Santa Lucia: tra storia e tradizione

Oggi passeggiando per le vie di Alcamo e in gran parte delle città della Sicilia occidentale, non sarà difficile imbattersi in un forte odore di frittura, che riempie le strade fuoriuscendo da case, bar e friggitorie. Oggi infatti è il giorno, nella nostra tradizione, in cui le tavole sono riempite da arancine, panelle e cereali. L’origine di questa tradizione è un misto tra storia e leggenda.

La parte realmente attestata scritta da un testimone oculare, il can. Antonino De Michele, è quello che è passato alla storia come il miracolo della fine della carestia dell’anno 1646. La domenica 13 maggio 1646, durante un’esposizione del simulacro di Santa Lucia presso l’altare maggiore della Cattedrale di Siracusa, una colomba fu vista volteggiare dentro la Cattedrale, durante la Messa celebrata dal Vescovo Elia De Rossi. Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunciò l’arrivo al porto di un bastimento carico di cereali. La popolazione tutta vide in quella nave la risposta data da Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte. La parte della storia maggiormente legata alla tradizione, in quanto da questa leggenda tre spunto, è invece il fatto che la popolazione, ormai in preda alla fame, ritenne superfluo perdere ulteriore tempo per macinare il grano per farne farine e consumarono i cereali così com’erano. Da questo episodio nacque la tradizione di mangiare la “cuccìa”, grano lasciato a bagno in acqua per una notte intera e, dopo la cottura, consumato con la crema di latte (o “biancu manciari”) o con il vino cotto.

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Eva Calvaruso, classe 1984, vive ad Alcamo, spirito da ventenne e laurea in Economia. Animo hippie e fan sfegatata di Guccini. Curiosità, passione e una continua ricerca della verità l’hanno spinta a diventare una giornalista.