In merito all’articolo di ieri, pubblicato dalla nostra testata giornalistica, sulla sentenza del Tribunale di Trapani che giudica discriminatorio escludere per limiti d’età da un concorso per l’assunzione in banca, abbiamo intervistato il protagonista della vicenda.
Iniziamo con la sua storia
Baldo Lucchese si è laureato in chimica a Palermo e poi, via borsa di studio, ha fatto un dottorato in chimica alla Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti, per poi fare ricerca all’Università di Yale, a New Haven, sempre negli Stati Uniti. Nel 2006 si è trasferito a Londra, dove ha lavorato per circa quattro anni come assistente redattore e poi come redattore associato in varie riviste scientifiche edite dal Nature Publishing Group, il gruppo editoriale che pubblica, fra le altre, la rivista Nature. Per poco più di un anno e mezzo, fra 2011 e 2012, è tornato ad abitare ad Alcamo, e nell’estate del 2012 è rientrato a Londra ed ha ricominciato a lavorare al Nature Publishing Group come redattore associato di Nature Protocols (posizione professionale che mantiene tutt’ora), la prima rivista del gruppo editoriale per cui avevo lavorato a cominciare dal 2006.
1) Perché hai deciso di fare ricorso?
Ho vissuto per circa quindici anni fra Stati Uniti e Gran Bretagna, paesi in cui la discriminazione in base all’età semplicemente non si fa, ed è giustamente considerata alla stregua di altre discriminazioni più ‘classiche’, come quelle in base al sesso, alla razza, o alla religione. Tornare a vivere in Italia ed a cercarvi lavoro è stata un’esperienza certamente deprimente e che mi ha anche non poco frustrato e fatto arrabbiare.
Anche se in Italia una legge contro la discriminazione in base all’età in campo lavorativo c’è già dal 2003, legge che fra l’altro afferma che “[i]l principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato” con riferimento anche all’ “accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione”, tale legge, ho potuto sperimentare in prima persona, è del tutto disattesa, se non completamente ignorata, dai datori di lavoro privati. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata agli annunci di lavoro in qualsiasi sito internet o quotidiano cartaceo, moltissimi dei quali includono un’età massima per i candidati, nonostante tali limiti siano esplicitamente vietati dalla legge.
Quando il direttore della Banca DonRizzo mi ha comunicato via email che ero stato escluso dalla selezione di un impiegato di sportello perché ultratrentacinquenne, mi sono convinto che era arrivato il momento per fare qualcosa. Per quanto mi riguarda, il quieto vivere quando si vive in un paese in cui la discriminazione del tutto arbitraria ed ingiusta è all’ordine del giorno, semplicemente non è un’opzione. Questa discriminazione la trovo poi particolarmente odiosa adesso, quando sono anni che ci dicono che bisogna essere ‘flessibili’, che bisogna scordarsi il posto di lavoro a vita, che gli italiani (giovani?) sono troppo ‘choosy’, ecc. ecc. Tutte prediche, perché tali sono a mio parere, da parte di politici ed economisti che sembrano vivere su Marte invece che in Italia, paese in cui se perdi il lavoro oltre il trentacinquesimo anno di vita, e non riesci ad entrare nella pubblica amministrazione (sicuramente non l’obiettivo inteso dai predicanti politici ed economisti), non hai quasi nessuna speranza di ottenere un lavoro che non sia in nero e che non paghi una miseria.
Ho quindi contattato via email il direttore della DonRizzo chiarendogli che la mia esclusione dalla selezione era palesemente illegittima vista la legge, e rimanevo in attesa di ulteriori chiarimenti. Chiarimenti che non sono però arrivati, almeno finché la Banca DonRizzo non è stata contattata dal mio avvocato. Mi sono convinto a quel punto che l’unico modo per ‘smuovere le acque’ era intentare una causa per discriminazione contro la banca. Adire alla vie legali mi era parsa infatti l’unica opzione seria per provare a stabilire un principio di giustizia, un principio però con straordinari risvolti pratici per chi si trova a vivere ed a lavorare in Italia. E che magari non si considera particolarmente choosy.
2) Sei rimasto stupito dalla sentenza del Tribunale di Trapani?
Sì, a dire il vero sì. Il giudice ha sì ri-affermato il principio che non si può discriminare in campo lavorativo riguardo all’età del candidato o del lavoratore, ed ha sì riconosciuto che io ero stato effettivamente illegittimamente discriminato, ma non ha riconosciuto il mio diritto ad alcun risarcimento.
Per quello che ne capisco io, l’unico deterrente previsto dalla legge contro la discriminazione in base all’età, ed in particolare rispetto all’utilizzo di criteri di assunzione illegittimi e discriminatori, è il risarcimento pecuniario alla vittima della discriminazione da parte di colui che ha discriminato. La sentenza però dice che tale risarcimento non mi è dovuto perché la Banca DonRizzo, dopo essere stata contattata dal mio avvocato, mi ha offerto, in sostanza, un colloquio ‘riparatore’, dandomi una possibilità che io in piena libertà ho deciso di non sfruttare.
Per come la vedo io, la decisione di considerare la discriminazione da parte della Banca DonRizzo in qualche modo ‘espiata’ dalla banca stessa con quest’offerta tardiva di un colloquio il cui scopo era nei fatti nebuloso, rischia di far sì che la legge contro la discriminazione continui a rimanere lettera morta in Italia. Se basta un’offerta tardiva di colloquio con scopi del tutto oscuri dal punto di vista del candidato per riparare ad una discriminazione, mi domando dove stia il deterrente alla discriminazione stessa.
3) Dopo la sentenza come si è comportata la banca nei tuoi riguardi?
Non sono mai stato contattato dalla Banca DonRizzo riguardo a questa vicenda dopo la sentenza.
4) Hai ancora fiducia nel nostro paese?
Non ho né più né meno fiducia nell’Italia di quanta ne avessi prima di andare via nel 1996. Ne avevo molto poca, sennò non sarei andato via dal mio paese, e sicuramente non ne ho acquistata di altra in quest’ultimo periodo.
5) Cosa diresti ai tanti italiani che ancora non trovano lavoro?
In Italia le condizioni economiche sono quelle che sono, soprattutto al sud, ovviamente, ed in particolare in Sicilia. In più, ed è la parte forse più scoraggiante, per lavorare dalle nostre parti bisogna troppo spesso scendere a compromessi. Bisogna andare alla ricerca e mettersi sotto l’ala protettiva di ‘padrini’ vari. Bisogna affiliarsi a cordate familiari, politiche od affaristiche per ottenere come favori quelli che in realtà sono dei diritti, e facendo ciò si finisce persino per mettere un’ipoteca sul proprio futuro e sui propri principi, perché certi ‘favori’ si ripagano sempre in natura e con favori veri, i favori che ti fanno venire a patti con la coscienza. A tutti gli italiani che non hanno intenzione di scendere a questo tipo di compromessi ed a farsi da galoppini di caporioni di varia marca, e per questo magari non trovano lavoro (e ce n’è tanti), consiglio vivamente di continuare a tenere duro e a non scoraggiarsi. Se lo si fa, le cose possono solo peggiorare, per sé e per tutti.
Piuttosto che arrendersi, li esorto ad emigrare. Se non altro, avranno l’opportunità, come l’ho avuta io, di rendersi conto di non essere dei marziani, e che certe cose che ci sembrano inaccettabili, effettivamente lo sono. Inaccettabili. “Tutto il mondo è paese” è un detto vero fino ad un certo punto. In tanti paesi del mondo si può vivere e lavorare senza doversi svendere, mantenendo sempre la capacità di guardarsi allo specchio la mattina. Posso garantire ch’è una bella sensazione, una soprattutto da provare se si è cresciuti in un paese come Alcamo, un paese che nonostante tutto però rimane casa mia. Non avessi ancora oggi questo profondo legame con la mia terra, non avrei provato a rientrare, e di sicuro non mi sarei mai sognato di imbarcarmi in questa causa legale.