“Attendere motivazioni ma giudici confermano la trattativa”
PALERMO. “È una sentenza che va valutata attentamente e per questo si devono attendere le motivazioni. A me pare comunque che, secondo i giudici di appello, la trattativa c’è stata ma gli investigatori avrebbero agito a fin di bene.
Da qui la loro assoluzione perché il fatto non costituisce reato”. È per questo che l’ex magistrato Antonio Ingroia, simbolo del processo per la trattativa Stato-mafia, parla di una “sentenza double face”: da un lato accoglie la tesi dell’esistenza storica di un dialogo con i vertici della mafia e dall’altro avalla la spiegazione che quelli erano “colloqui di polizia giudiziaria”.
Da altri punti del verdetto Ingroia trae poi il convincimento che i giudici abbiano confermato “l’esistenza di un papello con le richieste dei boss”. “Il dispositivo – aggiunge – mi induce a pensare pure che, secondo la corte, il papello sarebbe arrivato al potere politico, cioè al governo. E così si spiega la condanna di Antonino Cinà, il medico di Riina accusato di avere portato ai suoi interlocutori l’elenco delle richieste”.
La sentenza di appello arriva a distanza di molti anni dai fatti e dalle prime inchieste della magistratura. I tempi sono stati lunghi, ammette Ingroia, “ma posso dire che ne è valsa la pena”. “Il procedimento – ricorda – è passato attraverso vari livelli di verifica: il gip ha deciso il rinvio a giudizio degli imputati e la corte d’assise ha emesso una sentenza di condanna.
L’accusa aveva quindi portato elementi importanti e le nostre non erano fantasie giudiziarie”.
Ingroia teme ora che una lettura superficiale della sentenza possa comportare un serio rischio: “Qualcuno potrebbe pensare, certamente sbagliando, che pagano solo i mafiosi. Non vorrei dare ragione a Totò Riina il quale sosteneva di essere diventato il ‘parafulmine’ di tutto”. (ANSA).