Il “Berlusconi di Dattilo” spossessato del patrimonio

Sequestro preventivo eseguito in queste ore contro Michele Mazzara

Un lavoro investigativo della Polizia coordinato dalla Procura antimafia di Palermo e che alla fine ha ottenuto la conferma dal presidente del Tribunale di Trapani. Il super patrimonio dell’imprenditore Michele Mazzara, detto il “Berlusconi di Dattilo” è tornato ad essere sequestrato. Immobili, albergo, residence, terreni, in totale oltre 20 milioni di euro il valore, sono tornati sotto amministrazione giudiziaria. E questo a poche settimane dalla decisione della Cassazione che per un vizio di forma accaduto durante il giudizio di appello, dopo la confisca di primo grado, aveva sganciato i beni di Mazzara dalla confisca. E l’imprenditore immediatamente si era presentato nei suoi terreni chiedendo alle cooperative che li gestivano a fare armi e bagagli e a scomparire dalla sua vista. Il provvedimento odierno del Tribunale di Trapani ha rimesso indietro le lancette dell’orologio della giustizia. Si tratta di un ordinanza di sequestro preventivo basata sulla riconosciuta pericolosità sociale di Michele Mazzara, questa caratura è stata peraltro confermata dalla Cassazione con la stessa sentenza con la quale i suoi beni erano stati sottratti alla confisca. L’ordine di sequestro preventivo è stato eseguito mentre a Roma, alla Camera dei Deputati è stata depositata una interrogazione al ministro Bonafede da parte della deputata Stefani Ascari (5 Stelle) componente delle commissioni Giustizia e della bicamerale commissione antimafia. L’on. Ascari nella sua interrogazione di fatto sollecita il Guardasigilli ad approfondire le ragioni per le quali nel giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Palermo (che confermò confisca e sorveglianza speciale contro Mazzara come già sentenziati in primo grado dinanzi al Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani) era stata compiuta la clamorosa svista sull’osservanza dei termini indicati dalla legge per le pronunce sulle confische: durante il giudizio di appello, la Corte di Palermo ha concesso una sospensione dei termini errata, una sospensione che non doveva essere concessa per non ritardare nel perentorio rispetto del tempo indicato per arrivare alla pronuncia di secondo grado. Un fatto certamente gravissimo, una disattenzione che potrebbe indurre il ministro Bonafede a mandare gli ispettori di via Arenula al Palazzo di Giustizia di Palermo.

L’imprenditore Michele Mazzara è stato giudiziariamente riconosciuto come vicino al super latitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. “Uomo ponte” tra Cosa nostra, la politica e le imprese. Un soggetto parecchio e molto bene legato a Cosa nostra trapanese. Michele Mazzara è stato già condannato in passato assieme alla moglie per favoreggiamento della latitanza di importanti boss mafiosi, mise a disposizione dei boss la sua casa per summit di Cosa nostra. E secondo le indagini, oggi confermate nel risultato, è stato proprio il sostegno da lui dato a Cosa nostra “ad avergli permesso di fare una incredibile scalata imprenditoriale nel settore soprattutto edilizio e anche dell’attività agricola”. Quando nel 1997 subì il primo arresto da parte degli agenti della Squadra Mobile di Trapani, era stato intercettato mentre cercava finanziamenti e appoggi politici per realizzare un documentario su Trapani, il fine ultimo quello di negare l’esistenza della mafia.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.