Blitz nella notte , terra bruciata attorno al super latitante trapanese. Manette a Patrizia Messina Denaro e ad altre 29 persone
Si sono mossi rapidi fulminei stanotte gli agenti della Squadra Mobile di Trapani, dei Ros dei Carabinieri, del Gico della Finanza e della Dia. Tra Trapani, Campobello di Mazara, Mazara, Palermo, in settentrione, e sopratutto nella roccaforte del boss ricercato da 20 anni Matteo Messina Denaro. A Castelvetrano sono stati gli agenti della Mobile e della Dia ad andare a bussare alla porta di casa di Patrizia Messina Denaro, giovanissima sorella di Matteo, moglie di un altro boss mafioso, Vincenzo Panicola, in carcere da qualche anno, figlia di colui il quale fu il patriarca della mafia belicina, don Ciccio Messina Denaro, morto nel 1998.
Ordine di cattura per la giovane Patrizia che quando andava in carcere ad incontrare il marito detenuto e doveva riferirgli di ordini che arrivavano dal fratello latitante, alzava un dito mignolo di una mano, come a dire questo lo manda a dire il numero uno. Accuse di mafia ed estorsioni per Patrizia, 70 mila euro che una donna, Girolama La Cascia, le ha dovuto consegnare senza battere ciglio, e che e’ stata arrestata anche lei stanotte per non avere confermato l’ accaduto agli investigatori quando la chiamarono a dire il perché sulla consegna di quel denaro. La preoccupazione dei Messina Denaro era quella che una serie di vessazioni che subiva in carcere l’ex re dei supermercati Despar, Giuseppe Grigoli, potessero fare danno, convincendo cioè Grigoli a collaborare con la giustizia. Anche in questo caso Patrizia con il marito Enzo Panicola si rese portavoce del fratello Matteo, Grigoli non si tocca…”puo’ fare davvero danno”. Grigoli era una delle casseforti più ricche e importanti a disposizione del latitante, arrestato e’ stato condannato, gli e’ stato confiscato un patrimonio da oltre 1 milione di euro, lui era abituato di tanto in tanto a passare per le casse dei supermercati e ritirare il denaro contante nelle casse, piccioli che avrebbero avuto una unica destinazione, Matteo Messina Denaro. Una latitanza la sua che ha bisogno di piccioli, tanti piccioli, lo dicono, ascoltate mentre erano intercettate, due zie del latitante, ” chiedi avi bisogno di sordi, ava a vulari sempre” – tradotto, quello, il latitante, ha bisogno di soldi, tanti soldi, perché deve volare sempre, deve stare cioè in alto, frase dal doppio senso, stare in alto significa comandare, volare nel senso di sfuggire a chi gli da’ la caccia per arrestarlo.
Stanotte in manette sono finiti anche il nipote ” del cuore” di Matteo Messina Denaro, CiccioGuttadauro, figlio del boss mafioso di Bagheria, Filippo. Anche per lui l accusa di essere postino, fiancheggiatore, uomo della mafia, di quella mafia che si tramanda di padre in figlio, di nonno, zio , in nipote. Manette anche un paio di cugini, come Mario Messina Denaro, estorsero anche lui, pretendeva che al pronunziare che faceva del suo cognome ogni sua richiesta di denaro venisse esaudita, in carcere Lorenzo Cimarosa, anche lui imparentato col latitante, e ancora un meccanico che si occupava di bonificare le auto dei mafiosi intercettati, Giovanni Faraone. Diversi i fatti raccontati nella ordinanza di 600 pagine firmata dal gip Maria Pino, a cominciare da alcuni lavori condotti nel carcere dellUcciardone di Palermo, finiti nelle mani di un imprenditore, Michele Mazzara, a suo tempo condannato per favoreggiamento proprio a Messina Denaro, lo ospito’, nascondendolo, in una casa nelle campagne trapanesi. Un appalto che peraltro sarebbe stato condotta in modo irregolare, con gravi ritardi nella esecuzione, ma con una mazzetta da 10 mila euro Mazzara e i suoi soci misero ogni cosa a tacere, ad essere corrotti un funzionario della direzione tecnica del Dap, Giuseppe Marino, e un tecnico del ministero della Giustizia, Salvatore Torcivia. Tra gli arrestati esponenti della mafia campobellese, come il già famoso zio Franco, al secolo Francesco Luppino, intermediario tra Messina Denaro e i Lo Piccolo di Palermo, fino a quando questi non vennero arrestati. Clamoroso resta l’omaggio che durante una processione religiosa a Campobello di Mazara gli fu riservato dal corteo con in testa l’allora sindaco del Pd, Ciro Carava’…Lupino era uscito da poco dal carcere grazie all’indulto nonostante una condanna per omicidio, ma siccome al delitto non era stata affiancata l’aggravante mafiosa, lo “zio Franco” torno ‘ libero, ritornando agli antichi ruoli. A proposito di rapporti mafia e politica tra gli arrestati Aldo Licata, fratello dell’ ex assessore provinciale Doriana, ex centrodestra, ex Gianfranco Micciche, ora verso i Democratici Riformisti.
Doriana Licata fu candidata alle elezioni regionali in Sicilia dell’ anno scorso, con l’Mpa (all’ ultimo momento non andò candidata con Grande Sud di Micciche e dovette ristampare nuovi manifesti elettorali per sostituire quelli già affissi): il fratello Aldo si impegno ‘ parecchio per la caccia dei voti, accettando l’ aiuto di un mafioso campobellese, lo stesso Aldo, che pago’ per quei voti ingente somme, l’ anno scorso fu candidato alle nazionali con Grande Sud, numero tre della lista alla Camera. A rendere importanti i due fratelli Licata anche il rapporto di parentela con il cavaliere Carmelo Patti, ex patron di Valtur, anche lui da tempi chiaccherato per i suoi rapporti con la cosca Messina Denaro, tanto da subire un procedimento di sequestro beni per 5 miliardi di euro, l’impero Valtur del quale e’ “patron”. Arrestata anche la vigilessa Antonella Montagnini, in servizio al Comune di Paderno Dugnano, provincia di Milano: di tanto in tanto, un mafioso di Campobello di Mazara, Nicolò Polizzi, suo ex cognato, le chiedeva di controllare se fosse pedinato dalla Polizia. A disposizione della cosca anche un meccanico che bonificava le auto dei mafiosi per evitare le cimici della Polizia.
Ecco i trenta soggetti raggiunti dal provvedimento di custodia cautelare: Antonella Agosta, Matteo Agosta, Francesca Maria Barresi, Girolamo Cangialosi, Lea Cataldo, Lorenzo Cimarosa, Aldo Tonino Di Stefano, Francesco Fabiano, Floriana Filardo, Giovanni Filardo, Valentina Filardo, Francesco Guttadauro, Girolama La Cascia (è accusata di favoreggiamento per non avere denunciato una presunta estorsione subita), Aldo Roberto Licata, Antonino Lo Sciuto, Francesco Luppino, Giuseppe Marino, Michele Mazzara, Mario Messina Denaro, Patrizia Messina Denaro, Antonella Montagnini, Vincenzo Peruzza, Giuseppe Pilato, Rosario Pinto, Nicolò Polizzi, Pietro Luca Polizzi, Francesco Spezia, Salvatore Torcivia, Vincenzo Torino, Giovanni Faraone.
La Guardia di Finanza sta procedendo al sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. I sigilli sono stati posti a complessi aziendali, riconducibili al latitante ed intestati a prestanome, costituiti da imprese operanti nel settore dell’edilizia: la Mg Costruzioni controllata da Lorenzo Cimarosa e Nino Lo Sciuto, e la BF Giovanni Filardo. Sigilli anche Spe.Fra dell’imprenditore trapanese Michele Mazzara, l’impresa si occupava di un appalto dentro al carcere dell’Ucciardone di Palermo.