Il divieto a fare nuove assunzioni? Non è proprio così rigido e invalicabile. Soprattutto se da assumere c’è la figlia di un politico. Tutto questo è accaduto nel 2007 a Trapani, presso l’azienda ospedaliera Sant’Antonio Abate. Leggi calpestate, circolari cancellate, burocrazia estremamente veloce, questo almeno a leggere gli atti prsentati dal pm Rossana Penna. A far scoprire lo scandalo è stata una indagine a proposito di alcune faccende ospedaliere e così gli investigatori ascoltando diversi testi hanno scoperto che nel 2007 in ospedale erano state fatte assunzioni di personale che non si potevano fare. L’indagine è già arrivata a processo: imputati sono l’ex manager dell’ospedale Guido Catalano, l’ex direttore Rodolfo Gargano, il dirigente in pensione Palma Magaddinoche guidò il dipartimento amministrativo dell’ospedale e l’ex responsabile del personale Rosaria Maria Puccio, tutti accusati di abuso e falso; la Puccio ha anche rischiato una misura cautelare (respinta però dal gip Fontana) per i reati di estorsione, tentata estorsione e falso. Il nome di una delle quattro raccomandante “ di ferro” è quello diMaria Bianco, figlia dell’attuale presidente del Consiglio comunale di Trapani, Giuseppe, con un passato da socialista, poi lombardiano (nel senso di Raffaele) adesso schierato con il movimento popolare trapanese una lista civica che dopo avere avversato in campagna elettorale l’eletto sindaco Vito Damiano, ha deciso di schierarsi al suo fianco. Capitomboli politici che capitano. Negli anni 80 Bianco fu arrestato e condannato per corruzione, poi ha ottenuto la riabilitazione ed è tornato in campo più forte di prima, rais politico di uno dei quartieri popolari più famosi di Trapani, quello di Cappuccinelli. Bianco è anche dipendente ospedaliero. Sotto il mirino della magistratura sono finite quattro assunzioni in tutto fatte nel febbraio 2007, collaboratori amministrativi a tempo indeterminato, oltre alla Bianco, Maria Catalano, quest’ultima figlia di un noto imprenditore edile trapanese, anche lui pare influente quanto il politico nelle vicende cittadine, e ancora Simone Russo, Gianpaolo Santoro. Santoro rinunciò e subentrò Angela Orso, Russo optò per altro posto di lavoro. Assunzioni che non si potevano fare sia per la previsione della relativa legge Finanziaria della Regione, sia perché l’unica scappatoia prevista da una circolare era quella di chiedere comunque una autorizzazione in deroga all’assessorato regionale alla Sanità e questo in nome dei cosidetti livelli essenziali di assistenza. Questa la motivazione seguita nel 2007 per fare le 4 assunzioni, assunzioni che perdurano, “senza che – annota il pm Penna nel proprio provvedimento – sia stata mai conseguita l’autorizzazione regionale e quindi la deroga e senza che nessuno fino ad oggi, da parte dell’assessorato o da parte dell’Asp 9, abbia posto in essere atti di autotutela contro gli illegittimi provvedimenti di assunzione”. Insomma all’Asp sanno bene quello che è successo ma si guardano bene dall’intervenire.Lo scandalo resta sotto traccia. Nemmeno sulla stampa ha fatto breccia. Per il pm Rossana Penna artefice di ogni raggiro sarebbe stata la funzionaria Puccio. Praticamente cosa doveva risultare per mettere tutti a riparo da conseguenze? Doveva risultare, sul protocollo informatico dell’azienda, che la famosa circolare regionale che imponeva il divieto delle assunzioni, la numero 436 del 12 febbraio 2007, fosse giunta dopo che si erano formalizzate le assunzioni. Risultato che secondo l’accusa fu raggiunto “truccando” il protocollo informatico, attività della quale si sarebbe occupata la Puccio che non avrebbe esitato a minacciare i relativi impiegati addetti al protocollo. Bisognava inserire atti con data 19 febbraio 2007, sopprimendone altri con la stessa data. Vito Bonanno, Benito Carpitella, Giuseppe La Porta e Leonarda Siragusa al pubblico ministero hanno ricostruito quei momenti, e le loro parole hanno riferito per il pm un vero e proprio fatto estorsivo, ci sarebbero state ritorsioni se non avessero obbedito alla Puccio. L’unico che riuscì a sottrarsi a quei voleri fu Bonanno, cosa che non riuscirono a fare Carpitella e La Porta. Temevano tanto la Puccio, Carpitella fresco di nomina aveva paura del procedimento disciplinare, la La Porta in genere le bastava sentire gridare la Puccio per entrare in stato di ansia. Possiamo parlare dell’ospedale di un ambiente di lavoro ben poco sereno. Questa vicenda a sentite i testimoni non sarebbe che lo spaccato di un sistema di potere imperante per tempo dentro l’ospedale Sant’Antonio Abate, “e l’ospedale scrive il pm Penna – era gestito come se fosse una domus privata”. E in più “era diffuso un certo senso di impunità”. Carte mischiate, graduatorie di concorso approvati tre anni dopo la loro conclusione, assunzioni che ne scavalcavano altre, al di là dei divieti che ne avrebbero impedito sia l’une che le altre. Sulla carta le assunzioni volevano privilegiare un appartenente alle cosidette categorie protette, solo che si trattava di un escamotage per potere scorrere la relativa graduatoria ed arrivare al soggetto che si trovava al quarto posto, i privilegiati veri sarebbero stati altri, Bianco e Catalano. Ma c’è anche un altro aspetto che fa sorridere. Quando si dice che spesso la burocrazia ha tempi lunghi: per fare queste assunzioni furono impiegati appena 22 giorni.