Campobello di Mazara, nel paese l’ultimo covo del boss

E’ stato individuato dai Carabinieri. L’abitazione di Matteo Messina Denaro, a un tiro di schioppo da quella del fratello, Salvatore, l’ex bancario della Banca Sicula dei D’Alì. VIDEO

Notte di interrogatori. E di ricerche. Alla fine i Carabinieri dei Ros e del Comando provinciale di Trapani hanno trovato il nascondiglio di Matteo Messina Denaro. Una casa a Campobello di Mazara. Qui, in questo Paese, abitano il geometra Andrea Bonafede. Nipote del defunto boss Leonardo Bonafede. A Campobello abita anche Giovanni Luppino, arrestato con il boss perché gli faceva da autista. Ma a Campobello di Mazara abita anche Salvatore Messina Denaro, il fratello maggiore di Matteo, il “colletto bianco” assunto negli anni ’80 alla Banca Sicula della famiglia D’Alì, al cui servizio come campieri nei loro possedimenti terrieri erano proprio i Messina Denaro. Appena poche settimane addietro l’ex senatore e sottosegretario all’Interno è finito in carcere, condannato a sei anni per concorso esterno in associazione mafiosa. L’accusa quella di essersi messo al servizio dei D’Alì sia come persona sia per il ruolo politico. Intanto Salvatore Messina Denaro è stato mantenuto in servizio in una succursale della Banca Commerciale, quando questa acquistò l’istituto bancario trapanese. Dirigeva un’agenzia di Menfi quando nel 1998 la Squadra Mobile di Trapani andò ad arrestarlo. Il dolore per quell’arresto fu così forte che il già fragile genitore, don Ciccio Messina Denaro, morì, in latitanza, di crepacuore e Matteo che trascorreva la latitanza col padre lo fece trovare vestito in modo elegante con scarpe di pelle nera lucida ai piedi, nelle campagne alla periferia di Castelvetrano. Era la notte del 30 novembre 1998, quel corpo venne coperto dalla vedova, Lorenza Santangelo, che arrivò sul posto qualche attimo prima della Polizia, con un cappotto di astrakan. Le ultime indagini dei Carabinieri, l’operazione Hesperya, hanno messo in luce la centralità di Campobello di Mazara per la potente cosca capeggiata dall’ex latitante. A Campobello di Mazara negli ultimi anni sono un centinaio le persone arrestate, l’ultimo si chiama Franco Luppino, lo zio Franco, era lui che curava i contatti tra i picciotti e il boss. L’indagine evidenziò anche la strategia di far circolare la notizia che il boss fosse morto. Il picciotto che lo aveva fatto, in maniera involontaria, pensava ad una punizione, zio Franco ritenne che era la cosa giusta da fare. Sentivano che il cerchio si stava stringendo. Il boss invece era vivo e vegeto, nonostante le operazioni e il tumore ieri a chi lo ha visto da vicino non è apparso debilitato. Il suo nascondiglio  a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro, in pieno centro a Campobello di Mazara, in via Cb 31. La perquisizione del covo, scoperto dai carabinieri dei Ros è durata tutta la notte Denaro. Ad eseguirlo oltre i carabinieri anche la Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia. Alla perquisizione ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull’ex latitante di Cosa nostra. L’edificio è stato setacciato palmo a palmo. Non è ancora noto cosa sia stato trovato all’interno del covo usato dal boss durante l’ultimo periodo della sua latitanza, scoperto a Campobello di Mazara. L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo. Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perché la casa, a differenza di ora, non venne perquisita. Nella notte ancora interrogatori. Si è saputo in particolare solo di due, quello del geometra Andrea Bonafede e del medico Alfonso Tumbarello, lui risulta essere il medico di base dell’Andrea Bonafede alias di Matteo Messina Denaro. Tumbarello è stato consigliere provinciale e risulta iscritto ad una loggia massonica. La massoneria che da queste parti quando ti occupi di mafia salta fuori sempre. Al momento il vero Bonafede e il medico Tumbarello non risultano raggiunti da provvedimenti giudiziari.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.