Operazione “Brother”: quel business per i pm nelle mani dell’on. Norino Fratello
Proprio oggi che è tornato di attualità il tema dei migranti, con le intercettazioni emerse dall’inchiesta sulle Ong, la notizia sul rinvio a giudizio dell’ex deputato regionale Norino Fratello e di altri 12 indagati, a proposito di business fatto attraverso l’accoglienza, dovrebbe dimostrare che in Procura a Trapani non albergano teoremi contro migranti e accoglienza, e che l’attività nel tempo, condotta dai diversi procuratori della Repubblica, è stata finalizzata a colpire reati e non a sostenere tesi pre costituite. Quello che comincerà il prossimo 5 maggio dinanzi al Tribunale di Trapani è un processo interessante e che andrà seguito bene dalla stampa e in particolare da quella stampa che oggi si presenta fiera nei rapporti con le Ong. Fino ad oggi per la verità abbiamo visto poca attenzione. L’indagine venne fuori nell’estate del 2018 e a parte i primi giorni di luglio di quell’anno dedicati al clamoroso arresto dell’ex deputato Fratello, è poi scomparsa dalle cronache nazionali, restando relegata a quelle locali e non sempre. E’ invece una indagine della quale occuparsi, e che va raccontata ai lettori. Una inchiesta dei Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani e in particolare del Reparto e Nucleo Operativo all’epoca comandanti rispettivamente dal tenente colonnello Antonio Merola e dal capitano Diego Berlingieri, che fece scoprire le mani della politica del malaffare sull’accoglienza dei migranti diventata per certuni un lucroso business. Politici trovati con le mani della marmellata, spregiudicati nello sfruttare i drammi dei migranti. Fu chiamata operazione “Brother” dal cognome del principale indagato finito in manette, ex deputato regionale dell’Udc, l’alcamese Norino Fratello: 57 anni, laurea in Economia e Commercio, funzionario dell’Inail di Trapani, ma in aspettativa da qualche tempo per una cattedra di insegnamento ottenuta presso l’Università di Salamanca. Uomo noto alle cronache giudiziarie siciliane. Nel 2006 mentre era deputato al Parlamento siciliano patteggiò una condanna a 18 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Poco tempo addietro ha ottenuto la riabilitazione. Di lui si dice essere un personaggio ben addentro a certe cose, per la vicinanza anche alla potente massoneria trapanese. E a quella massoneria “fatta in casa” che è venuta fuori in un’altra indagine, denominata “Artemisia” e dove principale indagato è un alto ec deputato regionale, il medico di Castelvetrano Giovanni Lo Sciuto. L’indagine “Brother” ha scoperchiato il business illegale dietro la gestione nel trapanese di alcuni centri di accoglienza per i migranti. Le accuse, che i pm hanno tratto da una voluminosa e documentata informativa dei Carabinieri di Trapani, per 14 indagati furono quelle di intestazione fittizia di beni e bancarotta fraudolenta, lo sviluppo delle indagini ha fatto emergere inoltre intralcio alle indaginim, estorsione, indebita percezione di fondi pubblici e truffa allo Stato, omesso versamento di contributi. Centinaia di migliaia di soldi pubblici finiti inghiottiti da certe onlus e cooperative. Le sedi di queste associazioni anche in ex Ipab, i disciolti istituti di assistenza e beneficenza, finiti, come nel caso di un istituto di Castellammare del Golfo, nella disponibilità gratuita di una delle coop dell’onorevole Fratello. La coop non pagava affitto ma avrebbe percepito i rimborsi dalla prefettura. Gli intrallazzi di Fratello nell’accoglienza dei migranti per la prima volta vennero fuori dalle intercettazioni sull’ex direttore della Caritas, don Sergio Librizzi, che si offriva per raccomandare i migranti in attesa di asilo politico in cambio di prestazioni sessuali. Intercettato all’epoca dai forestali della sezione di pg, don Librizzi, condannato frattanto a 6 anni, spesso fu ascoltato a parlare di immigrati e centri di accoglienza proprio con l’on. Fratello, il cui nome però non compariva mai in nessuna delle coop che gestivano i centri. Chiacchiere e discussioni che hanno squarciato uno scenario incredibile. Ci sono state nuove intercettazioni e sequestri di documenti, e così i carabinieri coordinati dai pm Morri, Tarondo e Urbani, quando Procuratore era Alfredo Morvillo, hanno approfondito in modo meticoloso gli affari in mano all’on. Fratello, scoprendo gli intrecci e rassegnando infine ai magistrati un quadro fatto di elevati profitti guadagnati, secondo le accuse, dalla cricca che faceva capo all’ex deputato, sulla pelle degli immigrati ospiti dei centri gestiti da cooperative talvolta farlocche, sfruttando i fondi messi a disposizione dallo Stato per l’accoglienza. Business ricavato dai drammi di centinaia di essere umani, che sfuggiti allo sfruttamento nelle loro terre, da noi hanno ancora trovato altro sfruttamento, almeno quelli transitati per i centri di accoglienza gestiti dall’ex politico. L’operazione ha consentito di documentare le condotte illecite poste in essere dall’ex deputato Fratello che però per i suoi precedenti giudiziari non gestiva direttamente le cooperative finite sotto inchiesta. L’escamotage utilizzato dall’ex onorevole è stato quello di intestare fittiziamente quote e cariche sociali nell’ambito delle cooperative per l’accoglienza di migranti, a lui riconducibili, a terzi soggetti, suoi prestanome, garantendosi il duplice vantaggio di occultare i proventi derivanti dalle attività economiche e di evitare di comunicare le variazioni patrimoniali, conseguenti a tali partecipazioni, come imposto dalla legge ai soggetti condannati per il delitto di associazione di tipo mafioso. Agli atti dell’indagine la confessione fiume di uno dei prestanome, Lorenzo La Rocca, un ex idraulico, che per un decennio ha gestito sulla carta una delle coop finita sotto indagine, la coop Letizia, una cooperativa che era già comparsa all’interno di quell’indagine antimafia che portò Norino Fratello a patteggiare anni addietro la sua condanna, su appalti pilotati per la gestione di servizi di assistenza sociale, cooperative che gli servivano a comprare voti dalla mafia cui concedeva posti, assumendo soggetti indicati dalla cupola mafiosa locale. Per indurre La Rocca a ritirare la querela emissari dell’on. Fratello andarono a minacciare il suo avvocato Josè Libero Bonomo, che guarda caso si trovò al centro di una indagine dopo la querela di una sua ex assistita. Inchiesta che si capovolse e ha visto condannata l’avvocatessa Sanna quale ispiratrice delle manovre contro il collega Bonomo. Cooperative, affari e politica nell’impegno mai fermatosi dell’onorevole Norino Fratello che nel 2008 non potendosi ricandidare alle regionali lanciò in pista il fratello, Salvatore, classe 1972, anche lui tra gli odierni indagati dell’operazione Brother: i volantini distribuiti in campagna elettorale ovviamente mancavano del nome di battesimo del candidato e per un pugno di voti Fratello jr non acciuffò il seggio.