispondenza. Comportamento questo che per la difesa suscita insicurezza rispetto agli obblighi da garantire per la salvaguardia in cella del loro assistito. Ruggirello quindi è tornato in carcere ma dall’ordinanza si evince la forte attenzione da parte dei giudici. La difesa insiste, a loro avviso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere «è evidente la non affidabilità della struttura sanitaria interna», anche rispetto agli “intenti suicidari” rivelati dal Ruggirello, ma per i giudici trapanesi che hanno disposto diverse perizie «risulta possibile che il Ruggirello nel carcere dove si trova sia sottoposto a trattamento farmacologico e psicoterapeutico e che dunque le sue condizioni di salute siano da ritenere non solo in astratto, ma anche in concreto, compatibili con il regime carcerario». In una delle perizie c’è scritto che Ruggirello ascoltato dai medici ha espresso «spunti di colpa, fallimento esistenziale e preoccupazione per il futuro e continui rimugini che inficiano la capacità di concentrazione ed attenzione». Nelle prossime settimane però il caso finirà nuovamente nel mirino, stavolta dei giudici del Riesame di Palermo che dovranno esprimersi tenendo conto delle motivazioni depositate ieri dalla Corte di Cassazione (dispositivo emesso lo scorso 8 aprile ndr), in seguito a uno dei tanti ricorsi presentati dagli avvocati difensori Vito Galluffo e Carlo Taormina. Il punto centrale è il reato contestato a Ruggirello. Per i pm della Procura antimafia di Palermo e i giudici del Tribunale di Trapani è di associazione di stampo mafioso. Sin dal primo ricorso invece il Riesame e la Cassazione hanno riqualificato il reato in concorso esterno in associazione mafiosa, scongiurando – scrivono i giudici romani – «il ricorso in via esclusiva alla misura carceraria e che, in relazione al caso concreto, può essere soddisfatto da altre misure», come il trasferimento ai domiciliari.