”Chi ha scritto che siamo al crack e al default e che la Sicilia è fallita, come alcuni giornali hanno fatto ieri a 9 colonne, sarà denunciato e pagherà danni civili sicuramente salati”. Queste sono le parole del Presidente della Regione Siciliana, Lombardo, in risposta a chi nell’ultima settimana ha gridato al “fallimento” della Regione Sicilia.
Che sia iniziata la campagna elettorale? Di sicuro anche questo, perché ormai è un tiro al bersaglio con al centro Lombardo, che certamente è diventata una figura debole politicamente perché indagato e perché i risultati del periodo della sua presidenza non sono eccelsi, anche se, per dover di cronaca, è da sottolineare che qualche cosina è stata fatta e si partiva da una situazione ormai cronica delle casse della Regione, ma tutto questo è stato corredato da una politica molte volte miope. Il risultato finale è che la Sicilia ha una classe dirigente che non vuole essere progressista, che continua a seguire, in parte, le orme del passato, cioé essere in parte conservatori e in parte progressisti; qualcuno non si è accorto che la Sicilia non ha più bisogno di queste politiche, colpevole di aver tarpato le ali ad una regione con enormi possibilità mai sfruttate a pieno e, in certi casi, sfruttate in maniera antieconomica.
Ritornando alla classe dirigente (tra questa è d’obbligo annoverare anche le opposizioni), si può dire che in Sicilia manca chi ha nel sangue la “grande politica”; però è da ribadire che la classe dirigente siciliana non può essere decisa da Roma e dal Nord: quando in Piemonte c’è stata carenza di Leader, non è intervenuta Roma, allora perché Bersani, Casini e Alfano oggi lavorano per decidere “i morti e i feriti” nella politica siciliana? Non fanno altro che rieditare le vecchie politiche centraliste che hanno distrutto la Sicilia politicamente e di conseguenza l’hanno penalizzata economicamente.