I racconti di Nicola Quagliata.
L’ape, Netflix e le terme
Nel tempo presente della prima espansione nel mondo di Netflix, e della sua fanciullezza, delle attese stagioni delle sagre vichinghe e dello spirito di conquista e di avventura dei suoi personaggi fatti a misura ed a glorificazione degli eroi borghesi della finanza e della vasta impresa economico culturale del colosso mondiale della comunicazione, un’ape, abbandonata a pelo d’acqua nella piscina termale virgiliana di Segesta, tra mosconi galleggianti ed elitre stecchite a faccia in su con le ali scoperchiate, piume di tortore e colombe, foglie d’alloro e di ginepro e farfalle ammollate, io lentamente nuotavo con la faccia in avanti a denti stretti ed il muso nell’acqua calda che ancora sa di zolfo, e non potendo scansare l’ape, la incontrai con la spalla ed essa ebbe un sussulto, un moto d’orgoglio, di vitalità, un guizzo estremo e di colpo ficcò il suo pungiglione, più caldo del sole e dell’acqua sulfurea, sulla morbida pelle non ancora del tutto abbronzata, ed il bruciore fu come di carboni ardenti sulla pelle, e finalmente l’ape si abbandonò completamente all’acqua che l’aveva catturata, volando per sempre nel suo bahalla tra pollini e miele.