Bernardo Provenzano tenta il suicidio. È successo nella notte tra mercoledì e giovedì, nel carcere di Parma in cui è detenuto dal 2006, in regime di 41 bis, per i suoi innumerevoli reati. A sventare il tentativo sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che lo sorvegliano, i quali, accortisi sui monitor di sorveglianza che il boss aveva una busta di plastica sul capo, sono intervenuti per liberarlo. L’episodio non ha avuto conseguenze per il detenuto, che non ha avuto bisogno neppure di essere trasportato in ospedale. Il settantanovenne Provenzano, ritenuto uno dei capi storici di Cosa Nostra, è da tempo gravemente malato, soffre infatti di un inizio di Parkinson e di un’encefalite che è destinata a peggiorare nel tempo, ed è da poco guarito da un tumore alla prostata.
Secondo il Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria), che si basa su una recente perizia medico psichiatrica che ha dichiarato Provenzano capace di intendere e volere, e di difendersi in aula, il suicidio sarebbe solo una simulazione; non sono mancati, infatti, nei giorni precedenti al fatto, altri tentativi di dimostrare la propria pazzia.
Così replica l’avvocato difensore di Provenzano, Rosalba Di Gregorio: “Due periti nominati recentemente dalla corte d’assise di Palermo hanno detto che Bernardo Provenzano non era depresso e stava bene: a questo punto o hanno visitato un altro o si doveva prestare più attenzione alla perizia. E comunque, in ogni caso, chi ha dato al detenuto il sacchetto di plastica?”. Il legale prosegue: “Come mai nessuno si è accorto della presenza del sacchetto visto che Provenzano è l’unico detenuto del braccio in quel carcere ed è continuamente sorvegliato?”.
La dichiarazione più prudente sull’accaduto rimane quella del procuratore di Palermo Francesco Messineo , che reputa “legittima” ogni lettura (“sia che siamo davanti a un reale tentativo di suicidio, sia che si sia trattato di un gesto fatto per ‘attirare l’attenzione sulla propria condizione”) e che ritiene comunque quanto accaduto “una spia importante di un disagio personale, di una mancanza di equilibrio, soprattutto per un capomafia di quel livello”
Il caso rimane aperto; su di esso interviene anche il sindacato della polizia penitenziaria, Osapp, con una dichiarazione del segretario generale Leo Beneducci: “Il tentativo è stato sventato solo grazie alla solerzia degli uomini del Gom della polizia penitenziaria, la sola, ormai, rimasta a fronteggiare la disfatta del sistema carcerario italiano. Anche in questa occasione, che accende di nuovo i riflettori sugli istituti di pena, resta la nostra denuncia forte sulla disastrosa situazione nella quale versano gli istituti penitenziari italiani: sovraffollati, malmessi e privi di adeguato personale”.
Intanto la sorveglianza è stata intensificata e ora il boss di Cosa Nostra non potrà tenere in cella nemmeno il fornelletto per scaldarsi i pasti.