Quel che è accaduto negli ultimi 40 giorni nella Sede di Pietro ha veramente del clamoroso. Abbiamo vissuto e viviamo davvero l’evoluzione della storia in diretta. L’11 febbraio, giorno della Madonna di Lourdes, Benedetto XVI annuncia le dimissioni. È la prima volta dopo Celestino V… sono passati appena 8 secoli.
La Chiesa è sotto attacco; in termini sportivi possiamo dire che è all’angolo, tempestata di pugni; la stampa internazionale è scatenata; la Barca di Pietro sembra vacillare sotto i colpi di violenti marosi. La gente, il popolo cattolico, ma in genere tutta l’umanità è sconfortata: perché il Papa si dimette? Ci sentiamo un po’ abbandonati. Certo, la Fede sorregge…
Il 28 Febbraio, alle ore 20, un elicottero bianco lascia il colle vaticano e solca il cielo di Roma, Roma immortalis. Lo sbigottimento aumenta.
I Cardinali arrivano alla spicciolata nella Città Eterna. Il 12 marzo si apre il Conclave. Passano appena 24 ore e 5 votazioni, e la folla di Piazza San Pietro, accorsa presso il cuore della Cristianità, esplode, sotto una pioggia torrenziale, in una gioia incontenibile. «Habemus Papam» annunzia un emozionatissimo cardinale Tauran: l’eletto è il cardinale Bergoglio, Primate d’Argentina di chiare origini italiane. Già Bergoglio è una sorpresa, ma quando Tauran annuncia «qui sibi nomen imposuit Franciscum» la piazza è paralizzata per alcuni interminabili secondi. Nessuno mai aveva “osato” chiamarsi Francesco, l’Alter Christus, il Patrono d’Italia, il più italiano dei Santi e il più Santo degli italiani (parole di Gabriele d’Annunzio).
Passano pochi minuti. Papa Francesco appare al loggiato centrale della Basilica più bella del mondo. Poche parole, e affascina l’umanità.
La piazza San Pietro, con 300.000 fedeli e con tutte le bandiere del mondo che garriscono al vento, saluta il 266° Romano Pontefice, il successore di San Pietro. La Chiesa, calpesta e derisa fino a qualche istante prima, in pochi minuti sembra uscire dall’angolo. La Chiesa di Roma, erede e prosecutrice della missione immortale della Roma Imperiale, risplende nuovamente di una luce accecante, calda, sicura. Abbiamo di nuovo il Papa, abbiamo di nuovo la Madre.
Credo che anche il più laico tra i laici abbia sentito il vuoto di questi primi giorni di marzo; lo si percepiva dovunque. Ma non voglio soffermarmi su questo. Piuttosto, mi ha fatto riflettere il fatto che 115 uomini (alcuni dei quali non proprio santi, alcuni altri malandati nel fisico) in ventiquattr’ore abbiano compiuto un’impresa che, laicamente vista, è sensazionale. Nessuna istituzione civile è stata mai capace di un simile miracolo. Hanno trovato il leader giusto quasi all’unanimità.
La stessa stampa americana – non proprio tenera col Vaticano – in ventiquattr’ore è impazzita per Papa Francesco. Eppure, Papa Francesco ha detto delle cose appena francescane – appunto – non ha messo in dubbio alcuna posizione teologica della Chiesa, ha detto quello che era giusto dire, che è poi l’essenza stessa del cristianesimo. Il popolo voleva sentire quelle parole, e quelle parole ha sentito.
Ancora è troppo presto per giudicare ma una cosa è certa: quando il collegio cardinalizio si riunisce dai quattro angoli della terra, interviene davvero una mano provvidenziale: come per Woytila, come è sempre accaduto da duemila anni ad oggi.
Appaiono adesso profetiche le parole scritte sulla testata dell’Osservatore Romano: «Ianua inferi non prevalebunt.» In questi giorni ne abbiamo avuto una prova schiacciante.
(Articolo inviato da Luigi Culmone)