Questa l’intervista che ho potuto fare al Giudice Petralia, grazie alla manifestazione Alcart, il tema è quello attuale della libertà di informazione in Italia. Il Dott. Dino Petralia è in Magistratura dal 1980, ha cominciato la carriera come sostituto Procuratore a Trapani, è stato giudice a Marsala e Sciacca, dove, nel 1996 viene nominato a capo della procura. Dal 2006 al 2010 è stato consigliere del Csm. Alla fine di questa esperienza ritorna come sostituto procuratore al Tribunale di Marsala.
In Italia quanto, secondo Lei, un giornalista è libero di informare?
Rispondo ovviamente non come giornalista ma come magistrato. Sono stato giudice a lungo, sono stato pubblico ministero all’inizio e continuo ormai da tantissimi anni. Devo dire che la libertà d’informazione è la garanzia della migliore giurisdizione. Cerco di spiegarmi meglio, si riesce ad essere migliori inquirenti, migliori magistrati, migliori giudici, se attorno a noi c’è un’informazione corretta e soprattutto libera, che dica le cose come stanno. Per due ragioni, 1: Perché la libertà d’informazione è anche libertà d’inchiesta, e quindi è un grande supporto che si offre oggi alla magistratura. Oggi il giornalismo d’inchiesta è pressoché morto. Ed è il vero giornalismo, quello che più importa in terra di mafia, in terra di criminalità come quella del meridione, e non solo del meridione. E poi c’è un’altra ragione. Il giornalismo libero è una forma di controllo diffuso dell’attività di uno stato e chi se non la magistratura ha bisogno di essere come dire, di trovare consenso, controllo e conferme anche nell’opinione pubblica e il tramite non può che essere un’informazione libera, un tramite serio e leale.
Quando un imprenditore investe in un giornale, quanto riesce a controllare un giornalista?
La domanda è legittima ed è assolutamente attuale. Noi abbiamo tra i più grandi imprenditori non solo italiani ma probabilmente europei se non addirittura mondiali che è proprietario di giornali orali e scritti e quindi sappiamo e constatiamo giornalmente come la stampa, una vera e propria stampa libera non esiste. Il problema non è risolvibile. perché per funzionare una stampa ha bisogno di soldi e i soldi vengono da chi ce li ha: gli imprenditori. Ci sono gli imprenditori della carta stampata e quelli dei network televisivi e bisogna dire che lì si misura la capacità e la verginità del giornalista, se riesce a resistere a quello che sempre avverrà e cioè le resistenze, le forze, le pressioni, di chi detiene il potere all’interno della stampa che sono gli imprenditori della stampa.
Di cosa tratta la famosa legge bavaglio? In due parole
Per legge bavaglio non si identifica, non si individua , non si indica una legge. È bavaglio tutta la legge che cerca di mettere appunto il bavaglio ai giornalisti. Questo perché? Il giornalista deve raccontare i fatti, quello che vede deve essere raccontato. Più è libero, più è in grado di girare nel territorio. Deve essere un giornalista come dire di frontiera e raccontare. Il bavaglio è quando si vuole evitare che la gente sappia ciò che non va ciò che non funziona, ciò che lo stato non fa e anche quando il bavaglio riguarda certi aspetti di uno stato, anche di una magistratura per esempio che non funziona e che noi invece abbiamo bisogno di sapere. Facciamo un esempio concreto: la legge sulle intercettazioni: non è mettendo il bavaglio ai giornalisti che si risolve il problema delle intercettazioni. Si risolve con una magistratura ancora più professionale e più cosciente che ha bisogno di strumenti veri, concreti e legittimi e che non ha, e non mettendo il bavaglio al giornalista evitando che si raccontino le cose che accadono. È questo il punto.
Perché spesso la gente ha la sensazione che si investe poco nell’ambito della giustizia?
Le faccio un discorso molto schietto: una giustizia che funziona, quindi una giustizia alimentata da fondi e da riforme vere che servono a farla funzionare, non serve né alla destra né alla sinistra, in una parola: non serve alla politica. Quindi è proprio all’interno della coscienza dei magistrati che deve nascere qualche cosa di forte, di spiritualmente attivo che riesce, anche nelle condizioni in cui ci troviamo e non avremo mai al meglio, a far funzionare.
Il suo lavoro quanto è stato messo in crisi proprio dalla mancanza di fondi?
Devo dire la verità. Io sono stato un semplice giudice, un semplice sostituto e lo sono tuttora, sono stato un procuratore della repubblica per 10 anni, sono stato al consiglio superiore della magistratura, quindi ho conosciuto come dire la stanza della leve del governo della magistratura, Le devo dire che oggi le leggi consentono ad una magistratura che vuole lavorare, di lavorare sufficientemente bene. A volte anche al nostro interno ci sono sacche di inefficienza, di indifferenza, di lassismo, ma sono su queste che noi dobbiamo lottare e riuscire a superarle. Il problema è non aggravare la situazione esistente.