Il dibattito sull’unione di Trapani con Erice

L’Opite: l’ex vice presidente dell’Ars Camillo Oddo parla dell'”area vasta”

Nel mio percorso di vita personale e pubblico ho imparato che, quando qualcuno risponde alle tue argomentazioni con un falso sarcasmo e con il percorso più semplice della polemica, quel qualcuno è costretto a farlo perché nasconde la vera natura delle sue ragioni, perché quasi sempre è in malafede e soprattutto perché è a corto di argomenti veri e sostanziali. Concordo con Giovanni De Santis quando dice che sul tema dei nuovi confini e delle soluzioni in campo, oggetto di ampio dibattito da qualche tempo, ci sia chi è più competente ed autorevole di lui. Su questo punto non ci sono dubbi. Ha pienamente ragione. Il suo errare comincia invece quando prova strumentalmente ad entrare nel tema affidandosi anche ad un post su facebook. Tanto che mi costringe a fare una prima premessa.

 Il contributo che ho voluto dare con la mia prima lettera aperta ai Direttori degli organi di informazione non intendeva delegittimare le opinioni altrui. Ho soltanto posto una priorità che non è quella della minimalista fusione o della rinnovata – e per certi aspetti interessante – proposta di rettifica, ma la definizione di un programma di sviluppo di un territorio che stava già male prima della pandemia e che rischia di essere tagliato fuori dalla ripartizione delle ingenti risorse per la ripresa e non solo.

 Soltanto un progetto di Area Vasta, che coinvolga tutte le realtà territoriali può dunque rispondere a questa esigenza. Inviterei a seguire e ad approfondire il lavoro che sta svolgendo in queste settimane il Presidente dell’ANCI Sicilia Leoluca Orlando. Inviterei a considerare con attenzione il suo impegno con le altre ANCI del Sud, la sua richiesta di un tavolo tecnico a tre: governo nazionale, regionale ed autonomie locali. Ed anche il suo allarme sulla discrasia tra leggi nazionali e regionali che potrebbero essere un impedimento per l’utilizzo dei fondi. Aggiungo e concludo la premessa, che ho sempre inteso il progetto di Area Vasta non alternativo a ragionevoli rettifiche, ma prioritario. Detto questo, non posso non affrontare e smentire le argomentazioni pretestuose di De Santis che, purtroppo, richiedono una seconda premessa considerata la dotta ignoranza di colui che mi invita, fra l’altro, a stare zitto.

 La cosiddetta legge Crocetta, che tanto sollazza, il mio interlocutore, diventa legge della Regione il 4 Agosto del 2015, n.15 e conclude un percorso iniziato da due precedenti leggi: 7/2013 e 8/2014. La 15/2015 viene parzialmente impugnata dal Governo nazionale e finisce davanti alla Corte Costituzionale perché ritenuta non perfettamente in linea con la legge nazionale, la Delrio n. 56/2014. L’ARS “adempie” e mette in campo le leggi regionali 28/2015, 5/2016, 8/2016, 15/2016 e 23/2016 che fanno scrivere alla Corte Costituzionale quanto segue: “Può, dunque, dichiararsi cessata la materia del contendere in ordine a tutte le questioni proposte con il ricorso del Governo nazionale”. Nel frattempo si va di commissario in commissario. La miope grande trovata del centro destra siciliano, che riesce a trovare i numeri in Assemblea, è, invece, la legge n. 17/2017 con la quale “l’illuminata” maggioranza, che si crea per l’occasione, modifica la l.r. n.15/2015 tentando di reintrodurre l’elezione diretta degli organi dei Liberi Consorzi. Legge regolarmente impugnata dal Governo nazionale ed esaminata dalla Corte Costituzionale che conclude in questi termini: “si ritiene che ricorrano le gravi ragioni che giustificano la sospensione dell’efficacia della legge regionale in esame”. Il Giudice delle leggi si pronuncia con sentenza n.168/2018. Con la legge regionale n. 23/2018 l’Assemblea approva le norme che riallineano la Sicilia alla riforma economico-sociale nazionale superando i rilievi d’incostituzionalità. Un’altra lunga premessa per sottolineare le gravi responsabilità di un centro destra siciliano “tutto chiacchere e distintivo”.

 Detto questo, vengo al nocciolo della questione che pongo e che nessun sprovveduto De Santis ha il diritto di dileggiare. Il sistema di Area Vasta non è mio ghiribizzo ma fa parte dell’architettura istituzionale del nostro Paese. In democrazia, vale anche per facebook, contano le leggi. E le leggi nazionali e regionali vanno in questa direzione.

 L’Ente intermedio di Area Vasta consente ad un territorio di presentarsi con un progetto unitario e voce omogenea. Il confronto, a volte sempre più scontro, è sì politico, ma è sempre più segnato dalla capacità dei territori di fare sistema con una visione strategica. Per essere chiaro: vale a poco avere un Comune capoluogo di 80.000 abitanti e poi non essere in grado di entrare nei meccanismi istituzionali che definiscono la ripartizione delle risorse, che danno il senso ed il significato dello sviluppo di una Regione, di un Paese. Il sistema di Area Vasta consente di definire una programmazione in settori strategici – servizi essenziali, valorizzazione delle risorse naturali, viabilità, mobilità, infrastrutture ed altro ancora – che i singoli Comuni non sono in grado di sviluppare. Del resto, i mai contestati Distretti, Flag, Unioni e Consorzi vari, non testimoniano la stessa cosa? Non indicano la necessità di fare sintesi, contenere i costi a vantaggio degli amministrati e definire una strategia comune? La legge sui Liberi Consorzi/Area Vasta è la chiave di volta. Gli organi sono commissariati, ma l’Assemblea Provinciale dei Sindaci, organo fondamentale dell’Ente territoriale di Area Vasta, può assumere in pieno la sua funzione di cabina di regia per definire il PTC, che concorrerà a definire il Piano Territoriale Regionale e a sua volta il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza. Ogni giorno perso nel garantire la piena attuazione delle norma per una vera ed essenziale programmazione dal basso, è una responsabilità in più a carico della fallimentare esperienza del Governo Musumeci.

 In tale direzione sarebbe un bene che il Governo della Regione, gradito a De Santis, dismettesse i panni dell’inconcludenza e del propagandismo becero seriamente privo di senso delle Istituzioni. Il sistema dell’Area Vasta può dunque essere l’architrave di un nuovo sistema istituzionale di relazioni e di coordinamento in grado di armonizzare risorse, progettualità e priorità di un territorio. E’ una sfida che dobbiamo essere pronti ad affrontare, perché gli altri lo stanno già facendo e non attenderanno la conclusione delle nostre polemiche barocche, del nostro modo di vedere il territorio con la riga per tirare la linea dei confini. Il sistema di Area Vasta, prima ancora che un progetto politico, è svolta culturale. Rappresenta la capacità di comprendere i nuovi equilibri che impongono di pensare globale per agire bene nel locale a vantaggio di reali benefici per i cittadini. E chi si attarda a non voler discutere con un atteggiamento da piccolo solone spocchioso, finirà per rendersi responsabile di una sconfitta storica. Responsabilità, ancora più grave, per chi, a torto o a ragione, punta o pensa di proporsi come “nuova” classe dirigente. Le velleità politiche personali sono sempre legittime in regime democratico. La miopia politica o peggio ancora la disonestà intellettuale non possono invece avere cittadinanza in una fase così eccezionale quanto esaltante per il nostro comune futuro. Infine, per quanto concerne il resto degli “alti” contenuti espressi dal De Santis nei miei confronti mi sento solo di rispondere con una frase di Totò nel film -Totò a colori – di Steno: “ma mi faccia il piacere”.

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