Una occasione perduta (l’editoriale)

L’editoriale

Castellammare del Golfo: l’esito scontato di una seduta consiliare

Il Consiglio comunale di Castellammare del Golfo ieri sera ha prodotto un esito scontato ma deludente. A parte qualche eccezione, risultata rara in quell’aula, la maggior parte dei consiglieri comunali si sono resi protagonisti di una sceneggiata. Nata male e finita peggio. Nata male a causa di un ordine del giorno che non era altro che una mozione di fiducia al sindaco che l’amministrazione del sindaco Rizzo almeno per le vie ufficiali non aveva chiesto. Finita peggio perché quell’ordine del giorno è stato alla fine approvato così come proposto. Il ritornello spesso risuonato negli interventi di gran parte dei consiglieri è stato quello che l’aula, il Consiglio, la politica non doveva intromettersi nel percorso giudiziario che vede indagato il primo cittadino per concorso esterno in associazione mafiosa. Intento meritorio, ma rimasto tale. Perché alla fine l’intromissione c’è stata, compiuta e detta in vari modi, ma si è verificata. A partire dalla concezione stessa dell’ordine del giorno che è sembrato essere stato scritto da un avvocato (riferimento il nostro generico e non personale nei confronti di qualcuno, ma si sa a pensar male talvolta ci si azzecca) e non dalla politica: la sottolineatura della distinzione dell’avviso di garanzia dal procedimento giudiziario Cutrara, il blitz che ha decimato “parte” della congrega mafiosa castellammarese con numerosi arresti, la necessità della segretezza delle indagini e al solito le notizie distorte arrivate ai cittadini per colpa della stampa.

Il dibattito, raccontato nell’articolo firmato dal collega Marcello Contento e che potrete anche qui leggere, sostanzialmente è stato questo, chi ha provato a rimetterlo sulla giusta strada è rimasto inascoltato. Avrebbe potuto pensarci a farlo lo stesso sindaco Nicola Rizzo al quale certamente riconosciamo il giusto grado, culturale e politico, per farlo, ma anche lui ha preferito seguire l’andazzo. Ha scelto di leggere una dichiarazione scritta, parlando anche lui della indagine che lo riguarda, esprimendo la legittima certezza che ne uscirà scagionato, e facendo un elenco di episodi che lo hanno portato a denunciare fatti e circostanze, di mala amministrazione, con le quali in questi due anni si è imbattuto. Ha anche parlato dell’incontro casuale a casa del suocero con don Ciccio “Tempesta” Domingo, e però lamentandosi che l’interrogatorio reso ai pm nonostante fosse secretato è finito sui giornali, chiedendo che su questo la magistratura colpisca chi ha fatto uscire la notizia, evitando però di prendersela con i giornalisti, almeno su questo è stato buono nei confronti della categoria giornalistica, mentre qualcuno ha anche accennato a querele da presentarsi contro i giornalisti. Scene già conosciute anche in altri lidi. Una politica che è apparsa confusa pur di mantenere l’obiettivo di far sapere che Rizzo con Cutrara non c’entra nulla, che l’amministrazione è sana e che alla fine tutto va bene, che se i mafiosi sono in giro per la città è colpa di chi non riesce a tenerli in carcere, e che forse dietro la campagna mediatica c’è chi cerca palcoscenici, riflettori e forse anche si tratta di un attacco alla città per non farla crescere economicamente come sta cercando di fare. Anzi forse a chiamarla politica si concede troppo.

La mozione di fiducia ad un sindaco non esiste nelle norme, esiste semmai l’esatto contrario, una mozione di sfiducia. E anche se quell’ordine del giorno non fosse stato approvato non poteva mai trasformarsi in mozione di sfiducia. Il sindaco Rizzo si è voluto rimettere al voto, dicendo che a secondo dell’esito avrebbe tratto le conseguenze. Ha parlato a duna maggioranza che non aveva certo bisogno di queste parole, perché già aveva deciso che nulla di tutto questo doveva accadere. La questione dimissioni si dimissioni no, diciamo, lo riguarda personalmente. Lui doveva essere posto nelle condizioni di scegliere, senza attendere il salvagente. Se qualcuno pensa leggendo queste righe che noi siamo tra quelli che oggi non gioiscono per l’esito del voto si sbaglia di grosso. Noi pensavamo che il Consiglio comunale, sindaco in testa, si soffermassero su altro. E lo avevamo detto già nel giorno del blitz con quell’articolo contro il quale certi leoni da tastiera si sono dati da fare alla loro maniera, sgarbata e volgare. Descrivendo quella Castellammare del Golfo che continua a non piacerci, quella città che ci sia consentito ancora di dire resta paese se non sfugge ai mafiosi. Gli episodi di compromissione nell’ordinanza Cutrara sono elencati e citati, l’inchiesta non parla solo di incontri tra mafiosi, ma anche di incontri tra normali cittadini, imprenditori con i mafiosi. Il Consiglio comunale non doveva essere una cantilena su quello che ha fatto l’amministrazione, ma semmai avrebbe dovuto affrontare non solo la questione etica e morale che ha colpito il massimo vertice dell’amministrazione, ha riguardato un ex vice presidente del precedente Consiglio comunale, ma anche dire in che modo una volta e per tutte si vuole affrontare la questione mafia.

Come tutelare e difendere la città, non dalle indagini, dagli investigatori (anzi qualcuno ha avuto la bontà, ma solo strumentale, di ricordare che se ci sono gli arresti significa che gli investigatori lavorano) ma da Cosa nostra. Su questo non abbiamo sentito il coro che doveva alzarsi, c’è , ripetiamo, chi ci ha provato ma con scarsa fortuna. Tra pochi giorni , ne siamo certi, ci sarà il coro sui 28 anni dalla strage di via D’Amelio, dove morirono Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta. Ma di Borsellino si continua a non ricordare le sue parole, con le quali sollecitava i cittadini a partecipare e promuovere la lotta culturale contro la mafia, con le quali diceva che c’è chi può uscire assolto dalle aule giudiziarie, ma in assenza delle prove penali, possono esistere quelle etiche e morali che dovrebbero indurre la cittadinanza a diffidare di quel soggetto. La lotta culturale e sociale contro la mafia. Che dovrebbe portare ognuno di noi quando si trova a tu per tu con un mafioso a rivolgersi alle forze dell’ordine, fosse anche per avere avuto chiesta una sigaretta o per essersi visto offerto un caffè. Ai mafiosi non va stretta la mano, nè offerto il saluto, va mostrata loro subito e senza indugi la netta distanza, tra chi è per l’ordinato vivere civile e chi invece per l’applicazione del codice d’onore. La politica ha il compito di organizzare la resistenza a Cosa nostra e non rifugiarsi nel garantismo come nel giustizialismo, nella presunzione di innocenza o nei tre gradi di giudizio. E organizzare la resistenza a Cosa nostra, e questo vale pet tutte le amministrazioni, significa anche amministrare bene.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.