Scandalo ridimensionato

Operazione “Dirty Affairs” – “Affari Sporchi”: condannato a cinque anni l’ex vice sindaco di Alcamo Pasquale Perricone, ma la sentenza demolisce l’ipotesi d’accusa del pm Penna

Il “comitato di affari” che era emerso dall’indagine della Guardia di Finanza denominata “Dirty Affairs” (Affari Sporchi) e coordinata dalla Procura di Trapani (procuratore aggiunto Ambrogio Cartosio e pm Rossana Penna) e che nel maggio 2016 portò all’arresto dell’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, esce parecchio ridimensionato dalla sentenza pronunciata ieri dal Tribunale di Trapani, presidente giudice Enzo Agate, a latere giudici Nodari e Badalucco.

Perricone è stato condannato ma ad una pena parecchio inferiore a quella chiesta dal pm Penna: cinque anni la pena inflitta invece dei dodici anni e cinque mesi chiesti dal pubblico ministero. Un processo durato cinque anni, Perricone è comparso dinanzi ai giudici con una imputazione pesante: associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla corruzione, alla bancarotta fraudolenza e a reati contro la pubblica amministrazione. Con Perricone, imputati sono stati Girolama Maria Lucia Perricone, Marianna Cottone e Emanuele Asta. Già il numero di imputati aveva ridotto e non di poco il quadro iniziale che comprendeva inizialmente ben 30 indagati.

Il «comitato d’affari» secondo l’accusa avrebbe organizzato corsi di formazione professionale fantasma, eseguito illecitamente lavori per la messa in sicurezza del porto di Castellammare del Golfo, influenzato la stesura del Piano triennale delle Opere pubbliche del Comune di Alcamo tra il 2011 e il 2015, ed esercitato pressioni sulla nomina del Consiglio di amministrazione della Cassa rurale ed artigiana «Don Rizzo» di Alcamo. Era emersa appannata la figura di Perricone rispetto anche il periodo in cui fu vice sindaco di Alcamo. Fatti descritti come provati ma che all’esito dibattimentale si sono dimostrati più gossip che circostanze provate.

L’esito processuale ha cancellato per Perricone diverse accuse, la corruzione è diventata “induzione indebita”, la truffa è stata riconosciuta come tentata, assoluzione per le accuse di due bancarotta, per un altra accusa i giudici hanno riconosciuto il fatto non previsto dalla legge come reato. Sono stati condannati, ma anche assolti per diversi capi di accusa, Marianna Cottone, diciotto mesi (la richiesta era stata di quattro anni un mese e venti giorni) e Emanuele Asta, tre anni e nove mesi (richiesta era stata di sei anni). Per questi due imputati e per Perricone i giudici hanno previsto la libertà vigilata per un anno. Perricone ed Asta sono stati interdetti dai pubblici uffici e incapaci di contrarre con la pubblica amministrazione limitatamente agli anni di condanna, divieto a contrarre con la pubblica amministrazione, sempre per il periodo della condanna, anche per la Cottone. E’ uscita dal processo completamente assolta Girolama Maria Lucia Perricone (il pm aveva chiesto cinque anni e tre mesi).

Tra novanta giorni di conosceranno le motivazioni della sentenza, ma le difese dei tre condannati si sono dette determinate a proporre appello, forti del fatto che lo scenario investigativo delineato non ha retto dinanzi all’analisi condotta durante il processo. Dibattimento che in diverse occasioni ha colto alcune discrasie presenti negli atti sottoposti al vaglio dei giudici, come per esempio diverse intercettazioni depositate dall’accusa a “pezzettoni” (cosi stigmatizzate dalle difese) cioè non sarebbero state prodotte per intero le intercettazioni ma nella fase inquirente sarebbero stati fatti dei tagli così da snaturare il contenuto. Inquietante resta un passaggio delle dichiarazioni rese da Perricone durante il processo, quando ha fatto riferimento alla circostanza che in giro si diceva dell’indagine in corso nei suoi confronti, ma non si capiva per quale reati, e tempo prima dell’esecuzione della misura cautelare. Dichiarazioni che trovano conferma anche in alcune delle intercettazioni.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.