Messina Denaro, nuovi scenari: “Quei misteri non risolti”

Interviene il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, nella relazione per l’apertura dell’anno giudiziario.

L’arresto di Matteo Messina Denaro assesta un colpo decisivo alla componente stragista della mafia e apre scenari inesplorati. Sul significato della cattura dell’ultimo grande latitante di Cosa nostra e sui prossimi indirizzi investigativi interviene il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, nella relazione per l’apertura dell’anno giudiziario. Il testo è stato pubblicato nel sito web della Corte.
Come è già accaduto con altre figure del vertice mafioso, la fine della latitanza del boss costituisce senza dubbio, secondo Frasca, “un momento di grande importanza sia perché probabilmente completa la lunga e difficile operazione di smantellamento della componente stragista dell’organizzazione, sia perché apre prospettive investigative potenzialmente straordinarie che l’azione corale delle istituzioni potrà valorizzare in direzione di ambiti diversi da quelli strettamente connessi con il latitante”.

Un passaggio della relazione coglie il senso delle reazioni suscitate dall’arresto di Messina Denaro ma anche il rischio di un facile trionfalismo. “Scaldano il cuore – si legge nel documento – le manifestazioni di giubilo di quei cittadini che hanno espresso soddisfazione e apprezzamento per l’operato dei carabinieri, così come fanno ben sperare le iniziative, soprattutto di giovani e di bambini, che, esternando pubblicamente e gioiosamente la netta presa di distanza da Cosa nostra, ripongono consapevole speranza che anche queste operazioni contribuiscano ad arrivare alla verità sui misteri ancora non risolti di questo Paese”.

La legislazione antimafia italiana è un modello anche per altri paesi e consente di promuovere una lotta efficace a Cosa nostra. Nella relazione di apertura dell’anno giudiziario del presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, c’è una difesa molto convinta di quelle norme antimafia frutto “dell’impegno e del sacrificio, anche estremo, di tanti esponenti delle istituzioni”. Siccome ha consentito di “raggiungere risultati di grande rilievo” il complesso delle leggi, secondo Frasca, “va mantenuto in tutta la sua consistenza e in ogni sua componente, senza arretramenti di sorta e ancor meno senza indulgere alla pericolosa e miope convinzione di essere al traguardo”.
Frasca ricorre ai toni dell’appello quando ricorda che la legislazione antimafia italiana è all’avanguardia nel contesto europeo e anche per questo, dice, “l’Italia deve avere l’orgoglio e la forza di essere trainante per altri Stati che si rivolgono a noi con ammirazione e interesse”. “Consolidare ed esportare oltre confine le risalenti acquisizioni normative in materia di contrasto alla mafia – aggiunge – deve essere un impegno irrinunciabile, nella consapevolezza che anche la criminalità organizzata ha varcato i confini degli Stati e si muove a livello tentacolare cercando di sfruttare contesti territoriali extranazionali meno attrezzati del nostro”.

La strada è ancora “molto lunga e impervia e soprattutto non può basarsi solo sulla repressione”, sostiene il presidente Fasca, su quella “distaccata opera di repressione”, che Paolo Borsellino riteneva insufficiente. Per questo è importante, se non decisiva, la “rimozione delle condizioni sociali ed economiche sulle quali prospera la criminalità organizzata di tipo mafioso e a questo processo di liberazione e di crescita democratica devono concorrere la comunità e tutte le Istituzioni con un’azione corale e sinergica”. Richiamando i moniti del presidente Sergio Mattarella (“La Costituzione nostra bussola”), Frasca sostiene che alla magistratura compete non solo l’accertamento dei reati ma anche la garanzia della “effettività dei diritti, iniziando da quelli sociali che trovano riconoscimento innanzitutto nella Costituzione”. (ansa)

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