Tutte annullate le 11 misure cautelari nei confronti degli imprenditori vicini a Matteo Messina Denaro arrestati a metà aprile nel blitz dei carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbero stati loro a riciclare e custodire all’estero il tesoro dell’ex superlatitante, morto in carcere lo scorso settembre.
Il tribunale del Riesame ha fortemente ridimensionato il provvedimento firmato un mese fa dal gip su richiesta della procura di Palermo. In quell’occasione furono arrestate 11 persone con l’accusa di un maxi-riciclaggio da 12 milioni di euro orchestrato dai boss di Salemi vicini a Messina Denaro per conto dei clan palermitani.
Protagonisti dell’operazione Salvatore Angelo, imprenditore di Castelvetrano già condannato per aver gestito gli investimenti dell’ex latitante nelle energie rinnovabili, e il figlio Andrea. Secondo gli inquirenti, per spostare i soldi dei clan mafiosi palermitani avrebbero sfruttato il circuito internazionale Swift, metodo usato per trasferire all’estero somme di denaro, non rendendolo più tracciabile.
Le operazioni di riciclaggio ipotizzate dai carabinieri erano due. Soldi affidati dai mafiosi palermitani ai “cugini” di Salemi che, grazie a consulenti e intermediari capaci di padroneggiare lo swift, avrebbero portato avanti i loro disegni. Ai due Angelo, per la procura, si era rivolto il capomafia Michele Micalizzi che aveva bisogno di trasferire il denaro sporco della cosca. Mente finanziaria del piano sarebbe stato Giuseppe Burrafato, che avrebbe potuto contare su imprenditori compiacenti (alcuni stranieri) e “ambigui personaggi del settore”, così li descrisse il gip.
Nel 2019 sarebbero stati trasferiti 12 milioni della mafia dal conto della Deutsche Bank a una filiale della Hsbc. Gli inquirenti hanno intercettato il file del report swift, una sorta di riepilogo degli elementi necessari per identificare gli estremi della transazione. L’organizzazione avrebbe anche cercato di acquisire, reinvestendo denaro sporco, dodici punti vendita della Coop Sicilia (ma l’affare poi sfumò) tentando invano di incontrare, per cercare il suo sostegno, il senatore di Italia Viva Davide Faraone. E tentò di riciclare lire fuori corso per conto della ‘ndrangheta e di ripulire il denaro di Calogero John Luppino, il re delle scommesse clandestine online, altro fedelissimo dell’ex latitante.
fonte larepubblica.it