Tribunale, un “palazzo” che non regge il tempo

Crollo nell’aula bunker, la Camera Penale in agitazione

Esplode un tubo dell’aria condizionata e nello stesso momento il Palazzo di Giustizia praticamente è inagibile. Il guasto ha avuto conseguenze che per fortuna non sono state più gravi perchè accaduto nella serata di domenica. Ha infatti causato un crollo di pannelli nell’aula bunker “Giovanni Falcone”, se fosse avvenuto durante un’udienza certamente qualcuno poteva restarne in qualche modo vittima. Ieri sono stati apposti i sigilli all’aula, i processi sono stati trasferiti in altre aule, oggi l’udienza del processo “Scrigno”, dove vi sono imputati accusati di associazione mafiosa, è destinato ad essere rinviato. L’aula infatti è l’unica attrezzata all’interno del Tribunale di Trapani per le video conferenze, e essendoci imputati soggetti al 41 bis per i quali è prevista la video conferenza, il dibattimento non potrà svolgersi non potendo assicurare a tutti gli imputati la partecipazione. Ci sarebbe l’aula bunker “Giuseppe Montalto”, quella allestita all’interno del carcere di Trapani, ma i soldi stanziati per la sua ristrutturazione ancora non sono stati spesi e quindi aula inutilizzabile. Nel giro di pochi anni torna quindi ad esplodere l’emergenza al Palazzo di Giustizia di Trapani, circa 10 anni addietro furono eseguiti interventi tampone, alcune aule erano inagibili, alcuni uffici sono rimasti tali, l’attività è andata avanti per spirito di sacrificio di giudici, magistrati e avvocati. Per diversi mesi sono rimasti fermi gli ascensori , sono stati cambiati, ma la loro efficienza ancora oggi non è raggiunta, e quindi restano solo le scale, una bella fatica quando c’è da arrivare a sesto piano dove tengono udienze gip e gup, non meno problematico poi spostare i carrelli con i fascicoli processuali. Il Palazzo di Giustizia di Trapani non sfugge oramai ad una assurda regola del nostro Paese e della Sicilia, dove resistono i ponti costruiti in epoca di dominio romano , ma cadono invece pezzo dopo pezzo le costruzioni di epoca moderna. Chissà se un giorno qualcuno ci spiegherà davvero bene questo mistero. E non sfugge poi nemmeno allo stato dei nostri Tribunali, spesso luoghi davvero pericolosi a frequentarsi a causa della situazione edilizia bislacca. Ieri a Trtapani con la temperatura che all’esterno ha sfiorato i 40 gradi, all’interno del Tribunale praticamente è stato difficile portare avanti l’attività lavorativa, dopo che ovviamente il guasto all’ariva condizionata è fermato l’intero impianto. Cosa fare? Probabilmente dieci anni addietro non fu sbagliato il pensiero da parte di qualcuno che era meglio demolire il palazzo per realizzarne uno nuovo, ma il ministero della Giustizia non aveva i fondi necessari, ha preferito spendere parecchi soldi per la ristrutturazione che alla fine non è stata completa. C’è tempo per riprendere questa proposta? Forse sarebbe il caso di tentare, nel frattempo invitare il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria a spendere i finanziamenti messi a disposizione per l’aula bunker “Giuseppe Montalto”. Per il resto lasciamo che a parlare sia la Camera Penale col documento diffuso ieri pomeriggio e inviato al Capo dello Stato, ai presidenti dei due rami del Parlamento, al presidente del Consiglio e al ministro della Giustizia, ai vertici degli uffici giudiziari e a quelli dell’avvocatura.

Nella notte tra domenica 20 e lunedì 21, all’interno dell’aula bunker del Palazzo di Giustizia di Trapani, sono crollati i pannelli del controsoffitto; crollati sui banchi dove, poche ore dopo, avrebbero trovato posto i giudici, i pubblici ministeri, gli avvocati, il personale di cancelleria e i cittadini.

L’aula è inagibile e chiusa per gli interventi urgenti richiesti dalla Presidenza del tribunale e votati dalla commissione permanente nella quale siede, con diritto di voto, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

Intanto, domani, il processo c.d. Scrigno (mafia e voto di scambio) non si potrà celebrare: a Palazzo di Giustizia di Trapani non vi è un’altra aula idonea a garantire il video collegamento da remoto degli imputati detenuti nelle carceri di massima sicurezza. Al momento in cui scriviamo non sappiamo quando potrà riprendere in sicurezza il processo, perché l’unica alternativa – l’aula bunker Montalto presso il carcere di Trapani – è ormai chiusa da anni nonostante il Ministero abbia finanziato le opere di ripristino. Pare che per metterle in cantiere occorra risolvere complicate faccende burocratiche sulle quali, da oltre un anno e mezzo, lavora alacremente il Provveditorato regionale.

Per il resto, oggi, domani e nei giorni a seguire, le attività a Palazzo di Giustizia procederanno nella norma: per salire i piani (sei) occorrerà affidarsi alla sorte e augurarsi che gli ascensori funzionino regolarmente (uno, quello nuovo, è bloccato da procedure burocratiche e legali per inadempienza della ditta che lo ha installato; gli altri due funzionano secondo criteri random – a volte sì, altre volte no – nonostante gli argani nuovi e il rivestimento sostituito pochi mesi fa). Consoliamoci; faremo moto salendo a piedi. Appena in aula, poi, saremo accolti da un’atmosfera tropicale: l’impianto di condizionamento, già obsoleto e mal funzionante, è ora fermo perché responsabile del crollo del soffitto dell’aula Falcone.

Nell’attesa del nostro processo potremo però fare una passeggiata nel giardino pensile del Palazzo: al sesto piano un arbusto spontaneo ha creato una piacevole area di verde; lo si può ammirare stando a testa in sù o, se preferite, è possibile contemplare la radice al contrario (fa bella mostra di sé lungo cinque metri di altezza, tra i fascicoli).

Nulla di preoccupante, come si vede.

Del resto, la commissione permanente ha votato perché l’attività prosegua, confortata dalle relazione dei tecnici intervenuti che rassicurano sui controlli: saranno eseguiti e in tempi rapidi.

I pannelli esterni che rivestono la struttura del Palazzo, anch’essi oggetto di controllo ormai richiesto da mesi, non rischiano di cadere sui cittadini e sui loro avvocati, protetti dalla pensilina recentemente ristrutturata. Per prudenza, consigliamo però a tutti quanti hanno accesso al parcheggio del Tribunale (magistrati, personale amministrativo e ordine degli Avvocati), di tenersi a distanza.

Nel 2005 – Presidente del COA l’Avvocato Alberto Sinatra – l’Avvocatura trapanese si astenne ad oltranza dalle udienze e rifiutò l’accesso al Palazzo, che venne trasferito altrove e ristrutturato – si fa per dire – da cima a fondo con lavori dei quali si interessò anche la Magistratura inquirente, prima che intervenisse la prescrizione.

Sempre in quell’anno si ricorda un’autorevole ordinanza del collegio penale, presieduto dal dott. Vincenzo Pantaleo, che respinse la richiesta della Procura di Trapani. Quest’ultima, pur condividendo e anzi appoggiando le ragioni della protesta dell’Avvocatura, aveva chiesto la trasmissione degli atti per verificare se l’astensione ad oltranza integrasse gli estremi di qualche reato. Non se ne fece nulla, perché il tribunale rigettò la richiesta, confermando la piena legittimità dell’astensione proclamata dall’Avvocatura a tutela dei cittadini presenti nel Palazzo di Giustizia, dei magistrati, del personale di cancelleria e degli avvocati.

Oggi la situazione del Palazzo di Giustizia di Trapani è quella di sedici anni fa: seppur lodevoli e incessanti siano stati gli sforzi della Presidenza per migliorare le condizioni statiche e di decoro della struttura, questa ha sedici anni di anzianità in più. Il palazzo è un’anziana signora che non nasconde i suoi difetti: ruggine a vista sui pilastri, crepe nei cornicioni esterni lato sud ed est, soffitti che cadono per la pressione dell’acqua del sistema di condizionamento, infiltrazioni d’acqua sul tetto del sesto piano (è escluso che si tratti del sistema di irrigazione che ha dato vita all’arbusto di cui sopra).

Nulla di cui preoccuparsi, ci dicono. Almeno fin quando qualcuno non si farà male e, Dio non voglia, ci scapperà il morto: non avremmo neppure il luogo dove celebrare il processo.

A proposito di processo, mentre assistiamo alle magnifiche sorti e progressive della riforma a spese dell’Europa – più correttamente delle generazioni dei nostri figli e dei nostri nipoti, ndr -, e mentre inseguiamo il mito populista dei processi conclusi in quattro anni, domani, come dicevamo, non si potrà celebrare l’udienza di un importante processo di mafia. E neppure si sa quando esso potrà riprendere il suo corso. Poco importa, a quanto pare, che gli imputati rimangano detenuti e in attesa di giudizio, che un alto graduato dell’Arma dei Carabinieri sarà ancora una volta distolto dalle sue attività investigative e che i cittadini non potranno vedere pronunciata la sentenza in loro nome e in tempi ragionevoli. La colpa della lungaggine dei processi, si sa, è degli avvocati.

In fondo, cosa volete che sia accaduto? È esploso un tubo del sistema di condizionamento e crollato il soffitto! Cose che capitano. Meglio se nottetempo …

Del fatto che manchi un’alternativa e che non si spendano i soldi già stanziati, è faccenda che non interessa l’amministrazione dello Stato ma, a quanto pare, solo la presidenza del Tribunale, i Magistrati, gli Avvocati e i Cittadini che nel frattempo continueranno a lavorare nelle condizioni che, senza alcuna enfatizzazione, abbiamo prima descritto.

A quando un moto di sano orgoglio da parte dell’Avvocatura?

La Camera Penale di Trapani, intanto, proclama lo stato di agitazione e riserva alle determinazioni della propria assemblea, già convocata per mercoledì 23 giugno prossimo, l’adozione di ulteriori iniziative.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.