L’imposta municipale unica (Imu) varata dal governo Monti non è applicabile in Sicilia. Questo perchè la Regione non ha ancora trovato l’accordo con lo Stato riguardo il federalismo fiscale. Ma i tagli ai comuni si applicano. In questo modo ai comuni siciliani verranno a mancare circa duecento milioni di euro all’anno di introiti. Una situazione che il sindaco di Alcamo e presidente dell’Anci (associazione nazionale comuni italiani) Sicilia, Giacomo Scala ha così commentato: “Per gli enti locali i tagli sono stati fissati dalla manovra in 1,4 miliardi di euro, il che significa che per i Comuni siciliani ci saranno minori trasferimenti per 200 milioni di euro ma per coprirle non possiamo applicare l’Imu, visto che a oggi la Regione non ha trovato un accordo con lo Stato e per giunta la commissione paritetica è decaduta con l’addio del governo Berlusconi e deve essere rinominata. […] I nostri bilanci sono già ridotti all’osso, non abbiamo margini di manovra.”
Per tentare di recuperare i minori introiti i comuni potrebbero aumentare le aliquote irpef. Il comune di Palermo potrebbe varare, ad esempio, il raddoppio delle aliquote, dallo 0,4 allo 0,8 %. Lo stesso potrebbe fare il governo regionale, secondo le dichiarazioni dell’assessore all’economia Gaetano Armao, innalzando l’aliquota regionale dall’1,4 all’1,7 %.
Intanto i Sindaci siciliani minacciano di restituire le fasce tricolori in segno di protesta, e il sindaco di Enna, Paolo Garofalo, ha iniziato lo sciopero della fame a oltranza finché non si troverà una soluzione per rendere possibile il rinnovo contrattuale dei 59 lavoratori Lsu impiegati al Comune, che non ha un euro in cassa e rischia di sforare il patto di stabilità.
Una situazione critica, che se non troverà una rapida soluzione rischia di lasciare i Comuni senza le risorse necessarie a garantirne il corretto funzionamento. D’altra parte, non potrebbe essere lo sprone alla ricerca di altre soluzioni per il superamento della crisi?