Esplode la protesta

Mazara: i familiari dei 18 pescatori tenuti prigionieri in Libia, hanno stasera assediato l’abitazione dei genitori del ministro Bonafede

La tensione era nell’aria ed era prevedibile che presto sarebbe esplosa. Stasera alla notizia della liberazione da parte del generale libico Haftar di una nave cargo turca sequestrata cinque giorni or sono dalle sue motovedette, i familiari dei 18 pescatori tenuti prigionieri in Libia, da 102 giorni, dopo il sequestro dei pescherecci Antartide e Medinea sui quali erano imbarcati, si sono radunati protestando sotto la casa dove abitano i genitori del ministro della Giustizia Alfredo Bonafede. Urla e grida ,cariche di rabbia e di angoscia, rivolte ad altissima voce al Governo contro il quale hanno lamentato l’assoluta incapacità a risolvere questa crisi. Cristina Amabilino , moglie di uno dei pescatori, ha contattato la Farnesina utilizzando il viva voce del proprio cellulare per chiedere notizie, chiedendo di parlare col ministro Di Maio, non ricevendo però notizie dall’addetto all’unità di crisi e venendo informata dell’impossibilità di parlare con il ministro degli Esteri. “E’ da 102 giorni che ci dicono di aspettare, rinviano le risposte, basta non ne possiamo più. Il ministro Bonafede non può dimenticarsi della sua gente, siamo stati calmi, ora basta, non c’è la facciamo più “. Invettive pesanti sono state indirizzate al premier Conte e al suo Governo, “Erdogan è riuscito dove il nostro Governo non è riuscito a ottenere il ritorno in Patria dei suoi 18 cittadini, lavoratori del mare”. Dalla piazza è stato rivolto un appello al Presidente Mattarella. “Noi stiamo partendo per Roma , resteremo là fino a quando i nostri padri, mariti, figli, non torneranno a casa”. In serata è circolata notizia di un processo già iniziato a Bengasi contro i pescatori mazaresi, ma la Farnesina non ha confermato. Tra i 18 pescatori, otto sono italiani, sei tunisini, due senegalesi e due indonesiani, ma a Mazara per tutti sono pescatori mazaresi: Karoui Mohamed, Daffe Bavieux, Ibrahim Mohamed, Pietro Marrone, Onofrio Giacalone, Mathlouthi Habib, Ben Haddada M’hamed, Jemmali Farhat, Ben Thameur Lysse, Ben Thameur Hedi, Moh Samsudin, Giovanni Bonomo, Michele Trinca, Barraco vito, Salvo Bernardo, Fabio Giacalone,Giacomo Giacalone, Indra Gunawan.

“Ognuno di questi nostri Amici Lavoratori del Mare – scrive in un post su Facebook Tommaso Macaddino sindacalista della UIL – da 8.640.000 secondi sono privi della Loro Libertà. Sono rinchiusi in un carcere della Città Libica di Bengasi, senza un ragionevole motivo che giustifichi 100 Giorni di prigionia da parte di un non ben definito autoproclamato governo Cirenaico che magari avrà le sue ragioni per esistere e combattere chissà quale guerra. Noi, al contrario, siamo un Popolo i cui padri Repubblicani hanno sacrificato le loro vite per renderci Liberi, e su questa libertà abbiamo costruito il rispetto e la tolleranza verso gli altri, abbiamo definito irrinunciabile il valore dell’accoglienza, abbiamo imparato che la Libertà, Il Lavoro, La Famiglia sono i pilastri di una Democrazia, che deve essere protetta e tutelata dalle istituzioni Tutte.

Su tutto ciò basiamo e costruiamo la nostra società e le nostre stesse esistenze fatte di emozioni per i figli, gioie, a volte purtroppo anche dolori, ma sempre con quella Libertà che abbiamo conquistato nel tempo. Non possiamo quindi accettare che 18 Pescatori di nazionalità diverse ma accomunati dagli stessi valori del lavoro e della libertà, siano inspiegabilmente prigionieri da 100 Giorni privati del loro mondo, delle loro famiglie, della passione per il Mare ed il loro Lavoro. Quando passano così tanti giorni, senza notizie, rischia di venir meno la fiducia in quei valori che abbiamo costruito con tanta fatica. Ma vogliamo ancora crederci in questi valori, vogliamo ancora credere nelle istituzioni repubblicane, che attraverso un intervento risolutivo è deciso, anche con la forza, ci facciano vedere, una volta e per tutte, il RITORNO a casa dai loro cari, di Karoui Mohamed, Daffe Bavieux, Ibrahim Mohamed, Pietro Marrone, Onofrio Giacalone, Mathlouthi Habib, Ben Haddada M’hamed, Jemmali Farhat, Ben Thameur Lysse, Ben Thameur Hedi, Moh Samsudin, Giovanni Bonomo, Michele Trinca, Barraco Vito, Salvo Bernardo, Fabio Giacalone,Giacomo Giacalone, Indra Gunawan, Liberateli Liberateli Liberateli”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.