Il Barone Giacomo Alliata

I racconti di Nicola Quagliata

Il Barone Giacomo Alliata prese in sposa una donna della famiglia nobiliare Talamanca-La Grua, Antonella La Grua, figlia del Barone Pietro Primo di Carini, stabilendosi e vivere a Palermo con tutta la famiglia e trascorrendo i periodi estivi presso la sua baronia di Castellammare. Il matrimonio fu celebrato nell’anno 1495, il giorno 14 del mese di gennaio e come da suo diritto il Barone ebbe in dote cinquemila fiorini d’oro da parte del padre di lei ed ebbe in dote la baronia di Vicari da parte della madre di Antonella Talamanca La Grua, valutata questa in altrettanti cinquemila fiorini d ‘oro vincolata però allo jus di redimere ovvero al diritto di riscattare la baronia da parte della donante Madre. Il riscatto poteva avvenire pagando la somma dell valore stimato della baronia, ovvero cinquemila fiorini, oltre ai benfatti che il Barone Giacomo vi avrebbe apportato e che comunque questi ultimi non avrebbero superato i duemila fiorini, poco meno della metà del valore dell’intera baronia.

Con la dote Che Antonella recava al Barone Alliata maturava un potere negoziale nella relazione matrimoniale che intendeva far valere, così fin dal primo giorno sposati stabilì regole e positure della loro relazione matrimoniale,  fissando la loro dimora stabile a Palermo, presso il palazzo Alliata di cui era ancora da finire un’ala.

Antonella era una donna molto sensibile e colta, amava vivere a Palermo ed era stata due volte a Napoli ed una volta a Roma con soggiorni di svariati mesi per parte, amava la vita mondana e la città che riteneva la faccia civile degli esseri umani, così quando il Barone Alliata le ricordava la sua baronia di Castellammare e degli obblighi da assolvervi lei rideva e rivolgendosi a chiunque fosse presente diceva : ah! La rupe sul mare! La rocca dei venti!  Il caricatore del Golfo! E siccome non v’era ancora la chiesa parrocchiale e neppure il prete per la messa, la chiamava la terra sconsacrata.

Antonella sapeva con certezza che non avrebbe messo piede in quei luoghi perduti se non dopo diversi anni, sua madre aveva calcolato tutto con estrema precisione.

Sposati a Gennaio del 1695 lei avrebbe concepito a febbraio marzo se tutto andava secondo natura ed il ciclo le si sarebbe interrotto annunciandole la gravidanza; a giugno dunque, con l ‘arrivo dell’estate, lei gravida, non avrebbe potuto affrontare il viaggio, né i disagi di una nuova dimora in un castello militare tra i flutti del mare, quindi per quell’anno non se ne faceva niente, lui il  Barone Agliata, richiamato dai doveri della baronia, andava da solo e se ci teneva a vedere crescere la gravidanza della moglie, invece di tornare a fine estate, poteva viaggiare, per lui quell’andare avanti e indietro per mare da un porto all’altro non comportava particolari sofferenze perchè c’era abituato. lei Antonella doveva condurre una vita riparata, era la prima gravidanza ed era meglio non perderla e portarla a termine fino alla nascita dell’erede.

Il Barone non avrebbe avuto nulla da ridire, la moglie gli cresceva in grembo l’erede e lui poteva muoversi senza fastidi di donna tra gli impegni delle navi che partivano senza sosta per tutti importi del mediterranea cariche di grano, olio, vino, mandorle, tonnina, la preparazione ed il calo delle reti della tonnara a maggio.

Suo padre Gerardo Alliata aveva acquistato la baronia di Castellammare quando lui aveva appena 10 anni nel 1468 ed includeva solamente il castello e la tonnara e l’aveva già allora destinata a lui.

L’anno successivo, il 1496′ in estate il bambino, concepito ad aprile e nato a gennaio, avrebbe avuto appena cinque mesi a maggio e non era proprio il caso di fargli affrontare un viaggio e recarlo in un ambiente nuovo e certamente ostile alla vita dei bambini, ed anche per quell’anno il barone sarebbe andato da solo a curare i suoi possedimenti.

Ed arriviamo all’estate del 1497 in cui il bambino a due anni e pochi mesi non sarebbe stato certo ancora pronto per quel viaggio e cambio di dimora.

Il piccolo Girolamo, perchè questo era il nome che gli avrebbero dato per una antica devozione della famiglia Alliata al santo eremita studioso e traduttore dei testi biblici, cardinale che abbandona privilegi e ricchezze per dedicarsi alla preghiera ed alla venerazione di Dio, nel “98 avrebbe infine avuto due anni e pochi mesi e neppure questa era una età sicura per quel viaggio, Antonella se proprio gli volevano far cambiare aria ed ambienti avrebbe potuto portarlo, comodamente in carrozza, presso la sua famiglia a Carini, con una giornata di viaggio sicuro, così ancora il barone Giacomo anche per quell’anno raggiungerà da solo la sua baronia e curare i suoi interessi della pesca e mattanza del tonno.

Nel 1499 il piccolo Girolamo avrà ancora  tre anni, e non si può dire che questa sia una età in cui si possano affrontare in sicurezza viaggi per mare e dimore tormentate, anche adesso il Barone padre dovrà rassegnarsi ad andare da solo per mare, incontro alla sua indole.

E le cose andarono esattamente come la madre aveva argutamente previsto, tranne che per qualche mese di ritardo nel concepimento, dovuto più all’età ed alla stanchezza del barone, ad una certa sua svogliatezza, che non alla figlia, che lei sua madre ben conosceva e sapeva forte di salute e di voglie.

Intanto il barone partì con ritardo nei suoi adempimenti familiari, dopo la prima notte di nozze in cui aveva saggiato l’integrità della giovane donna che aveva preso per moglie, si fermò per qualche settimana, la sera a letto non andava oltre qualche carezza consolatoria come per entrare in confidenza con la moglie, poi cadeva addormentato.

La madre la mattina per essere essere tenuta informata riceveva dalla figlia un pizzino che doveva recare una sola parola che per settimane fu sempre la stessa: durmiu.

Quel letargo quasi quasi faceva avere dei ripensamenti sulla baronia di Vicari portata in dote alla figlia senza contare i cinquemila fiorini d’oro.

Non c’era da meravigliarsi se il primo mese ed anche il secondo mese la figlia aveva avuto il regolare ciclo, non poteva certo bastare la prima notte, non s’era mai sentito che in un colpo solo la donna si ingravidasse. E altri tentativi il barone non aveva fatto,durmìa.

Durante la giornata, nel rigirare tra le dita il pizzino della figlia si guardava col marito ed entrambi sconsolati calavano le braccia e sollevavano la fronte verso l’alto sospirando, come a volere alimentare la speranza, cinquemila fiorini ed un feudo che vale altrettanti fiorini sono pur sempre una fortuna.

In fondo il barone non poteva considerarsi vecchio né fuori dalla età fertile, e i suoi anni li portava anche bene pur avendo viaggiato molto per l’Italia, i viaggi si sa provano il fisico come i lavori manuali dei popolani plebei.

La madre di Antonella progetta il futuro…

Nell’attesa di notizie fertili la madre faceva mille congetture e costruiva tra sé e sé ipotesi e soluzioni che mutassero il corso degli avvenimenti e bloccassero il ciclo ininterrotto, preciso come la luna,della figlia, così una sera, individuato un ragionamento di azioni certe e realizzabili, diede appuntamento al marito per il mattino successivo,  sotto l’agrumeto che separava il castello dal pollaio, per ispezionare le arance i limoni i cedri che pendevano ancora pesanti e luminosi dai rami e che bastava appena appena urtarli perché sprigionassero e spruzzassero dalla  buccia l’odore intenso che arrivava al cervello e faceva chiudere gli occhi in attimi di estasi, perché in quella occasione illustrasse i suoi piani al marito al sicuro da chiunque avesse potuto sentire anche una parola.

Per il mattino seguente ordinò che le preparassero…

il Maria La Grua quella mattina sentiva dentro di se tutta la bellezza della natura e del paesaggio fino al mare ed al suo orizzonte; una calma ed un tepore che sprigionava da ogni cosa, coi petali sui rami che premevano nelle gemme e qualcuno vedeva gia i primi suoi raggi di sole, ovunque le macchie di giallo dellariacito, ed il mare fermo come nelle tele dei pittori che aveva visto a Napoli coi raggi del sole che lo penetravano fino alle scure alghe di poseidonia.

Pippì -chiamava Pippino suo marito Pietro Primo Talamanca barone di Carini, senza alcuna soggezione ed in un rapporto paritario perchè lei era una La Grua, baronessa La Grua, e sin dal primo giorno di matrimonio aveva chiarito rapporti di forza paritari – ma tu lo vedi il mare questa mattina? Azzurro chiaro, immobile in tutta la sua forza, e lu cielo, pari bianco comu la carni di l’ancili na li chiesi di Palermo, dovevi vedere stamattina presto quannupurtarulu pisci, li riccioli argentati, e stu mari e stucielu, e lubeddrusanghurussu di li pisci, parìa un quadru di la madonna. C’è semprilusanghuna li quadri di la madonna, e quantu chiù bravu è lu pitturi tanto più sangue e cielo e mare parinu tutta na cosa, un solo disegno divino.

Don Pietro Primo, barone di Carini, non condivideva lo stato d ‘animo della moglie. La calma e quella pace offerta improvvisamente dalla natura in quel fine inverno di una annata di gelo, che a sua moglie facevano socchiudere gli occhi rivolti al cielo, con il volto  carnoso, bianco come la cera e come intagliato nel marmo duro di intagliato come la cera, di beatitudine,  non trovava alcun riscontro nel suo animo, ancor meno quel mattino dopo una nottata di incubi e sogni complicati e strani in cui suo padre ancora irrompeva nella sua vita, non si capiva bene a reclamare che cosa, non la vita, che lui, suo figlio, non poteva riconsegnargli. Quello di suo padre era un sogno ricorrente, sempre diverso ma sempre con lo stesso motivo che in modi inaspettati tornava dall’al di la a prendere il suo posto, cancellando la sua esistenza per sostituirsi a lui, ritornando così a rivivere nella vita di suo figlio. Stavolta però la vita ed il sogno, la realtà ed il sogno si confondevano, o meglio, la realtà alimentava il sogno ed il suo incubo, come in una alleanza misteriosa ed oscura, si, come se il sogno, il regno del sogno avesse ricercato ed ottenuto nella realtà un fedele alleato, fedele ed ignaro alleato bisogna dire, perché di certo la realtà non aveva coscienza di agire assecondando un sogno, il suo sogno, il suo incubo.

Don Pietro non temeva nulla della realtà che sapeva sempre come affrontare, dai villani sapeva spremere fino all’ultimo acino di frumento passando sopra ai lamenti della cattiva annata dei bifolchi e dei loro orrendi figli sempre febbricitanti e pronti a lasciare la vita, – ed in molti lo facevano, al punto che i ventri delle donne non facevano a tempo a rimpiazzare quelli che spiravano di notte e di giorno, ovunque si trovassero – che teneva a lavorare nei suoi feudi, e dalle pecore che pascolavano nelle sue terre e nei suoi boschi non si lasciava sfuggire neppure un grammo di lana, agnelli, formaggi, ricotte; e dai mulini sapeva ricavarci farina per i famigli e crusca per le sue bestie oltre che le gabelle, ed olio dalle macine ed olive cunzate a barili; la realtà erano gli uomini su cui esercitava il dominio della sua baronia e lui sapeva come trattare ed assoggettare la realtà, e quando era stato necessario reperire ricchezze nelle coste d ‘Africa era andato pure a depredare i mori approntando vascelli di uomini armati e dando l’assedio ai loro palazzi riportando oro e argento ed arazzi con cui in parte aveva arredato il suo castello di Carini ed in parte venduto a mercati a Palermo che andavano a rivendere a Napoli. Così poteva far fronte alle spese nuove cui non sarebbe mai riuscito a far fronte con la semplice vendita dei prodotti della terra, per quanto spremesse i suoi villani, per quanta lana, ricotte, formaggi e olio e frumento ricavasse dai feudi non avrebbe mai pareggiato i lavori del castello che richiedevano spese in denaro, e la terra non dava monete, non oro e argento con cui pagare il cantiere con i lavoranti, il marmo, il legname per la carpenteria, la calce.

Il sogno di Don Pietro Primo Talamanca barone di Carini…….

Le congetture ed i piani di Donna Maria La Grua baronessa di Carini ed i piani in merito alla gravidanza della figlia ed all’erede…..

Ed ecco come la realtà si insinuava e riproduceva il sogno ricorrente di Don Pietro Barone di Carini.

Forse bisognava aspettare la stagione perché la calura gli risvegliasse i sensi e lo rendesse.  fertile.

Quando il barone tornò la notte ad essere marito a letto, il mattino Antonella cambiò la parola del pizzino scrivendo stavolta: s’arruspigghiau.

Quando la madre ricevette la novità per il palazzo fu tutto un vociare ed un pronunciare a voce allegra s ‘arruspiggiau, s’arruspigghiau, poi notti di inervallo e veglia alternando diverse notti con brevi sussulti.

La madre era scontenta, dispiaciuta, sospesa, scettica sul risultato di quelle brevi nottate del barone con la figlia, ripetendo sempre la figghia mia miraculi un po’ fari!

Ma il miracolo arrivò. Il ciclo che era stato sempre puntuale tardò un giorno, tardò due giorni e tre giorni, dopo una settimana la madre finalmente sorrise e preparò un grande pranzo a cui erano invitati tutti i mendicanti della dellaCalsa, tanto lei non aveva dubbi, conosceva sua figlia e la sua famiglia e quello era segno certo della gravidanza.

Il piccolo erede nacque con qualche mese di ritardo rispetto alle previsioni perchè con qualche mese di ritardo era stato concepito,ma nacque ed il barone gli mise nome Girolamo, come il santo eremita studioso e traduttore degli antichi testi biblici e che per maggior fede e gloria del Signore si batteva il petto con con la dura pietra.

Per quei tre anni il barone Alliata Giacomo partiva da solo dal porto di palermo, portando con se tre aiutanti di cui due sapevano leggere e scrivere ed il figlio nel cuore, e l’inquietante ricordo della moglie. (Continua…).

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