Impazza la moda dei gruppi di discussione, più o meno tematici, dove concittadini e non si riuniscono per parlare di questioni inerenti la città o discutere dei massimi sistemi politici. La sola Alcamo ne conta diversi che vanno dall’espressione di un singolo movimento o partito politico a quei gruppi che, invece, coinvolgono un insieme molto eterogeneo di persone.
Ciò che emerge, probabilmente complice il caldo di questi ultimi giorni, è la completa e assoluta mancanza di freni inibitori nell’esprimere i concetti secondo i canoni di una buona educazione o quantomeno di un senso critico di alcuni dei partecipanti ai gruppi. Le accuse che vengono fatte sul web mischiano quasi sempre affari politici, questioni personali e ove possibile storie familiari. Non esiste un confronto diretto e pacato sui temi comuni.
Pare che chi esaurisce l’astuzia della dialettica, quella che realmente dovrebbe contraddistinguere il politico, sfoci sul personale pur di ridicolizzare l’avversario. E si finisce, quasi sempre, per parlare del privato o del singolo piuttosto che di ciò che sarebbe utile per tutti, per la cittadinanza. Il computer facilita la possibilità di lanciare pesanti offese, alcune delle quali velate dalla legittima difesa o dal criterio dello stimolo-risposta che però non giustifica nè chi attacca nè chi reagisce.
Facendo così il focus si sposta ancora una volta su questioni che interessano singoli o comunque pochi e si smette di parlare di ciò che realmente accade, di tutto ciò che riguarda la cittadinanza anche al di là del carattere esclusivamente politico di alcune questioni. Un po’ come accadde e continua ad accadere con il famigerato ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, il quale mentre l’intera popolazione discuteva una volta del suo divorzio e un’altra del caso Ruby, agiva indisturbato in parlamento sicuro che l’attenzione era fissa altrove.
Sembra inoltre che i toni siano particolarmente elevati e capaci di parolone offensive, fenomeno già ampiamente studiato e documentato in psicologia sociale, solo quando si è protetti dalla distanza e da uno schermo di computer che non ci permette di vedere l’espressione e la reazione del nostro interlocutore.
Ovviamente la questione non si può generalizzare a tutti i partecipanti, ma è chiaro che la discussione accesa e dai toni forti è quella che richiama più “avventori” e avvoltoi che non attendono altro per dare sfogo ai loro più bassi bisogni di offendere. Uno strumento che potrebbe essere, però, utile per fare del virtuale una piazza che permette di incontrarsi a persone più o meno lontane tra loro diventa solo un ennesimo “curtigghio” dove alla discussione propriamente detta si preferisce il pettegolezzo.