Ritenuto colpevole di essere stato mandante del tentato omicidio del cognato
I giudici del Tribunale di Trapani (presidente Agate) hanno condannato a 19 anni l’imprenditore trapanese Matteo Bucaria. Per il collegio che ha ritenuto fondata l’istruttoria condotta dalla Procura di Trapani, a coordinare le indagini è stato il pm Sara Morri, Bucaria nel 2013 ordinò l’omicidio del cognato, Domenico Cuntuliano, affidando l’incarico all’ex fontaniere del Comune di Trapani Gaspare Gervasi. Cuntuliano all’agguato riuscì a sfuggire, restando gravemente ferito. Agli investigatori fece subito il nome del suo attentatore, facendolo arrestare. Gervasi ha scontato per intero la condanna a 12 anni che gli fu inflitta, senza mai svelare le ragioni di quell’agguato. Sul finire della detenzione fu intercettata una corrispondenza che Gervasi stava per inviare a Bucaria, frasi che hanno portato alla riapertura delle indagini e quindi all’arresto dell’imprenditore, che ha sempre negato di avere responsabilità per quel tentato omicidio. La sentenza è stata pronunciata oggi a mezzogiorno.
Gli avvocati Nino Reina e Giovanni Liotti, difensori dell’imprenditore Matteo Bucaria, hanno dichiarato: “preso atto della decisione di primo grado del Tribunale di Trapani, nel doveroso rispetto del provvedimento adottato, sono estremamente convinti della estraneità del loro assistito in ordine al tentato omicidio commesso da Gaspare Gervasi e, in attesa del deposito della motivazione, rappresentano fin d’ora di proporre impugnazione affinchè venga fatta luce sulla vicenda”.
Per l’ Avvocato Antonio Ingroia, difensore di parte civile del processo Bucaria, “giustizia è stata fatta”. “Esprimo – anche a nome del mio assistito Domenico Cuntuliano – immensa gratitudine alla magistratura trapanese che, prima, ha svolto encomiabili indagini, insieme ai poliziotti della Squadra Mobile di Trapani, per individuare il mandante del tentato omicidio, e poi, in data odierna, ha emesso una sentenza esemplare che ha fatto vera giustizia. Una sentenza giusta che pone così parziale riparazione al dramma subito da Domenico Cuntuliano che ha subito irreversibili danni da questa dolorosa, tremenda e ingiusta vicenda che gli ha stroncato l’esistenza per sempre, pur avendolo lasciato in vita. Partecipare a questo processo in cui era imputato un parente, – ha sottolineato l’avvocato Ingroia – il marito della propria sorella, è stata per Cuntuliano un’ulteriore sofferenza che ha riaperto una ferita profonda e mai rimarginata. La Giustizia, però, ha effetti riparatori quando vengono emesse sentenze giuste. È questo il nostro caso, per cui diciamo: “Giustizia è fatta”.”