Bucaria respinge tutte le accuse

Mercoledì un lungo interrogatorio davanti al pm Morri. La difesa sostiene “l’assoluta estraneità”

E’ durato mercoledì scorso all’incirca quattro ore l’interrogatorio in carcere dell’imprenditore Matteo Bucaria, arrestato dalla Squadra Mobile di Trapani lo scorso 4 agosto, su ordine del gip giudice Caterina Brignone, accusato di essere stato il mandante del tentato omicidio del cognato, Domenico Cuntuliano. Un fatto che risale al marzo 2013 e per il quale sta scontando in carcere una condanna a 12 anni l’esecutore, Gaspare Gervasi. Bucaria, difeso dagli avvocati Giovanni Liotti e Sabina Bonfiglio, che dinanzi al Gip Caterina Brignone si era avvalso della facoltà di non rispondere, ha deciso invece di rispondere al pm Sara Morri titolare delle indagini. Ha negato ogni addebito e contestazione. “Io – ha detto – non ho armato la mano di nessuno e non ho ordinato di uccidere mio cognato”. Le risposte di Bucaria sarebbero state indirizzate anche a far rilevare alcune incongruenze investigative, come il fatto di aver potuto tenere nascosto un fucile a canne mozze in un periodo in cui era parecchio viva e attiva la sua collaborazione con la Polizia in particolare. Bucaria è stato infatti un testimone in particolari indagine antimafia, compresa in quella che ha scompaginato le cosche marsalesi e che si concluse con la cattura di due pericolosi latitanti, Andrea Manciaracina e Natale Bonafede. E che poi quel fucile a canne mozze l’abbia potuto consegnare a Gervasi, come ha raccontato lo stesso Gervasi ai magistrati, nel piazzale della sua azienda, ieri come oggi sottoposta a video sorveglianza. Ovviamente è oggi impossibile avere quei filmati, essendo passato ben sette anni. Dall’interrogatorio di Bucaria è emersa anche come incerta la figura del Gervasi. Lui l’accusa contro Bucaria l’ha messa nero su bianco nel giugno scorso, dopo sette anni di detenzione, con una lettera indirizzata dal carcere all’imprenditore nella quale sostanzialmente gli ricordava che non aveva rispettato i patti con lui. Un’altra lettera l’aveva indirizzata ai suoi familiari per informarli della decisione di fare lui ciò che fino ad allora i suoi congiunti si erano rifiutati di fare, cioè andare a bussare alla porta di Bucaria per ricordargli l’accordo pattuito. Ma a pesare sono anche le intercettazioni risalenti al primo periodo di detenzione, successive all’arresto, nelle quali per investigatori e Procura Gervasi informa i familiari che lui quel tentato omicidio lo aveva fatto per avere ricevuto un ordine preciso. Non fa il nome di Bucaria ma per pm e Squadra Mobile è a lui che in certi passaggi si riferisce. La difesa ha anche prodotto una serie di documenti, anche la quietanza firmata da Domenico Cuntuliano, a proposito del premio assicurativo riscosso in seguito a un grave incidente risalente al 2009. Cuntuliano sentito dai poliziotti, svelando, solo adesso, che con il cognato c’erano frizioni di natura finanziaria e sull’utilizzo di quei 620 mila euro riscossi dall’assicurazione, ha detto che non conosceva l’entità del premio, anzi che per dire del cognato la somma era pari a poco più di 100 mila euro: la difesa ha prodotto la quietanza, firmata da Cuntuliano dove è chiaramente scritto 620 mila euro, da qui l’interrogativo su come lui non sapesse nulla. “Noi – dicono gli avvocati Liotti e Bonfiglio – siamo certi dell’assoluta estraneità del nostro assistito e riusciremo a dimostrarla, Bucaria non ha avuto alcun ruolo in questo grave fatto”. La Procura però non cambia orientamento, resta convinta della colpevolezza dell’imprenditore. La difesa adesso è pronta a fare ricorso contro la misura cautelare al Tribunale del riesame.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.