Il ricordo di un politico della nostra terra, che con le sue idee aveva già capito contro chi si doveva combattere per difendere Libertà e Democrazia
di Mario Gallo
Sono passati molti anni da quel lunedì 7 marzo 1983, quando mi raggiunse la notizia della scomparsa di Nino Montanti. Mi trovavo a Firenze, ma feci in tempo ad imbarcarmi in giornata su un aereo da Pisa per Palermo. A Punta Raisi trovai Valerio Valenti (l’attuale prefetto di Trieste) venuto per accompagnarmi a Trapani. Da allora, ogni anno, il 7 marzo, familiari ed amici non abbiamo mai trascurato di ricordarlo. Oggi, per il trentottesimo, Rino Giacalone mi suggerisce di stilare un ricordo da pubblicare sul suo Alqamah. Nella ricorrenza, per rinnovare l’omaggio alla memoria di un uomo che ha onorato la sua terra, penso che possa essere significativo e “definitivo” quanto da me scritto, la cronaca di quella giornata e della successiva, pubblicato un paio di settimane dopo su Trapani Nuova. Qui di seguito ne riprendo una parte.
Nino è là!
Non correre, aspetta, parliamo un poco. Che fai? i tuoi come stanno? che si dice?
Nino è là! -..
Non correre, aspetta, parliamo ancora •••Punta Raisi, Balestrate, Alcamo, Castellammare: la macchina, inesorabile, macina chilometri su chilometri, e l’immagine si staglia sempre più incombente, lacerante.
Nino è là!
…Segesta, Fulgatore, Trapani, le Fontanelle, il Passo dei Ladri, il Circolo Mazzini, e poi la folla di amici traversata d’impeto.
Ecco, Nino è qua, davanti a te, composto sul letto di morte coronato di tralci d’edera, con alle spalle il busto di Mazzini: il dramma della realtà ora è andato in scena e si conclude. Un fiotto di lagrime, un singhiozzo: inginocchiati è il tuo migliore amico; quello che hai conosciuto fra i banchi di scuola; quello che hai avuto compagno di ·fede negli anni lontani della giovinezza vissuta nella religione dell’ideale e nel calore dell’amicizia, un’amici-zia che nella lontananza e per la lontananza era destinata a costituire la piattaforma cui ancorare i ricordi più belli, i sogni inappagati del passato e le residue speranze del domani; quello che ritrovi ora senza vita, che non ti può più stringere a se come quando ti dava il fraterno benvenuto nella sua ospitale casa per le vacanze estive o come quando, sul buio vialetto della sua casa di Valderice, cercava con ogni pretesto di rimandare il doloroso abbraccio della partenza.
Immobile, nel composto distacco della morte. Devi ·convincerti che è finita, che non si sveglierà perché tu possa dargli il tuo saluto, per chiacchierare con lui, per stargli accanto in silenzio, quei lunghi silenzi così intimi, così raccolti, così eloquenti, che davano il senso di un rapporto saldo, pieno, collaudato dal tempo e nel tempo.
Nino è qua!
Attorniato dalla sua sposa, da suo padre, dai suoi figli, dai suoi fratelli, dai suoi cari, a ciascuno dei quali in un affannoso abbraccio cerchi di trasmettere la forza del tuo affetto, unito a quello dei tanti altri amici che smarriti siaggirano nella sala, un soffio d’amore che valga a far loro accettare la dolorosa realtà dello sposo, del figlio, del padre, del fratello, del congiunto che li ha lasciati.
Il freddo rigore della morte è sceso sul suo volto, ma non ha cancellato, anzi gli ha come suggellato il sorriso della giovinezza sfumandolo in un’espressione di serenità, di pace, solenne, distaccata, sicché puoi soffermarti e tornare a rimirarlo, alternando le immagini della vita e della morte, finché questa serenità senti scenderla anche in te, ristoratrice, purificatrice.
Nino è qua!
Qualcuno frattanto gli ha attaccato una foglia d’edera all’occhiello della giacca.
Nella lunga notte della veglia scorre il ricordo della sua vita, di quella che hai conosciuto da vicino, di quella che hai appreso da lui o da altri, di quella che puoi solo ricostruire o intuire, la vita di quell’uomo che in fondo alla sala ora giace immobile e col quale vivi in un muto dialogo la lunga notte delle memorie lontane e vicine.
Nino è qua!
Fuori è l’alba, l’alba di una fredda e limpida giornata di sole. Esco a ripercorrere il breve tratto di strada in cui è stata, si può dire, circoscritta questa sua vita così brutalmente interrotta: là, in fondo, alla Madonna, la prima sedé.
del Circolo Mazzini , quella in cui sono custodite le nostre memorie giovanili; qua, al Passo dei Ladri, il nostro vecchio semaforo assurto a simbolo di quella nostra piccola comunità di giovani; poco più in là, la sua casa, il sacrario dei suoi affetti più cari; poche decine di metri più avanti, la prima sede repubblicana del dopoguerra, che lo vide intraprendere la strada del repubblicanesimo, percorsa giorno per giorno, fino ad ieri notte, con lo stesso incedere agile, sicuro, misurato, senza soste.
Si è fatto giorno e ricomincia l’ininterrotto pellegrinaggio della folla: gli amici, molti venuti anche da fuori, la gente anonima, la gente del popolo di casa nostra che in lui aveva trovato e riconosciuto un amico sincero, le delegazioni dei partiti ·politici, il vecchio professore del liceo, un comune compagno di scuola, tanti volti contratti, commossi, sinceramente addolorati, il grido soffocato di un uomo che in lui aveva trovato comprensione ed aiuto: Ninu meu ! una sosta, una carezza, un segno di croce: l’ultimo omaggio all’ uomo onesto universalmente stimato, una firma in memoria di Nino Montanti, ”il cuore pulsante del repubblicanesimo puro”.
E poi si sgrana, inesorabile, il rituale del congedo definitivo, senza pompa, senza fanfare e bandiere, nessuna messinscena: la commossa commemorazione di Enzo Giacalone; tanti fiori; la bara portata a spalle fino alla Basilica dell’Annunziata; la semplice cerimonia funebre; il percorso fino al Cimitero sotto la sferza della gelida tramontana nello scenario della Borgo che lo ha visto crescere, lottare, trionfare e ora, sgomenta, gli tributa. l’ultimo saluto; le tristi incombenze finali; la tumulazione.
Borgo, il giorno dopo: la platea è vuota, Nino non c’è più.
La desolazione del Circolo Mazzini ( quello che sarà la Sezione PRI “Nino Montanti”),nel quale alla chetichella si ritrovano pochi amici, attoniti, quasi a continuare la veglia nella sala che ha ripreso il consueto assetto. Borgo, il giorno dopo:
Nino non c’è più.