Noi creiamo barriere attorno a noi, quando tracciamo una linea lo facciamo per dividere, per proteggerci. Ci nascondiamo dietro alte mura, ci rifugiamo nel nostro nido ben protetto dalla porta blindata, lasciando fuori un mondo che ci appare estraneo. Ma l’estraneità è tale finché noi stessi decidiamo di rimanere estranei agli altri, l’estraneità è l’essenza stessa della socialità che viviamo. Abbraccereste, infatti, uno sconosciuto che per la strada vi chiedesse di farlo? No, perché sarebbe talmente sconveniente, inusitata una tale richiesta da far sembrare colui che la proponesse, decisamente uno svitato; non pensereste che si tratti davvero di una richiesta di aiuto, di un bisogno di affetto, di sostegno che al contrario magari su internet sareste dispostissimi a dare. Sì, perché l’estraneità è soprattutto fisica, su facebook il sostegno, un “mi piace” non si nega a nessuno. Lì il mezzo mette una tale distanza, ben più della minima di sicurezza, che permette all’utente qualsiasi cosa, gli dà un coraggio che neanche lui sapeva di avere.
(Ma in tal modo mi sono allontanato dal “noi” iniziale che tira dentro anche chi scrive e lo coinvolge in prima persona. Sono passato prima al “voi” e poi alla terza persona, tipica di chi pontifica sugli altri tenendosi al di fuori, additando difetti e denunciando comportamenti esecrabili dai quali si ritiene immune. Nessuno però è immune dalla mancanza di solidarietà nella quale viviamo, tutti siamo responsabili).
Amici di sinistra, noi siamo uguali a voi, crediamo fortemente nell’idea di giustizia, nelle politiche ambientali, nell’importanza del lavoro come diritto e come orgoglio personale, nell’impegno politico del cittadino in prima persona. Siamo uguali ma siamo diversi. Non crediamo negli accordi politici, ma ancora non ci siamo trovati a dover scendere a patti; non crediamo nel mandato svincolato dagli elettori, ma non potevamo permettere l’elezione di un impresentabile; non intendiamo la politica come una lotta per le poltrone, ma le poltrone non dovevate prenderle tutte voi. Eh no, noi con voi non parliamo ma pretendiamo che votiate per noi nelle cariche elettive dei consigli e delle commissioni. Noi siamo uguali a voi, soprattutto ai vostri elettori, noi siamo i vostri elettori, che non ne potevano più delle stesse facce, delle clientele, delle mediazioni. Noi siamo voi, ma più belli, più giovani, più liberi. Noi siamo come eravate voi, quando cercavate solo l’opposizione, quando non accettavate i compromessi, quando facevate cadere il governo. Per questo ci amate tanto, ci tendete le vostre mani sporche di fango sulle quali noi continuiamo a sputare sentenze internetiche, protetti da catodiche distanze. Se poi, in privato s’intende, veniamo nel vostro ufficio per ottenere un piccolo vantaggio, un piccolo aiuto più che meritato, visto che tutti si appoggiano a qualcuno, non c’è nulla di male: bisogna pur campare. Noi siamo diversi da voi, ma uguali.