AGRIGENTO. I Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e del Ros di Palermo hanno eseguito all’alba 10 misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della Dda.
L’operazione antimafia compiuta fra Licata, Palma di Montechiaro, Canicattì e tutta la parte orientale dell’Agrigentino è stata denominata ‘Condor’ e ha portato alla luce gli appartenenti a un’associazione a delinquere di tipo mafioso dedita al traffico di sostanze stupefacenti, a estorsioni ai danni di imprenditori e a danneggiamenti a mezzo incendio.
Cinque le misure cautelari in carcere eseguite, oltre a 4 arresti ai domiciliari e un obbligo di dimora. Gli indiziati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Eseguite anche 23 perquisizioni personali e locali (di cui 3 in carcere) nei confronti dei destinatari delle misure.
Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, hanno consentito di acquisire un compendio investigativo sugli assetti mafiosi nel territorio di Favara (AG) e quello di Palma di Montechiaro (AG), quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza della articolazione territoriale di Cosa Nostra e di formazioni criminali denominate “paracchi” sul modello della Stidda. In questo contesto i carabinieri hanno raccolto indizi sul tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, ossia su Favara e sul Villaggio Mosè di Agrigento; sul ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro a favore di un esponente della Stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì.
A carico di alcuni degli indagati sono stati acquisiti anche gravi indizi sull’interferenza esercitata da Cosa Nostra sul lucroso settore economico delle transazioni per la vendita di uva e la progressiva ingerenza in questo comparto da parte della Stidda. In tale ambito sono emersi rapporti del vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro con la ‘Ndrina calabrese dei Barbaro di Platì. L’inchiesta ha portato alla luce anche il controllo illecito di una grossa parte del settore imprenditoriale delle slot machines e degli apparecchi da gioco installati nei locali commerciali.
Oltre 100 i carabinieri di Agrigento e del Ros in azione che sono stati supportati dai colleghi di Palermo, Trapani, Caltanissetta, Enna e dallo squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia. Sono state eseguite anche 20 perquisizioni. L’inchiesta “Condor”, sviluppata dai carabinieri del nucleo Investigativo di Agrigento con il coordinamento del procuratore aggiunto della Dda Paolo Guido e dal pm Claudio Camilleri, scaturisce dalle convergenze investigative del blitz “Xydi” del 2 febbraio del 2021. Allora, il Ros – che strinse il cerchio sull’ultima rete di fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro – eseguì 23 fermi di indiziato di delitto emessi dalla Dda.
Fra gli arrestati di allora c’erano anche due poliziotti e la penalista, mancata collaboratrice di giustizia, Angela Porcello, che avrebbe trasformato il suo studio legale di Canicattì nel quartier generale del mandamento di Cosa Nostra veicolando all’esterno i messaggi del boss Giuseppe Falsone. Lo scorso 6 dicembre, il gup del tribunale di Palermo, Paolo Magro, si è pronunciato sugli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Fra gli altri è stata condannata a 15 anni e 4 mesi di reclusione proprio l’ex penalista Angela Porcello, cancellata dall’albo dopo l’arresto nell’ambito dell”operazione “Xydi”. Venti anni vennero inflitti, invece, all’imprenditore mafioso Giancarlo Buggea, di Campobello di Licata, ex compagno di Angela Porcello. In tutto furono 15 le condanne e 5 le assoluzioni.