C’è a chi piace scrivere al Boss

Matteo è grande, a Matteo vengono rivolte richieste di aiuto. Accade nel Belice. Sulla strada statale che collega Campobello di Mazara a Castelvetrano stamattina hanno fatto la comparsa due scritte inneggianti al capo mafia Matteo Messina Denaro. Non è una novità ma colpiscono sempre. Scritte che nel tempo sono comparse sempre all’indomani di particolari accadimenti che hanno visto il boss protagonista. In questo caso siamo a ridosso della condanna definitiva a 20 anni per gli affari illeciti dei supermercati Despar. A pochi giorni dagli ennesimi sequestri di beni che hanno riguardato imprenditori ritenuti dalla magistratura a lui molto vicini. Ecco pronta la reazione di chi nell’ombra ha il compito di ripulire l’immagine del sanguinario boss, condannato in via definitiva per stragi e delitti, e ancora per il controllo di imprese e appalti, per il riciclaggio di milioni e milioni di euro, un boss ritenuto “cassaforte” di importanti segreti a proposito della trattativa Stato-mafia, e degli intrecci tra Cosa nostra, la politica e le imprese. Scritte quelle comparse oggi dove si chiede aiuto al capo mafia e si attesta la sua “grandezza”.

Del caso si stanno occupando le forze dell’ordine, Polizia e Carabinieri. L’ipotesi che la mano che ha scritto sia quella di uno sprovveduto è scartata. L’ipotesi è quella che qualcuno abbia voluto mandare un qualche messaggio al boss e nello stesso tempo abbia voluto dire a chiare lettere che la sua resta una latitanza coperta da insospettabili complici, capaci di fermarsi a poca distanza da una strada trafficata e scrivere quello che è stato fatto trovare. Per pochi Matteo Messina Denaro resta una persona da “adorare”, per tanti ma non per molti è un assassino da assicurare alle patrie galere, purtroppo restano molti coloro i quali non si sentono protagonisti di questa lotta. D’altra parte da queste parti nel Belice c’è chi sostiene che “Matteo Messina Denaro non è il primo dei problemi” e che l’azione antimafia condotta contro di lui anche con sequestri e confische non fa bene parlare di se, provocando chiusure di aziende e disoccupazione. Non è proprio così, e si dimentica che quello che veniva ieri concesso alle aziende finite sotto sequestro, soprattutto dalle banche, ma anche da fornitori e dagli stessi dipendenti che accettavano silenziosamente pagamenti in nero, non viene oggi concesso. Si dimentica che queste aziende affianco ad una contabilità regolare ne avevano un’altra, con la quale andavano avanti, segreta e nascosta, casseforti fatte sparire in tempo.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.