Delitto Favara, a giudizio la convivente

Vanda Grignani sarà imputata di omicidio dinanzi la Corte di Assise

Il gup Massimo Corleo ha rinviato a giudizio, dinanzi la Corte di Assise di Trapani, Vanda Grignani, 36 anni, arrestata il 30 ottobre dell’anno scorso per l’omicidio del suo convivente, Cristian Favara, 45 anni. Il gup ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pm Eleonora Sciorella. La prima udienza è fissata per il prossimo 12 dicembre. Un delitto annunciato sulle pagine social. Vanda Grignani in un paio di post si sfogava pubblicamente rendendo noto il proprio malessere nei confronti del convivente, Cristian Favara. Pregiudicato e che al momento della morte era sottoposto a una misura cautelare per una condanna per omicidio colposo. Era tale lo stato di sofferenza tanto che la donna decise di preannunciare con dei post sulla sua pagina Facebook l’intenzione delittuosa. Subito dopo davvero messa in atto. La Grignani attese il rientro a casa del proprio convivente, e dopo una lite lo accoltellò, uccidendolo. Il pm Eleonora Sciorella ha contestato il reato di omicidio, commesso, scrive il pm, sotto l’alterazione cagionata dall’assunzione di sostanze stupefacenti.
La Grignani, tutt’ora detenuta, è difesa dall’avv. Gianluca Calafiore: è stata però assente all’udienza preliminare, ha rinunciato alla presenza. Parte offesa sono i genitori del Favara, rappresentati dall’avv. Giuseppe De Luca.
Favara da qualche tempo era legato alla Grignani. Lavoravano assieme in un locale gestito dalla madre dell’uomo. Abitavano in un appartamento nel centro storico di Trapani, nei pressi della Cattedrale. All’apparenza tutto andava bene, ma in quella casa invece covava tra i due una forte crisi. Sfociata nella notte del 30 ottobre nell’omicidio, quando tra i due scoppiava una furibonda lite al culmine della quale Favara venne raggiunto da una coltellata al petto risultata mortale, inferta dalla donna, e non per difesa ha sostenuto il pm. Cristian morì infatti pressoché sul colpo.
Le indagini dei carabinieri portarono subito a scoprire i post scritti sulla propria pagina social da Vanda Grignani, nelle ore appena antecedenti al delitto. «Sto per fare qualcosa che non avrei mai pensato, vi amo. Perdonatemi» recita il primo messaggio pubblicato alle 23,36. Pochi minuti dopo un altro post dai toni simili: «Scusate vi voglio bene a tutti mi manca la mia famiglia sono sola questo essere mi ha portato all’esasperazione. La polizia e i carabinieri di Trapani sembrano che vadano d’accordo con lui». E ancora: «Ho chiesto aiuto questo mi ha distrutto. La polizia e carabinieri di Trapani difendono lui. Va bene sono stanca. Non ho più niente da perdere perdonatemi».
Se i post hanno descritto lo stato di sofferenza della donna, dall’altra parte hanno smentito la sua tesi difensiva proposta al giudice al momento dell’arresto, cioè di avere ucciso per difendersi lei da una aggressione. Lei raccontò che il convivente tentò di aggredirla con una sedia, per gli investigatori invece, al contrario del racconto della donna, lui semmai tentò con la sedia di difendersi da lei che lo stava affrontando tenendo in mano un coltello da cucina. Venne così raggiunto da un fendente al petto risultato mortale.
Interrogata dal pm la Grignani raccontò che l’uomo spesso la picchiava, quel 30 ottobre, era un sabato, l’ennesima lite, attorno alla mezzanotte, scatenata dal rimprovero della donna rivolto al convivente, per il ritardo col quale aveva fatto ritorno a casa. “Mi picchiava continuamente, ormai la mia vita era diventata impossibile” disse tra le lacrime agli inquirenti. La relazione tra i due era diventata sempre burrascosa e la cosa era nota anche alle forze dell’ordine. Per sette volte i carabinieri erano intervenuti in casa della coppia per riportare la calma. A chiamare le forze dell’ordine era stata sempre la donna. Anche lei chiamò i carabinieri dopo il delitto. Favara venne ucciso da quella coltellata al petto, ma il medico legale rilevò anche diverse ferite alle braccia, sempre causate da un’arma da taglio.

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