Molti politici si riempono sempre la bocca di grandi elogi per i giovani e sono sempre per il ricambio generazionale in politica, ma in pratica non è così. Quando un giovane tenta di lavorare per dare una scossa alla staticità dell’azione politica, per eliminare vecchie abitudini e per immettere nuove energie, la vecchia politica si chiude e cerca di mettere il bastone tra le ruote al nuovo arrivato. Quando accade ciò i sintomi principali sono delle espressioni tipiche: ma questo che vuole; arriva e vuole insegnarci le cose; stia al suo posto e impari; e altre affermazioni del genere. Il giovane diventa una minaccia dello status quo, che fa comodo a chi non vuole perdere la poltrona e a chi non ha argomenti per affermare le proprie idee. La soluzione migliore per chi non vuole il cambiamento è allevare giovani privi di autonomia e facilmente manovrabili. Tranne che in rari casi questa è la prassi. La spiegazione più plausibile è che la vecchia politica ha paura che si faccia avanti una nuova politica, fatta di giovani, che riesca dove essa ha fallito.
Questa analisi però non può non tener conto di un altro fattore, cioé che molti giovani sono presi dall’anti politica o da vecchi schemi per arrivare a governale le cose. Nel primo caso ne restano fuori, cioé fanno quello che la vecchia politica vuole, tener lontano il nuovo per mantenere il potere e amministrarlo senza che nasca un’alternativa. Nel secondo caso atrofizzano la loro azione politica e vengono sfruttati per far sì che non cambi nulla. La soluzione è che, giovane o no, chi vuol governare per creare un futuro migliore per se e per gli altri, metta in campo coraggio, tenacia e nuove idee.