Processo Artemisia: la frase attribuita all’architetto Anna Maria Marchese, ma lei nega davanti al Tribunale
Il processo Artemisia, che prende il nome dall’indagine dei Carabinieri che nel 2019 portò agli arresti di politici e colletti bianchi tra Castelvetrano e altri centri della provincia di Trapani, è giunto alla fase finale. Prossimo appuntamento è con la requisitoria dei pubblici ministeri Sara Morri e Francesca Urbani. L’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto è l’imputato principale del dibattimento, che si svolge dinanzi al Tribunale presieduto dal giudice Franco Messina. L’indagine ha colto affari sporchi tra politica e certa burocrazia, interessi spalmati in diversi ambienti, a cominciare dalla formazione professionale, tra gli imputati c’è Paolo Genco, una volta una sorta di deus ex machina, presidente dell’Anfe, e dove spesso a fare da amalgama la massoneria, e tra le imputazioni che riguardano Lo Sciuto, ma anche altri politici, come l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante, c’è anche quello della costituzione di una loggia massonica segreta. Lungo è poi proprio l’elenco degli appartenenti alla massoneria che dalle aule istituzionali e della politica, sono finiti imputati nel processo o che in aula sono arrivati da testimoni come l’architetto Anna Maria Marchese, sentita nell’udienza di martedì scorso. A citarla è stato il collegio.
Il presidente Messina le ha posto una domanda diretta, a proposito di una affermazione che da una intercettazione pare attribuita alla donna. “Lei ha mai detto – ha chiesto il presidente Messina – a Castelvetrano senza la massoneria non si fa nulla”? Una domanda che il giudice Messina ha ripetuto più volte alla teste, incalzandola, ma ricevendo sempre la stessa risposta, “è una cosa che io non ho mai detto”. La Marchese ha ammesso di fare parte della massoneria e di essere stata legata da amicizia con l’on. Lo Sciuto, “per un periodo c’è stato un assiduo rapporto di frequentazione”, ma mai ha detto di aver messo assieme massoneria e politica, parlando della sua loggia di appartenenza, la Hypsas (la stessa spesso citata negli atti processuali) ha spiegato al Tribunale che l’unico impegno era !quello dello studio per perfezionarci come persone”. La Marchese risulta inizialmente indagata nel procedimento, per lei la Procura aveva chiesto una misura cautelare, respinta però dal gip, infine il suo nome è scomparso dal procedimento per ricomparire da ultimo come teste, citata a testimoniare dal Tribunale. L’architetto Marchese ha quindi negato di aver mai pronunciato quell’affermazione così netta e pesante sul ruolo della massoneria a Castelvetrano, ma agli atti giudiziari emerge che lei qualcosa ritenuta sconveniente da Lo Sciuto la deve aver detto. Lo Sciuto ad un certo punto, dopo aver pensato a lei come candidata, in coppia con Giuseppe Berlino (altro massone, pure imputato nel processo), cambia idea, assume un comportamento ostile tanto da essere rimproverato dalla moglie, “perché la tratti così duramente”. Intercettato in più occasioni l’ex deputato riferendosi alla Marchese sostiene che non è stata riservata come avrebbe dovuto essere, “parla più del necessario”, “avendo rivelato – scisse il gip nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare – che la massoneria decideva l’assessore (al Comune di Castelvetrano ndr)”. “Queste cose non si devono dire, di queste cose non si parla” avrebbe così detto Lo Sciuto alla moglie. Adesso i giudici hanno disposto la trascrizione della conversazione dove si fa riferimento all’affermazione attribuita all’architetto Marchese. Lo spaccato è ovvio che ha una sua rilevanza processuale. Il dibattimento ha affrontato questo scenario, cogliendo una certa presenza di massoni nell’ambito delle attività istituzionali e politiche del Comune di Castelvetrano, alcune delle quali finite con il diventare oggetto dell’indagine Artemisia e quindi dello stesso processo. La presenza ingombrante della massoneria nel tempo, a Castelvetrano, e nel circondario belicino, il territorio dove si è scoperto essere rimasto nascosto il latitante mafioso Matteo Messina Denaro, è stata rilevata in indagini antimafia, e ancora nelle inchieste condotte dalle commissioni parlamentari antimafia. Non meno importante poi, rispetto all’affermazione attribuita alla Marchese, la circostanza che nel 2017 il Comune di Castelvetrano venne sciolto per inquinamento mafioso, anche per ragioni riconducibili proprio alle influenze di alcune logge della massoneria. Agli atti processuali c’è l’elenco di assessori e consiglieri comunali che hanno fatto parte della massoneria. Anche se giunto quindi quasi a conclusione, il processo, cominciato nell’estate 2021, potrebbe riservare qualche ulteriore colpo di scena.