L’analisi di Nino Caleca che lavorò al fianco del segretario regionale del Partito comunista
PALERMO. La domanda iniziale da cui fare partire il ragionamento non è perché Pio La Torre fu assassinato, ma perché i killer di mafia decisero di ucciderlo il 30 aprile di 40 anni fa.
Nino Caleca mette sul campo una prospettiva di analisi parallela a quella maggiormente dibattuta nei decenni e sancita nelle aule dei tribunali. Caleca, giudice del Cga e avvocato, che lavorava al fianco di La Torre, ritiene che ci fu una convergenza di interessi nel delitto del segretario regionale del Partito Comunista e del suo fidato collaboratore Rosario Di Salvo. Di sicuro li volle morti la mafia per il disegno di legge firmato insieme a Virginio Rognoni, che prevedeva per la prima volta il reato di “associazione mafiosa” e la confisca dei patrimoni dei boss.
Ma quella finora raggiunta è tutta la verità? “Nell’immaginario collettivo – dice Caleca – rischia di passare come l’unico omicidio politico-mafioso di cui sappiamo tutto. Sappiamo chi lo ha voluto, la cupola di Cosa Nostra, conosciamo i nomi del killer grazie ai pentiti, conosciamo il motivo”.
Però? “Non condivido questa sorta di ‘stagnazione‘ della ricerca degli altri motivi che hanno portato all’omicidio La Torre”. La lettura delle carte processuali e la sedimentazione dei ricordi e delle esperienze maturate accanto al segretario hanno stimolato una riflessione in Caleca: “Perché si decise di anticipare, frettolosamente, l’esecuzione dell’omicidio che già Cosa Nostra aveva deliberato; perché la Torre venne ucciso proprio sul finire dell’aprile del 1982?”.
Già perché? “La riflessione è di grande attualità, oggi che la storia ha permesso di dipanare certe perplessità che forse allora potevano essere soltanto intuite”. La certezza è che “dentro Cosa Nostra l’esecuzione dell’omicidio La Torre venne portata a compimento dai corleonesi. Il resto della Commissione sollevò perplessità sulla sua utilità. I corleonesi garantirono che non ci sarebbero state ripercussioni. Come facevano a garantirlo disegnando già allora un futuro a loro evidentemente ben chiaro? Sanno della loro ascesa, forti di un rapporto con attori deviati dello Stato e della massoneria e su cui fondano la loro futura forza”.
“Trattativa? Non lo so, ma si sono realizzati interessi convergenti. Conosciamo quelli di Cosa Nostra, ma non quelli di altri soggetti. Di sicuro La Torre aveva due grandi nemici oltre alla mafia, la massoneria i pezzi deviati dello Stato. La Torre intuiva che bisognava colpire entrambi, ma anche che occorreva costruire un futuro, tema oggi attualissimo, che ponesse a suo fondamento il bisogno della pace mondiale. La guerra in Ucraina ci fa capire quanto fosse importante la Sicilia, quanto fosse centrale allora il tema dell’installazione dei missili a Comiso”.
Il 4 aprile di 40 anni fa si svolgeva la manifestazione contro i missili e per il disarmo nucleare guidata da Pio La Torre, ucciso il successivo 30 aprile. “C’era un grande impegno, vivevamo l’ossessione – ricorda Caleca – di realizzare la più grande manifestazione della storia in Sicilia. Sognavamo che tutti, anche il Vaticano, prendessero posizione contro i missili. La Torre intuiva la comunanza dei valori della lotta alla mafia e quel ‘no ai missili’. Perché si decide di compiere frettolosamente quel delitto?”.
Stavolta Caleca aggiunge due punti fermi nelle sue considerazioni: “I servizi segreti, pochi giorni prima del delitto, decisero che non era più necessario il pedinamento di La Torre, nonostante l’importante manifestazione”.
Poi parla del “depistaggio ad opera di Vito Ciancimino, che tra le prime cose scrisse nel suo memoriale che La Torre era stato ucciso dai comunisti”.
Soltanto rispondendo a tutti gli interrogativi irrisolti si potrà capire, conclude Caleca, che “La Torre non era solo un eroe siciliano, ma il primo eroe geopolitico nell’era della globalizzazione. Aveva capito che il futuro del mondo passava dalla Sicilia, da quel ‘no ai missili’. Lo aveva capito, come spesso gli accadeva, prima degli altri, così come per primo aveva intuito la crisi dei partiti e il loro declino. Non è un caso che avesse affidato la lotta contro i missili non ai partiti ma ai comitati per la pace. Il suo obiettivo era vincere a Comiso e trasformare il comitato per la pace in comitato contro la mafia. No, non fu solo un delitto di mafia se è vero, come è vero, che il killer che uccide La Torre protesta contro i suoi capi quando capisce chi era l’uomo che aveva ucciso”.
Fonte livesicilia.it