Mister P. con una querela che è stata presentata contro chi scrive e il dott. Marcello Contento, amministratore della società editrice di AlqamaH, desidera che della sua persona si prali il meno possibile. Anzi non se ne parli per niente. Sostiene P.: non sono più senatore, non sono quindi personaggio pubblico, le attenzioni su di me sono ingiustificate anzi… vi querelo pure per violazione della privacy “per avere ripetutamente pubblicato la mia fotografia”.
Non stiamo scherzando. P. (lo chiamiamo così, come lui desidera) ci ha querelato anche per violazione della privacy. Ma non solo. A suo avviso siamo colpevoli di averlo gravemente diffamato. Oggetto sono le pubblicazioni che ad agosto abbiamo dedicato all’indagine nella quale P. è parte offesa, ossia quell’inchiesta approdata di recente al giudice dell’udienza preliminare dove alcuni soggetti sono imputati di tentata estorsione e danneggiamento nei confronti del P.: si erano messi a disposizione per la campagna elettorale amministrativa ma da P. pretendevano un contraccambio, posti di lavoro presso la società Aimeri, ossia l’impresa che nell’ambito della società Terra dei Fenici si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Non ricevendo riscontro da P. hanno pensato bene di agire organizzando un attentato ai suoi danni, una bomba carta fatta esplodere dinanzi al portone della sua segreteria, episodio seguito anche dal lancio di una molotov. Fatti, gravissimi, che risalgono al febbraio 2012. Fatti per i quali sono sette gli imputati: Antonino Mistretta, Enzo Amato, Francesco Domingo, Leonardo e Giuseppe De Blasi, Giovanni Renda e Leonardo Vicari. P. si è costituito parte civile nel procedimento, ma ha deciso di utilizzare le parole più forti non contro gli imputati ma contro alcuni giornalisti che hanno trattato il caso, accusandoli di avere organizzato “una macchina del fango” nei suoi confronti, dicendo inoltre di non avere mai promesso posti di lavoro in cambio di voti.
Prendiamo atto di ogni cosa. Al solito i giornalisti sono i colpevoli. Non è una novità sulla bocca di chi invece di spiegare bene propri comportamenti finisce con il denunziare complotti e macchinazioni. Ovviamente parliamo in linea generale, anche se, bisogna dire, P. tante cose sulla sua vicenda non ha mai voluto dire. Silenzio anche sull’altra indagine, della quale si occupa la Procura di Palermo, proprio su assunzioni presso l’Aimeri e dove P. entra in campo perché citato dagli amministratori della società che lo indicano come un politico a loro sostegno e che avrebbe dato loro tanto aiuto da potersi permettere di chiedere in cambio (le parole sono di uno degli indagati) “una penna con il diamantino”. Se ci ripensa noi siamo qui pronti a raccogliere le sue dichiarazioni e a porre qualche domanda, ma dovrà firmarci una liberatoria a potere usare in tranquillità titolo, nome e cognome, per evitare una ulteriore denuncia per violazione della privacy. Avremo diffamato P. perché nel presentare gli articoli dedicati alla vicenda “attentato” – si trattava della pubblicazione del contenuto di alcune intercettazioni – abbiamo riferito di una notizia appresa e cioè quella che a fianco di questa indagine sugli attentati subiti ve n’è un’altra nella quale P. è iscritto nel registro degli indagati per voto di scambio. E non lo è nemmeno da solo, ma assieme ad altri consiglieri comunali alcamesi. La diffamazione che per P. abbiamo compiuto sta tutta qui. Sorvola sul contenuto degli atti giudiziari dove si legge che “P. era tutt’altro che estraneo alla competizione avendone preso parte attiva nel sostenere l’elezione del candidato sindaco Sebastiano Bonventre e, soprattutto, avvalendosi durante la campagna elettorale di soggetti i cui metodi nella raccolta delle adesioni di voto presso la base elettorale, stando sempre al tenore delle conversazioni registrate, si sono rivelati essere improntati proprio alla alterazione delle regole del gioco, atteso che gli stessi in ambientale parlavano di somme di denaro consegnate o da consegnare ad elettori non meglio individuati e a numerose promesse di assunzione, asseritamene fatte dal P. e dai candidati alla carica di consigliere comunale…”.
La notizia di oggi è quella che chi scrive anche come direttore responsabile della testata, e il dott. Contento, siamo indagati, abbiamo avuto notificato i relativi avvisi di garanzia. Siamo pronti a difenderci. Sugli errori ci adeguiamo subito. Per rispettare la privacy non chiameremo più per nome e cognome il querelante, non metteremo più la sua foto, siamo pronti a riconoscere che non è più personaggio pubblico come lui dice di essere. Anche se le cronache politiche di questi giorni direbbero tutto il contrario. Noi intanto da oggi lo chiameremo mister P.