La sua colpa quella di essere “favoreggiatore” dello Stato che voleva difendere i beni confiscati
Cinque pagine fitte fitte. Il verbale di un interrogatorio su carta intestata della Procura della Repubblica di Trapani. In fondo, alla fine di quel verbale, che reca la data del 22 luglio 2004, le firme di un magistrato, il pm Andrea Tarondo e quella di un prefetto, Fulvio Sodano. Dentro si può leggere c’è il racconto di una storia, di un compito istituzionale che è stato impedito , un prefetto al quale un sottosegretario di Stato voleva togliere ogni compito, soprattutto quello di potere occuparsi da prefetto della gestione e dell’utilizzo dei beni confiscati, cosa che in provincia di Trapani in quei primi anni del 2000 stava prendendo ben altra piega, con i mafiosi che venivano cacciati via dai loro possedimenti che fino ad allora erano rimasti confiscati solo sulla carta. Quando chi doveva capire capi’ benissimo che grazie all’azione del prefetto Fulvio Sodano non era possibile tornare indietro, qualcuno doveva pagare. E chi se non Sodano immediatamente. Trasferito nel luglio del 2003 da Trapani ad Agrigento, in un battibaleno. Sodano aveva chiesto di poter restare a Trapani. Il prefetto Carlo Mosca capo di gabinetto del ministro Pisanu l’aveva rassicurato. Sodano stava cominciando a star male, e per lui restare a Trapani significava poter essere vicino a Palermo dove veniva curato. La malattia con l’andar del tempo poi lo portò a morire. Ma prima riusci’ a raccontare la sua amara esperienza trapanese a chi in quel momento aveva ripreso a indagare sul senatore Tonino D’Ali’, la cui indagine qualche “manina” a Palermo, in Procura, aveva portato ad una iniziale archiviazione.
Fulvio Sodano fu “cacciato” via da Trapani nell’estate del 2003 dall’allora Governo Berlusconi, ministro dell’Interno Beppe Pisanu, poi passato a presiedere la commissione nazionale antimafia.
“Signor prefetto ma lei sta favorendo troppo la Calcestruzzi Ericina” le parole pronunciate dal senatore D’Ali’. Quella, la Calcestruzzi Ericina, non era una impresa qualsiasi, era una ditta confiscata alla mafia, al potente capo mafia di Trapani Vincenzo Virga, rimasto rispettato sino alla vigilia del suo ordine di cattura nel marzo del 1994, “operazione Petrov” dei Carabinieri. Riusci’ a sfuggire all’arresto e restò latitante per sette anni, sino a quando nelle campagne di Fulgatore, a Baglio Nuovo, non andarono a snidarlo i poliziotti della catturando della Squadra Mobile diretta da Giuseppe Linares.
Eppure “favorire” la Calcestruzzi Ericina significava appoggiare lo Stato. Ma il senatore D’Ali’ non la vedeva in questa maniera, secondo il racconto di Sodano e di altri testimoni, come il commercialista Luigi Miserendino, poi clamorosamente arrestato per una vicenda palermitana che si e’ conclusa con una doppia assoluzione, e senza tante scuse da parte dei pm palermitani. D’Ali’ si rivolse a Sodano dandogli del “favoreggiatore”, termine che più propriamente si addice a chi e’ dalla parte della criminalità. Ma a Trapani si sa bene che certe parti si sono invertite, ciò che e’ illegale e’ diventata una prassi legale.
Non è una storia nuova quella che si sta scrivendo. La faccenda è conosciuta. Un paio di processi sono stati celebrati, le sentenze hanno accertato una serie di cose accadute a Trapani tra il 2001 e il 2005. A 20 anni è stato condannato il capo mafia di Trapani “don” Ciccio Pace. Pace era quello che voleva togliere di mezzo la Calcestruzzi Ericina in un periodo in cui a Trapani stavano arrivando milioni di euro di finanziamenti per fare bello e moderno il porto e gli imprenditori mafiosi si vantavano di potere controllare quelle opere pubbliche in corso di appalto perché possedevano bandi e capitolati di gara ancora prima che venissero pubblicati. Non c’era bisogno sotto la “regia” di “don” Ciccio Pace che gli appalti venissero pilotati tutti, le imprese che se li aggiudicavano sapevano che prima di cominciare i lavori dovevano andare a bussare alla sua ed altre certe porte, e che i materiali per i cantieri, gli inerti, sabbia e pietrisco, il ferro, il cemento solo da certe imprese doveva essere comprato. “Don” Ciccio Pace aveva la sua impresa, la Sicilcalcestruzzi, le quote le aveva comprate, ufficializzando così la sua presenza che esisteva già da anni sottobanco, con i soldi ottenuti per un risarcimento per ingiusta detenzione. La Calcestruzzi Ericina rimasta attiva era un “pericoloso” concorrente da battere per don Ciccio Pace.
Appalti e al cemento. Dopo la confisca, la Calcestruzzi Ericina, era il 2000 , cominciò a registrare un calo nelle commesse. Magicamente gli imprenditori che costruivano palazzi e realizzavano opere pubbliche non andavano più ipresso quell’impianto a comprare cemento. Nessuno è mai venuto a dire che ci fu un ordine, un passaparola, ma è quello che avvenne senza suscitare tanto scandalo.
Ecco il racconto al magistrato da parte del prefetto Fulvio Sodano comincia proprio da questo punto.
“Non appena assunte le funzioni di prefetto di Trapani mi resi conto che la situazione dell’amministrazione dei beni confiscati alla mafia era estremamente grave, nel senso che erano numerosissimi i beni confiscati ma mai assegnati e che molti di tali beni erano ancora nella materiale disponibilità dei soggetti mafiosi cui erano stati confiscati. Immediatamente mi attivai per promuovere incontri con tutti gli enti interessati per tentare di fare attivare le procedure burocratiche di assegnazione incontrando difficoltà ed inerzie, per asserita mancanza di personale”.
Il prefetto Sodano a quel punto cominciò ad incontrare gli amministratori dei beni confiscati. Fu quello il momento in cui ebbe a conoscere l’ amministratore della Calcestruzzi Ericina, il dott. Luigi Miserendino :”Mi rappresentarono l’immobilismo del Demanio rispetto alle loro richieste e mi dissero che nonostante l’ottima qualità di calcestruzzo prodotto, venduto ad un prezzo più basso degli altri concorrenti, incontravano fortissime difficoltà di mercato e il fatturato ogni giorno scendeva sempre di più. Mi dissero che l’azienda rischiava di chiudere”. Il prefetto Sodano comprese subito le conseguenze: “Decisi che un bene acquisito dallo Stato che aveva sia un forte valore simbolico sul territorio sia una incidenza importante in un settore strategico per la mafia quale quello del calcestruzzo, doveva essere salvato e diventare l’emblema della rivincita dello Stato sull’antistato”.
La prima persona con la quale il prefetto Sodano affrontò l’argomento fu con l’allora presidente dell’Associazione degli Industriali Marzio Bresciani: “Gli dissi che non capivo come mai a fronte di un prezzo e qualità migliori i suoi associati preferissero rifornirsi altrove, lasciai intendere che paventavo una possibile interferenza mafiosa. Quindi lo pregai anche in considerazione dell’economicità e della qualità del prodotto, di farsi portavoce presso i suoi associati, magari quelli che più gli erano vicini, di valutare la possibilità di rifornirsi anche presso la Calcestruzzi Ericina……Dopo alcuni giorni saputo che presso il porto erano in corso consistenti lavori contattati con le stesse motivazioni addotte nel colloquio con Bresciani il comandante del Porto Agate perché si facesse presente alla ditta appaltatrice la convenienza a comprare cemento dalla Calcestruzzi Ericina….Tempo dopo seppi che gli interventi avevano sortito un certo effetto gli amministratori della Calcestruzzi Ericina mi dissero che si era allontanato il rischio della chiusura”.
Il prefetto Fulvio Sodano però ancora non sa che quei suoi interventi avevano cominciato a sortire fastidio dentro Cosa Nostra trapanese, lui era diventato “tinto” e don Ciccio Pace cominciava a dire che quel prefetto doveva andare via. Nel giugno del 2002 l’editore di una emittente locale, Giuseppe Bologna, manager di Tele Scirocco, incontrandolo gli disse che giravano certe voci sul suo conto circa un possibile trasferimento: “Confidenzialmente mi disse di avere saputo che i principali referenti di Forza Italia nella provincia di Trapani avevano chiesto nel corso di un incontro l’allontanamento da Trapani del prefetto, del procuratore e del dirigente della squadra Mobile. Alla cosa non diedi peso”.
Il prefetto Sodano continuò la sua attività sui beni confiscati e non solo quindi a favore della Calcestruzzi Ericina. Nelle riunioni ufficiali però cominciarono ad emergere faccende strane: “Fu quando discutemmo con Comune di Favignana e Soprintendenza delle sorti dell’impianto di calcestruzzo che l’Ericina possedeva a Favignana. Quello era l’unico impianto sull’isola. Mi colpì l’affermazione del rappresentante comunale che mi disse che una volta terminati i lavori di costruzione di una galleria non c’era più necessità di avere un impianto sull’isola”. Come se a Favignana nessuno avrebbe più costruito e usato cemento che a quel punto se l’impianto avesse chiuso doveva arrivare per forza da Trapani con gli inevitabili costi maggiorati per il trasporto.
Il prefetto avverte che c’è qualcosa di strano che si muove attorno alla Calcestruzzi Ericina. A porre ostacoli non sono malavitosi, mafiosi, imprenditori poco raccomandabili, si fanno avanti le istituzioni. Gli uomini potenti della politica: “Durante una manifestazione ufficiale in prefettura fui avvicinato dal senatore D’Alì Antonio, sottosegretario all’Interno, il quale mi chiese spiegazioni in ordine al mio comportamento relativamente al “favoreggiamento” operato nei confronti della Calcestruzzi Ericina che in base a notizie che aveva avuto da altri avrebbe alterato il libero mercato del calcestruzzo, determinando una sleale concorrenza alle altre aziende del comparto. Gli spiegai quali fossero le motivazioni del mio comportamento e anzi mi meravigliai di quelle doglianze perché in realtà il mio atteggiamento tendeva esclusivamente a contrapporre una azione forte dello Stato ai poteri mafiosi. In sostanza avrei voluto che un bene ormai di proprietà dello Stato potesse sopravvivere in maniera emblematica contro tutti i tentativi della mafia di riappropriarsene o di distruggerlo. Subito dopo il sottosegretario mi disse che se le cose stavano così non aveva altro da dirmi se non che per l’avvenire questi interventi li dovevo fare esclusivamente in prima persona (era successo che per i lavori al porto aveva delegato il suo vicario dott Sciara a colloquiare col comandante Agate ndr)”.
Tra un colloquio e un altro, tra una riunione ed un’altra, tra un intervento e un altro, accadeva frattanto che i mafiosi aumentavano il livello di fastidio contro quel prefetto. Don Ciccio Pace andato fino a Catania per discutere con un imprenditore che aveva preso una grossa commessa per il porto di Trapani, e perciò patteggiare le forniture, si sentì dire che il prefetto si era fatto avanti anche l a favore della Calcestruzzi Ericina. Ai mafiosi perciò non restava altro che liberarsi di quel prefetto per togliere di mezzo quell’impresa che toglieva loro affari. Se non poteva fallire allora doveva essere rilevata da un loro uomo. Certo non si dovevano spendere grossi cifre. Sarebbe bastata una sottostima e il gioco era fatto. Su questo aspetto c’è stato un processo contro un ex funzionario del Demanio, Francesco Nasca, a lui il compito di redigere una stima buona per don Ciccio Pace, per vendere per pochi euro la Calcestruzzi Ericina. Nasca stato assolto, ma la sentenza di lui non dice tante belle cose.
Nel gennaio 2003 il prefetto Sodano racconta di avere ricevuto una visita. “Mi fu chiesto un incontro da parte del presidente di Assindustria Marzio Bresciani e del direttore Francesco Bianco. All’incontro si presentò anche l’imprenditore Vito Mannina. Mi fu consegnata la proposta per la nomina a cavaliere dello stesso Mannina. Durante la riunione incidentalmente fu avanzata la proposta di acquisizione da parte dell’impresa Mannina della Calcestruzzi Ericina con assorbimento da parte dell’impresa MMannina di manodopera e acquisizione dei beni aziendali. Feci presente che in questo interlocutore principale era l’Agenzia del Demanio, uno degli interlocutori, forse Bianco, mi fece presente che loro avevano già sentito il geometra Nasca che aveva già dato il suo assenso. Poiché ero a conoscenza che da alcuni mesi Nasca era stato sollevato dai suoi incarichi in materia di beni confiscati mi meravigliai con loro per essersi rivolti a tale soggetto, comunque rinviai ogni altra discussione ad altra seduta successiva, Per me portare avanti quella richiesta significava abdicare alle mie iniziali decisioni che andavo perseguendo, incaricai il capo di gabinetto di contattare l’associazione degli industriali per dire che della loro proposta non se ne faceva nulla. Con l’Assindustria ebbi comunque un altro incontro, erano stati molto insistenti nel chiederlo, stavolta c’era presente il figlio di Vito Mannina, Vincenzo, fu l’occasione per manifestare di persona tutte le mie perplessità, ma feci presente che siccome la titolarità era del Demanio, potevano rivolgersi a quell’ente, feci loro capire che se fosse stato chiesto il mio parere sarebbe stato negativo”.
Il prefetto Sodano nel luglio del 2003 presiede in prefettura la sua ultima riunione da prefetto di Trapani. E’ una riunione che mette le basi perché i beni confiscati mai più restino inutilizzati. Al suo fianco c’era seduto il presidente di Libera Luigi Ciotti. Personalmente a me confidò: “Vado via per questa riunione”.
E’ a conoscenza dei motivi del suo trasferimento da Trapani ad Agrigento? Si trattava di un trasferimento già programmato? E’ questa l’ultima domanda rivolta al prefetto Sodano dal pm Tarondo durante quell’interrogatorio del luglio 2004. Sodano così risponde: “Ho avuto conoscenza del mio trasferimento nel tardo pomeriggio del giorno precedente la seduta del Consiglio dei Ministri. Mi telefonò il capo di gabinetto del ministro facendomi presente che l’indomani sarei stato nominato prefetto di Agrigento. Alle mie rimostranze basate sul mio momento non facile di salute, noto al ministero, e per il quale avevo chiesto di rimanere a Trapani almeno altri sei mesi, ebbe a dirmi che la distanza che rispetto ad Agrigento c’era con Palermo era identica a quella con Trapani, mi invitò a prendere servizio ad Agrigento perché l’amministrazione mi sarebbe stata vicina. Tutto questo avveniva mentre non molto tempo prima aveva avuto garanzia che per un po’ di tempo non sarei stato trasferito. All’epoca di quel mio trasferimento molti altri colleghi che avevano raggiunto le loro sedi in concomitanza con la mia assegnazione a Trapani erano ancora in quelle stessi sedi”.
Sodano, la sua famiglia, hanno ottenuto adesso la loro rivincita, “non sparga spine chi solito camminare scalzo” soleva dire il prefetto Sodano. A lui però fu negata dall’allora sindaco Girolamo Fazio, all’epoca uomo del senatore D0Ali’, la cittadinanza onoraria chiesta da alcuni consiglieri comunali. A Sodano furono preferiti un paio di anni dopo due giornalisti che commentando in tv le gare della Coppa America di vela, avevano parlato bene di Trapani e delle arancine. A Trapani ancora oggi parlare di mafia non porta onori e gloria.