ALCAMO. Una vera festa la presentazione della mostra di Gaetano Porcasi ad Alcamo. Alle 10 l’inaugurazione al collegio dei Gesuiti, dove per i prossimi 6 mesi saranno esposte le tele del pittore antimafia sul tema dello stragismo in Italia. Alla presentazione è seguito un interessante dibattito al Marconi sullo stesso tema che ha visto la presenza di diverse personalità di spicco. Lo stesso Porcasi è intervenuto quasi commosso dall’affetto di tutti gli accorsi alla manifestazione e si è detto molto orgoglioso di essere ad Alcamo con questa mostra che rappresenta solo una parte di tutta la sua opera di ricostruzione storica, il tutto con la sua solita modestia.
Il dibattito è stato introdotto dalla lettura del comunicato del comitato spontaneo costituitosi ad Alcamo nei giorni scorsi per manifestare il proprio dissenso contro il racket e l’usura, a seguito delle intimidazioni ricevute da due imprenditori locali.
All’intervento del sindaco Bonventre che si è dichiarato soddisfatto dell’evento e determinato nella lotta contro la mafia sono seguiti gli interventi dei presenti. Tra tutti hanno suscitato notevole interesse nel pubblico gli interventi del Giudice Imposimato, il quale ha riassunto anni di lavoro passati a ricostruire la vera storia di molte stragi di stato alcune delle quali collegate da un filo conduttore tristemente intrecciato con stato e criminalità, dal rapimento Moro alle stragi del 1992.
Un altro momento di notevole importanza è stato l’intervento del presidente dell’Associazione Nazionale Contro le Mafie il quale è giunto ad Alcamo da Roma per testimoniare la propria vicinanza a tutte le vittime e in particolare a quanti denunciano il racket e spesso si trovano abbandonati dallo stato. A Porcasi è stata consegnata la tessera onoraria dell’associazione e successivamente sono stati presentati al pubblico due imprenditori del catanese che dall’oggi al domani hanno visto sfumare le proprie attività proprio perchè vittime dell’usura e del racket.
Probabilmente il momento più alto della manifestazione si è raggiunto con il toccante intervento di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, il quale ha ricordato il proprio rapporto con il fratello e i 40 anni che sono passati da quando lui ha deciso di lasciare la Sicilia per seguire le opportunità lavorative da ingegnere che gli prospettava una città come Milano. Borsellino ha sottolineato, tristemente, quanto poco sia cambiata questa terra in questi 40 anni e quanto ancora i siciliani aspettino di piangere gli eroi che muoiono ammazzati dalla mafia piuttosto che essere accompagnati da tutta la cittadinanza mentre sono in vita. Per anni il giudice Paolo aveva provato a convincerlo di tornare in Sicilia ma solo adesso ha cominciato a comprendere l’importanza di stare in Sicilia e in mezzo ai siciliani.
L’assessore alla cultura di Alcamo, Elisa Palmeri, che ha fortemente voluto mostra ed evento ha così commentato: “Le tele di Porcasi riproducono Stragi, fatti criminosi di sangue in cui innocenti perdono la vita.
Innocenti, spesso uomini delle istituzioni, poliziotti carabinieri magistrati uccisi senza che i mandanti, gli esecutori siano processati e condannati. Con un movimento culturale che per usare le parole di Borsellino faccia sentire il fresco profumo di libertà che si oppone all’ indifferenza alla contiguità e alla complicità. Ecco il senso della manifestazione: Alcamo non è indifferente, non è contigua e non è complice. Non abbassiamo la soglia della coscienza dell’illegalità, non coltiviamo la rassegnazione, la neutralità, l’indifferenza soprattutto in posti dove l’unica lingua parlata è il silenzio. Bisogna urlare che non riteniamo giustificabile la corruzione, i favoritismi, i compromessi, l’intimidazione, la violenza. Perché la cultura della legalità è qualcosa di più della semplice osservanza delle leggi, delle regole; è un sistema di principi, di idee, di comportamenti, che deve tendere alla realizzazione dei valori della persona, della dignità dell’uomo, dei diritti umani, dei principi di libertà, eguaglianza, democrazia, verità, giustizia come metodo di convivenza civile”.