Una donna contro la mafia VIDEO

A 29 anni dalla strage di via D’Amelio, l’Anm di Trapani sceglie il teatro per ricordare Paolo Borsellino e con lui chi contro Cosa nostra si è ribellato, come Francesca Serio la mamma del sindacalista Turi Carnevale ucciso nel 1955. “Dagli anni 50 quel filo rosso di una infinita criminale trattativa”

Il messaggio chiaro: combattere e denunciare la mafia possibile. Il teatro, il racconto, le parole e la musica per sollecitare la società civile a impegnarsi contro il fenomeno mafioso sono risultate, lunedì sera, di grande impatto nell’appena riaperta “bomboniera” teatrale della Casina delle Palme a Trapani, appena uscita dal restauro. L’Anm di Trapani ha scelto così di ricordare le vittime della strage mafiosa di via D’Amelio, il magistrato Paolo Borsellino e i suoi agenti di scorta, Emanuela Loi, Walter Cusina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina, dilaniati dal tritolo mafioso. Era il 19 luglio del 1992, 29 anni addietro. Le indagini e i processi per questa strage, segnati da gravissimi depistaggi, da ombre inquietanti, hanno oggi cominciato a delineare dei contorni, ancora non definiti, ma che portano il movente della strage a una oscura trattativa tra mafia e pezzi (di merda) dello Stato. Indagini che hanno fatto scoprire anche che c’è stato chi poteva denunciare e non l’ha fatto, assieme a chi è andato a sedersi al tavolo con i capi di Cosa nostra, per togliere di mezzo un magistrato, Paolo Borsellino, diventato ancora più scomodo dopo l’uccisione di Giovanni Falcone, avvenuta appena 55 giorni prima di quel 19 luglio, a Capaci.

Stragi quelle del 1992 unite dalla stessa terribile ragione, chiudere con quella stagione di indagini che stavano per addentrarsi nelle stanze di un potere criminale, il risultato di intrecci che erano cresciuti in Sicilia e diffusi nel resto dell’Italia, amalgamati da quella massoneria che oggi resta il convitato di pietra e tutto questo già sin dal dopoguerra.

 

L’Anm ha portato in scena la storia di Francesca Serio, la mamma del sindacalista Turi Carnevale, ucciso dalla mafia a Sciara (Palermo) il 16 maggio del 1955. Si tratta della proposizione teatrale tratta dal libro scritto da Franco Blandi, “Francesca Serio. La Madre” (Navarra editore).. Una produzione artisti casotto il titolo “Sciara”– prima c’agghiorna”, con la drammaturgia scritta da Luana Rondinelli, con i Musicanti di Gregorio Caimi e Luana Rondinelli. Il filo conduttore proprio quello della mafia siciliana da sempre capace di “una interlocuzione con i poteri” dice il presidente della sezione dell’Anm di Trapani, giudice Giancarlo Caruso. E’ vero cambiano i tempi, cambiano gli interessi illeciti, illegali e criminosi da perseguire, ma in questa Sicilia le cose continuano a funzionare in questo modo. E spesso manca la denuncia, spesso ci sono Bello di turno (dal nome del capitano dei Carabinieri protagonista del libro di Sciascia, “Il giorno della Civetta”) che si vedono scippare e stoppare le loro indagini, perché’ così il potente resti intoccabile. Ed la fotografia che esce dal “Gattopardo” che continua a “regnare” su questa terra, «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», la frase che Giuseppe Tomasi di Lampedusa fa dire al principe Tancredi che cos spiega la necessità di candidarsi al Parlamento del Regno d’Italia, distaccandosi dalla storia che aveva visto la sua famiglia forte espressione di potere nel Regno delle Due Sicilie. Viene così da ricordare ciò che è accaduto a Capaci, non nel 1992 ma pochi anni addietro, la storia di un luogotenente dell’Arma, Paolo Conigliaro, che dopo avere scoperto colleghi invischiati con il malaffare, si visto punito e trasferito per iniziativa di alte sfere militari, sotto processo per diffamazione davanti al Tribunale Militare di Napoli, dove le prove dell’accusa portate in giudizio, e raccolte dai querelanti sono risultate false che anche un giovane alle prime esperienze con il computer avrebbe potuto ben scoprire. Anche questo un pezzo di storia della Sicilia, con l’imprenditoria criminale capace di infiltrarsi dentro amministrazioni comunali e corpi investigativi. A Capaci dove ancora chi vuole può sentire il “botto” di quel 23 maggio del 1992, recente indagini concentrate su Comuni viciniori, hanno dimostrato che Conigliaro non si era inventato nulla e certi boss mafiosi andavano a braccetto con chi, per i ruoli pubblici ricoperti, vicino a loro non poteva stare. E tanti altri esempi potremmo portare a proposito del cambiamento che in Sicilia si tentato in tutti i modi di fermare. Come la storia del commercialista Luigi Miserendino, da sempre vicino alla Procura, in particolare quella di Trapani, a proposito di gestione di beni sequestrati e confiscati, e finito in un tritacarne che lo ha visto arrestato e poi definitivamente assolto in due gradi di giudizio e l’ultima volta con la stessa accusa che ne ha chiesto l’assoluzione. Era stato accusato di avere fatto accordi con un imprenditore palermitano, di avere gestito le aziende a lui confiscate secondo gli ordini dell’imprenditore arrestato e condannato per mafia, la Procura di Palermo quando indagò su Miserendino non si accorse per una strana forma di cecità, delle relazioni di Miserendino che raccontavano ben altro. Anche qui un segnale brutto, magistrati e investigatori poco attenti, una indagine che ha il sapore di un’azione premeditata per colpire più Miserendino che l’imprenditore colluso. L’obiettivo come per Conigliaro anche per Miserendino è stato raggiunto, il cambiamento fermato, e la confusione trasmessa all’opinione pubblica, con i soliti che hanno trovato dinanzi alle indagini spalmate sui giornali occasione per sparlare più dell’antimafia che della mafia, e scegliere poi il silenzio dinanzi alle assoluzioni. Ed la storia di Francesca Serio ruppe la tradizione dell’omertà cresciuta sui monti dei Nebrodi e che denunciò chi gli aveva ucciso il figlio le cui lotte sindacali davano fastidio ai latifondisti, e Turi Carnevale fu ucciso dai campieri della principessa Notarbartolo. Campieri pronti a tutto, come i famigerati Messina Denaro di Castelvetrano, campieri nelle terre di latifondisti trapanesi come i D’Ali’. Legati a Riina e Provenzano, i Messina Denaro che sono risultati interlocutori con la politica non solo locale. La storia di Francesca Serio ci dice ancora oggi che la rottura di determinati stereotipi non del tutto avvenuta, i casi di donne che denunciano i portatori di morte si contano sulle dite di una mano, vengono da ricordare Rita Atria, la “picciridda” di Partanna che affidò a paolo Borsellino i segreti mafiosi carpiti dalle discussioni del padre e del fratello, uccisi in una faida a Partanna, Felicia Impastato che a Cinisi aiutò il figlio Peppino a combattere la mafia capeggiata da Tano Badalamenti e che c’era anche nella loro famiglia, o ancora Giovanna Galatolo, la figlia del boss Vincenzo, nella cui casa di vicolo Pipitone a Palermo vennero decisi decine di omicidi e stragi eccellenti, come quella di Pizzolungo, a Trapani, del 2 aprile 1985.

Le parole del testo messo in scena, sono quelle migliori per dire come spesso nella lotta alla mafia è mancata la società civile, ma spesso il marciume stato possibile ritrovarlo anche in certi ambienti dei Palazzi di Giustizia. Gli autori del delitto di Turi Carnevale condannati in primo grado furono assolti in Cassazione, un processo che qualcuno riuscì a far celebrare fuori dalla Sicilia e nel quale a contrapporsi furono due celebri avvocati, diventati poi Presidenti della Repubblica, Giovanni Leone che difese gli imputati e Sandro Pertini che rappresentò la parte civile e quindi Francesca Serio. Il libro di Franco Baldi una testimonianza storica di quei fatti del 1955. Lunedì sera alla Casina delle Palme si è raccolto un folto pubblico, tra loro anche Franco Baldi. Luana Rondinelli e i Musicanti hanno fatto il resto, nomi di grande richiamo. Lotte per il lavoro, lo strapotere padronale e quello mafioso, ben raccontati con un linguaggio drammaturgico armonizzato con la testimonianza storica, si raccolgono nella realtà seguendo un filo sporcato dal sangue di tanti morti ammazzati, uccisi perché inseguivano, ognuno dal loro posto, il desiderio di libertà, non solo per loro ma per tutta la gente onesta di questa terra.

Abbiamo avuto un’ altra bella risposta di pubblico come accaduto già l’anno scorso alla Villa Margherita- dice il giudice Giancarlo Caruso che guida l’Anm trapanese – non dico che ci ha sorpresi perché’ è anche vero che si è vista un’opera teatrale che sebbene non tutti conoscevano, il pubblico è certamente stato attirato dai protagonisti della vicenda teatrale e dall’autore del libro Franco Baldi , la Rondinelli, i Musicanti sono stati certamente un valore aggiunto”. Una scelta teatrale ben precisa. “C’è un preciso accostamento tra la metà degli anni 50 e fatti del 92. Nel 1950 abbiamo avuto quella mafia dei campieri che era la mafia capace di avere interlocuzione con i poteri di allora, interessati a reprimere il movimento contadino, le lotte proletarie e colpire chi come Turi Carnevale sosteneva la creazione di una coscienza collettiva dei braccianti per rivendicare i diritti di libertà nel lavoro e la riforma dei latifondi; capacità della mafia di interloquire con i poteri lo abbiamo anche visto nella trattativa moderna, quello che avevano intuito esistere Falcone e Borsellino. Non è cambiato il filo che tiene unite le cose. Il testo teatrale propone una vicenda potente, immensa, con protagonista una donna che che ha denunciato e non si è fermata. Un grandissimo esempio di senso civico che resta oggi vivo e attuale. Francesca Serio antesignana di Felicia Impastato, due vere e proprie donne forti, capaci di combattere la mafia”. Storie che poi, ci svela il giudice Caruso, si intrecciano nei momenti finali della vita: “Francesca Serio è morta appena un paio di giorni prima di Paolo Borsellino. Due vite che si sono concluse lasciandoci una importante eredità, noi lunedì’ sera abbiamo ripetuto con la tanta gente presente il nostro giuramento di raccogliere queste eredità”. Lo spettacolo andato in scena con la partecipazione anche del Luglio Musicale Trapanese e del Comune di Trapani.

Soddisfatta l’assessore alla Cultura Rosalia d’Alì: “Una serata speciale per un uomo che ha dato la vita per la legalità. Siamo lieti che ci sia stata una grande risposta sia di pubblico che di critica – continua l’assessore – a riprova di come la Casina delle Palme sia un’arena multifunzionale in grado di adeguarsi a qualsivoglia evento. Un gioiello ritrovato che ci inorgoglisce e ci sprona a fare sempre più e sempre meglio”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.