Un poliziotto da far trasferire

Nel processo di appello bis svelata la tela che D’Al aveva organizzato rimuovere da Trapani nel 2003 l’allora capo della Squadra Mobile, Giuseppe Linares

In quegli anni tra il 2001 e il 2005, a Trapani, ogni lunedi’, il senatore Antonio D’Ali’, allora sottosegretario al ministero dell’Interno, era solito raggiungere la Questura per poi con un certo codazzo recarsi in un vicino caffe’. Era il momento della passeggiata per farsi vedere, lui che potente e rispettato lo era già, e ancora prima di diventare parlamentare, quando guidava la banca di famiglia, la Banca Sicula, con quell’incarico di governo, “regalo” di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, potente lo era diventato ancora di più. E cosi’ si offriva ai trapanesi. Però spesso si innervosiva perche’ di quel codazzo non era partecipe il Capo della Squadra Mobile Giuseppe Linares. C’erano state le prime indagini su mafia e politica, il sindaco dell’epoca fini’ arrestato per corruzione, a Marsala si era scoperchiato con le operazioni Peronospera, il sostegno che certi imprenditori stavano dando ad alcuni latitanti. Non era ancora sottosegretario quando un giorno si presentò al questore dell’epoca, Giuseppe Zannini Quirini, dopo l’ennesima retata di mafia. Voleva maggiori particolari, e prima di andar via chiese al questore se doveva preoccuparsi. Serafico Zannini Quirini rispose, “e se non lo sa lei senatore, vuole che lo sappia io”. Ad ogni operazione antimafia della Squadra Mobile, puntuali giungevano al 113 telefonate anonime con le quali si preannunciavano ritorsioni pericolose contro Linares, che da giovane dirigente della Mobile era presto finito sotto scorta dopo che si scopri’ che la mafia più vicina a Messina Denaro voleva colpirlo. E quindi la cosa divenne la scusa per D’Ali’, nel frattempo diventato sottosegretario, per parlare con il Capo della Polizia De Gennaro, per chiedere il trasferimento di Linares da Trapani. Quell’incontro era stato preparato dal suo segretario, l’odierno prefetto Valerio Valenti, che gli aveva detto di presentarsi cosi’ a De Gennaro, preoccupato della sicurezza di Linares. De Gennaro ha confermato quando stato sentito in Procura Generale a Palermo. D’Ali’ gli chiese cosa si stesse facendo per la sicurezza di Linares, De Gennaro rispose che dopo un attento esame, il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza aveva stabilito che non vi era necessità di alcun trasferimento per il dottore Linares. A Trapani all’epoca poi giravano altre voci, quasi ad ogni mese di aprile, in coincidenza delle decisioni annualmente prese dal ministero per promuovere e trasferire i funzionari, si sentiva dire che Linares era prossimo a lasciare Trapani. La cosa avvenne, ma anni dopo, quando Linares, sotto il ministro Alfano, si vide catapultare alla Dia di Napoli, il ministro gli disse che c’era la camorra da combattere più della mafia. Oggi e’ tra gli uomini al vertice del Viminale dove coordina le indagini nazionali su sequestri e confische.
L’ex Capo della Polizia, Gianni De Gennaro, sentito dal procuratore generale Nino Gozzo, ha confermato che D’Alì, allora sottosegretario all’Interno, mostrò un chiaro interesse sulla vicenda: “focalizzo questo mio ricordo – ha detto De Gennaro durante l’interrogatorio -, D’Alì mi chiese di sapere quale fosse lo stato della pratica relativo al possibile trasferimento di Linares, in relazione alla sua condizione di esposizione a rischio. Io risposi che non c’era ragione per provvedimenti di trasferimento”.
Per la Procura Generale di Palermo “è chiaro il tentativo dell’allora sottosegretario di influire con tutto il suo peso politico sulla procedura di trasferimento di Linares, come aveva già fatto con il Prefetto Sodano; tutto si concluse negativamente solamente perché D’Alì venne stoppato dall’allora capo della Polizia De Gennaro”.
Sulla vicenda del trasferimento di Linares la Procura Generale è in possesso di verbale di interrogatorio di Don Ninni Treppiedi e del collaboratore di giustizia Nino Birrittella. Ma c’è anche la testimonianza dell’ex capo della Procura di Trapani, Giacomo Bodero Maccabeo, che ha confermato come d’attività di intercettazione emergeva che il Sottosegretario si stava apprestando, come poi è avvenuto, a incontrare il capo della Polizia, a proposito del trasferimento del dott. Linares; Maccabeo ha confermato al pg Gozzo di essersi sentito immediatamente con De Gennaro che gli confermò l’appuntamento con il Sottosegretario.
Tra le cose riferite dal sacerdote Treppiedi alla magistratura, quella che spesso D’Ali’ parlava di Linares come di una persona che lo perseguitava. Discussioni alle quali partecipava anche la moglie del politico, l’avvocato Antonia Postorivo. “L’impegno di mio marito per la Coppa America viene strumentalizzato e invece la cosa fa del bene alla città”. E proprio rispetto a Linares in città c’era un coro che dava ragione al senatore : “Linares e’ da troppo tempo a Trapani” rincarava la Postorivo. Nella cerchi di D’Ali’ ci sarebbe stato chi per colpire Linares “cercava possibili scheletri nell’armadio”.

Le pressioni che il senatore D’Alì avrebbe condotto contro Linares rientrano in un periodo in cui dentro la cupola mafiosa trapanese, come ha detto ai pm della Dda il collaboratore di giustizia Nino Birrittella, si parlava insistentemente dell’imminente trasferimento dell’allora capo della Mobile, le cui indagini stavano mettendo in ginocchio l’organizzazione mafiosa. Indagini che riguardavano i contati tra Cosa nostra, le imprese e la politica.
Linares, ha raccontato Birrittella, era visto come avversario della mafia, impossibile da fermare, la mafia lo voleva “mascariare” o anche addirittura, ha ancora detto Birrittella, voleva eliminare fisicamente, all’omicidio di Linares ad un certo punto avrebbe pensato il capo mafia Francesco Pace. E con Linares per Cosa nostra c’era anche un magistrato da colpire, il pm Andrea Tarondo. Nel suo ufficio a Palazzo di Giustizia, di tanto in tanto in quegli anni vedeva presentarsi autorevoli personaggi che gli offrivano incarichi prestigiosi, proprio mentre lui indagava su D’Ali’ per conto della Procura antimafia di Palermo. “Avversioni che furono fatte arrivare al senatore D’Ali'”.

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